Si contendono la poltrona l'uscente Giordani, appoggiato da Pd e Cinque Stelle, e Francesco Peghin, scelto dalla Lega tra parecchi mal di pancia interni ma sostenuto da tutto il centrodestra. Tutto con un certo aplomb. Poi è arrivato il leader della Lega e ha attaccato il prefetto sul tema sicurezza. Il reale motivo? I timori di una debacle con contemporanea vittoria a Verona di Sboarina, voluto da Meloni
È bastato che per Padova passasse Matteo Salvini e la campagna elettorale per eleggere il nuovo sindaco si è infiammata, a causa del primato della città nello spaccio di droga e le iniziative delle forze dell’ordine per contrastarlo. Per settimane si erano comportati con un certo aplomb Sergio Giordani, 69 anni, alla guida di una coalizione di centrosinistra che comprende anche i Cinque Stelle, e Francesco Peghin, scelto dalla Lega tra parecchi mal di pancia interni ma appoggiato da tutto il centrodestra. Anche perché chi viene dato per favorito ha tutto l’interesse a tenere bassi i toni del confronto. In questo caso Giordani è accreditato dagli ultimi sondaggi di un vantaggio che lo porterebbe addirittura oltre il 50 per cento al primo turno. Una campagna elettorale abbastanza sonnolenta, al punto da far sembrare piuttosto simili i due contendenti. Ma ci ha pensato Salvini, in dieci minuti, a sparigliare tutto. Evidentemente ha capito che, senza una scossa, il maratoneta e velista Peghin è destinato a tagliare il traguardo da secondo. Siccome non sembra avere il piglio dell’incursore, ma quello del fondista, ci ha pensato lui ad appiccare il fuoco.
“Il prefetto di Padova Raffaele Grassi dice che la città è sicura? Io fossi in lui farei meno dichiarazioni e più fatti, visto che Padova è la capitale delle denunce per spaccio”. Subito il segretario leghista ha aggiunto, memore dei trascorsi da ministro dell’Interno e per non inimicarsi le forze dell’ordine: “Per carità, ciò significa che polizia, carabinieri e guardia di finanza stanno facendo un ottimo lavoro, ma che questa sia una città sicura lo lascerei dire ai padovani e non al prefetto”. Ringalluzzito dal piglio del Capitano, Peghin si è messo in scia: “Darò il via ad un’autentica task force contro la droga, i tempi di un sindaco che fa finta che tutto sia normale gettando la polvere sotto il tappeto e scaricando tutta la responsabilità sulle forze dell’ordine stanno per finire”. A fianco a lui gongolava Massimo Bitonci, presidente della Lega in Veneto, l’ex sindaco che venne sfiduciato in corso d’opera e cinque anni fa non riuscì a farsi rieleggere, battuto proprio da Giordani.
Il passaggio dà il segno di quanto la partita elettorale di Padova pesi sulle spalle di Salvini e di Bitonci, che hanno voluto Peghin a dispetto delle critiche interne che volevano puntare su un leghista doc, non su un imprenditore che si presenta come “civico”. Bisognerà guardare ai risultati di Padova con un occhio a Verona, dove la Lega ha ceduto a Fratelli d’Italia la candidatura del centrodestra, con l’uscente Federico Sboarina. Se Giorgia Meloni vince a Verona e Salvini perde a Padova, i conti al vertice dell’alleanza cominciano a pendere in favore della segretaria ai fini di una futura leadership nazionale. Anche perché in Veneto la Lega di Luca Zaia non si è compromessa con la decisione di scegliere Peghin.
Giordani ha capito l’intento della rissa leghista e ha risposto con pacatezza. “Ci vuole rispetto per tutti, soprattutto per le istituzioni che, con noi, governano la città”, ha detto riunendo la sua squadra di candidati consiglieri e volontari. E ha ricordato i tempi della turbolenta gestione Bitonci. “Sono fiero di aver pacificato Padova, è il risultato più importante per cui mi sono speso con tutte le forze dopo anni di caos, litigi e cattiverie. Non ho nessuna intenzione di rinunciare al mio stile di rispetto verso tutti, avversari compresi, perché dagli scontri tra fazioni arrivano solo problemi per la città”. Ecumenico.
A Padova se la giocano nove candidati, ma in testa ci sono Giordani e Peghin. A parte le riflessioni sul peso di Salvini e Meloni, c’è una singolarità tutta interna al centrosinistra. Il professore Arturo Lorenzoni, già vicesindaco di Giordani, poi candidato anti-Zaia alle regionali 2020, ha lanciato l’avvocatessa Francesca Gislon. Esce dal mondo delle liste civiche che cinque anni fa aveva decretato il successo dell’astro nascente Lorenzoni, il quale al secondo turno si era alleato con Giordani (29,2 per cento al primo turno) portandogli una dote del 22,5 per cento, che gli aveva consentito un clamoroso sorpasso nei confronti di Bitonci che al primo turno aveva preso il 40,2 per cento. In qualche modo l’operazione è la stessa, ma gli esiti saranno probabilmente diversi, vista la posizione di forza da cui sembra partire il sindaco uscente. Il professore ha spiegato: “È importante che ci sia anche una proposta non contro, ma più ampia e complementare a quella dello staff del sindaco, per tenere viva una dialettica all’interno del mondo democratico ed offrire alla città una prospettiva fedele alla visione che nel 2017 ha acceso la speranza di molti cittadini”. Come dire che quelle speranze sono state tradite. Ad alcuni dei suoi di allora, Lorenzoni addebita il fatto di aver appoggiato incondizionatamente Giordani, per questo infila la porta stretta dello strappo politico.
Giordani guida una catena di negozi di abbigliamento sportivo (“Non solo sport”), Peghin il gruppo manifatturiero Blowtherm. Per questo lo sfidante accusa: “Il sindaco di Pd e 5stelle è un uomo della grande distribuzione che ha fortemente penalizzato i negozi di vicinato della nostra città a favore di supermercati e centri commerciali. Un modello che assolutamente non condivido. Sono due modi opposti di fare impresa che indicano come sarà diversa la modalità di amministrare Padova”. I suoi obiettivi? Creare più posti di lavoro, fondo di solidarietà per i bisognosi e maggiore sicurezza in città.
La replica di Giordani: “Ho scoperto che quello del sindaco è un mestiere affascinante, per questo mi ricandido. Quando scelsi di mettermi in gioco per Padova l’ho fatto con spirito civico, pur nel rispetto dei partiti che mi appoggiano, rivendicando la mia indipendenza di giudizio e senza pensare che la candidatura non fosse per amore di Padova, ma per costruirmi un’altra carriera. Ecco questo mi differenzia da Peghin”. Le priorità? “Proseguire il grande lavoro intrapreso per il rilancio dei quartieri, con più verde, più servizi, una casa delle associazioni, un presidio medico-sanitario in ogni rione, connessioni ciclabili… Il tutto collegato, in modo veloce, moderno e non inquinante, grazie allo sviluppo delle nuove linee del tram. Poi le grandi riqualificazioni, con il progetto della stazione e l’abbattimento dei palazzoni di via Anelli dove troverà spazio la nuova Questura. Infine i giovani, a cui vanno date una buona occupazione e facilitazioni nell’accesso alla prima casa”.