di Davide Gadda
La gestione politica della salute pubblica richiede la preventiva acquisizione di dati ricavati da studi scientifici su cui fondare i singoli provvedimenti. Gli studi devono rispondere a precisi requisiti metodologici e per poter essere pubblicati devono essere sottoposti alla cosiddetta revisione tra pari, in cui vengono analizzati criticamente da altri ricercatori per testarne la validità. Le pubblicazioni consentono alle società scientifiche di trarre le proprie conclusioni su singoli temi, su cui poi gli enti regolatori possono esprimere le proprie raccomandazioni.
In estrema sintesi, in questo consiste la medicina che si definisce basata sull’evidenza (evidence based medicine). Il corretto funzionamento del sistema è di estremo interesse pubblico, poiché su questo si basano strategie di politica sanitaria e provvedimenti emergenziali. A questo proposito, gli autori di un recente articolo pubblicato sull’autorevole rivista British Medical Journal hanno lanciato un grido d’allarme e suggerito delle possibili soluzioni. In tempi di pesanti carenze di finanziamenti e controlli pubblici su studi e sperimentazioni, la medicina basata sull’evidenza è condizionata da interessi corporativi, insufficiente regolamentazione e aziendalizzazione del mondo accademico. Pertanto, gli autori avanzano tre proposte a tutela dell’imparzialità della ricerca in campo medico: indipendenza degli enti regolatori da finanziamenti dell’industria farmaceutica, tassazione delle aziende per finanziare studi pubblici indipendenti e, soprattutto, libero accesso ai dati anonimizzati degli studi, requisito fondamentale per consentirne un’adeguata verifica ma spesso ostacolato dalle aziende per questioni di riservatezza e proprietà intellettuale.
Il messaggio, in pratica, è che la sperimentazione clinica e la verifica dell’efficacia e degli effetti avversi dei prodotti dell’industria farmaceutica non dovrebbero coinvolgere direttamente le aziende produttrici. C’è chi definirebbe tali proposte utopistiche, ossia irreali, irrealizzabili e irragionevoli. Io non sono d’accordo e preferisco considerarle utopiche. Perché utopico e ciò che al momento non appartiene alla realtà e che forse non sarà mai completamente realizzabile, ma che rappresenta un ideale cui dovremmo aspirare tutti insieme, per il bene comune.