La lista del Copasir non era del Copasir: il Comitato parlamentare per la sicurezza lavora sì a “un’indagine conoscitiva su disinformazione e ingerenze straniere” sull’informazione, ma i nomi, pubblicati dal Corriere della Sera, di influencer, intellettuali, opinionisti, giornalisti definiti “filo-putiniani” non si trovano in un dossier dei servizi segreti, come era stato ricostruito dal giornale in un articolo pubblicato domenica. Questo, almeno, è ciò che dice il presidente dell’organismo parlamentare Adolfo Urso, di Fratelli d’Italia: “La lista l’ho letta sul giornale, io non la conoscevo prima. Noi abbiamo attivato un’indagine alla fine della quale, ove lo ritenessimo, produrremo una specifica relazione al Parlamento” dice. Proprio la relazione è un punto interrogativo, ora: quelle precedenti sono state approvate all’unanimità. Questa, che suscita già tensione dentro il Copasir, rischia di non avere il consenso di tutti.

Il caso – ancora da chiarire completamente – solleva le proteste da diverse parti: oltre a qualcuno dei diretti interessati, anche partiti e rappresentanti dei giornalisti. Il leader del M5s Giuseppe Conte dice: “Ho dato un’occhiata a quelle foto segnaletiche, a quella lista di proscrizione. Ho visto anche che è stata abbinata a presunte inchieste del Copasir. Secondo me bisogna stare molto attenti. Anzi, voglio essere esplicito: trovo indegno che si facciano delle liste di proscrizione, che si mettano delle immagini di alcune persone, estraendo delle opinioni che hanno espresso. Il nostro Paese è bello perché siamo in democrazia, teniamocela stretta”. Non la vede diversamente il segretario federale della Lega Matteo Salvini: “Diciamo che le liste di proscrizione ricordano anni bui del nostro Paese. Un conto è la libertà di opinione, un conto è mettere nomi, cognomi e facce di persone sgradite sui giornali. Additarli come nemici del popolo mi sembra volgare. Lo faceva qualcuno negli anni Venti del secolo scorso e non è finita bene. Non mi piacciono le liste di nomi e cognomi sgraditi, a meno che non ci siano dei reati”.

Ma l’argomento divide lo stesso Copasir e – pare di capire – lo stesso centrodestra perché il leghista Raffaele Volpi – ex presidente del Copasir – da una parte si dice “sconcertato di attività del Copasir che non rispondono a verità” perché il comitato “non ha avuto, non ha visto né tantomeno redatto” liste di nomi, dall’altra però sottolinea che “sarebbe utile ritrovare una forma comunicativa più idonea e consona alle peculiarità del Copasir evitando eccessi esternativi che rischiano di minare l’autorevolezza del Comitato”. E qui il destinatario diventa Urso. Il gruppo Alternativa attacca: “Si tratta di una infame e pericolosa legittimazione di un metodo maccartista“. E se la prende con l’ex collega 5 Stelle Federica Dieni, attuale vice di Urso, accusata di essere “in prima fila in questa nuova e pericolosa ondata oscurantista”. Da parte sua Dieni spiega che “vanno dati ai cittadini gli strumenti giusti per capire i fatti e le opinioni: una parte della stampa sta cercando in qualche modo di tutelarsi, denunciando forse intimorita da una lista di proscrizione che non esiste”. Aggiunge: “Noi siamo i primi a voler tutelare la libertà di informazione, ma per poterlo fare ci vuole informazione seria e non fatta da soggetti coartati in maniera più o meno lecita o consapevole. Noi facciamo il nostro lavoro nell’interesse del Paese”. Nel Partito democratico l’unico a parlare è il responsabile Sicurezza Enrico Borghi che, come Dieni, tiene a precisare che il Copasir non ha “nessun ruolo improprio rispetto ai mass media, ma difesa delle istituzioni repubblicane in stretta connessione con gli altri Paesi europei e con gli Stati Tniti che vivono simili tentativi di infiltrazione”.

Tra gli interventi c’è anche uno dei presunti russofili, il senatore ex M5s, Vito Petrocelli, espulso dal Movimento per la Z maiuscola nel giorno della Liberazione: commentando la smentita di Urso, l’ex presidente della commissione Esteri dice che a questo punto se “ne dedurrebbe che e la lista di proscrizione che contiene anche il mio nome l’ha compilata il Corriere. Li denuncio per diffamazione?”.

Ma chiede chiarezza anche il sindacato dei giornalisti, la Federazione della Stampa. Il segretario Raffaele Lorusso dichiara: “Suscita inquietudine apprendere che il Copasir sia in possesso di liste secretate di persone, fra cui giornalisti, classificate come ‘filorusse’ e ‘filoputiniane’. Per evitare pericolose generalizzazioni e di diffondere un clima di sospetto, che porterebbe all’unico risultato di screditare il lavoro della stampa in Italia, sarebbe opportuno fare immediatamente chiarezza”. “Un conto – spiega Lorusso – è se si fosse in possesso di prove inoppugnabili su giornalisti a libro paga o organici alla macchina della propaganda filorussa. In questo caso andrebbero resi noti i nomi per consentire agli organismi della categoria di adottare i provvedimenti previsti dalla legge e dai codici deontologici a tutela della credibilità e del decoro della professione. Ben diverso, invece, sarebbe se tali elenchi fossero stati compilati sulla base di opinioni espresse dagli interessati che, per quanto considerate sgradite o non condivisibili, sarebbero comunque legittime perché rappresenterebbero libere manifestazioni di pensiero, previste e garantite dall’articolo 21 della Costituzione. In quest’ultimo caso, saremmo di fronte a inaccettabili liste di proscrizione che riporterebbero l’Italia ai periodi più bui della propria storia”.

Il Comitato è atteso ora da una missione a Washington dal 12 giugno, che servirà – come anche quella successiva in programma a Bruxelles – ad acquisire altro materiale nell’ambito dell’indagine sulla disinformazione: in quattro giorni ci saranno incontri con le due Commissioni omologhe di Camera e Senato, il Comitato sugli investimenti esteri, il Dipartimento di Stato e con le agenzie di intelligence. Previsti anche meeting con alcune fondazioni americane. E’ in particolare il controspionaggio dell’Aisi – spiega l’agenzia Ansa – a monitorare l’attivismo dei tanti personaggi sensibili agli interessi di Mosca che operano in Italia in vari campi: dall’informazione alla diplomazia, agli affari. L’argomento è tuttavia scivoloso anche per i servizi, perché è quasi sempre difficile attribuire la minaccia ad un preciso attore statuale.

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