Dal 2017 i Paesi più ricchi - primi responsabili dei disastri ambientali - hanno stanziato solo il 54% di quanto richiesto. Per Oxfam International "è profondamente ingiusto che a pagare siano i Paesi vittime della crisi climatica"
La quantità di fondi necessari a rispondere alla crisi climatica globale nei Paesi più colpiti è otto volte quella di 20 anni fa. Nel biennio 2000-2002 servivano in media 1,6 miliardi di dollari, tra 2019 e il 2021 la cifra è aumentata dell’819%, arrivando a 15,5 miliardi, tenendo conto solo degli appelli delle Nazioni Unite per le emergenze. Perché nel complesso la crisi climatica è costata nel 2021 oltre 300 miliardi di dollari. Eppure, mentre siccità e inondazioni sono sempre più estreme e imprevedibili e aumentano in modo esponenziale fame e profughi climatici, dal 2017 i Paesi ricchi – responsabili della maggior parte delle emissioni di CO2 – hanno stanziato appena il 54% di quanto richiesto, 33 miliardi di dollari in meno rispetto al necessario. Così, se 3,9 miliardi di persone sono colpite nei Paesi a basso e medio reddito, gli aiuti previsti sono sufficienti solo per 474 milioni di loro, uno su otto. Questo l’allarme lanciato oggi da Oxfam con un nuovo rapporto, pubblicato in occasione dell’apertura della Conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Unfccc) in programma a Bonn, in Germania, fino al 16 giugno, che precede la Cop27 di novembre in Egitto. Un dossier che traccia una mappa dell’impatto reale della crisi climatica, devastante soprattutto negli undici Paesi più colpiti al mondo.
Solo la punta dell’iceberg: la crisi climatica – Perché considerare solo le cifre necessarie stimate negli appelli dell’Onu significa concentrarsi solo sui bisogni umanitari più urgenti, che rappresentano una piccola parte dei costi reali della crisi climatica. Il costo dell’impatto di eventi meteorologici estremi nel solo 2021, per esempio, è stato stimato in 329 miliardi di dollari a livello globale, il terzo dato più alto mai registrato e quasi il doppio di quanto stanziato per i paesi in via di sviluppo per lo stesso anno. “L’attività umana è responsabile già oggi dell’aumento di 1,1°C delle temperature globali rispetto ai livelli pre-industriali” spiega Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International”.
La mappa dei Paesi più colpiti – Sono 11 i Paesi colpiti da almeno dieci eventi climatici estremi negli ultimi anni: Afghanistan, Burkina Faso, Burundi, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, Kenya, Niger, Somalia, Sud Sudan e Zimbabwe. Le conseguenze più dirette e immediate sono l’aumento vertiginoso dell’insicurezza alimentare e degli sfollamenti forzati di milioni di persone. “Siamo di fronte a un’emergenza senza precedenti che denunciamo da tempo” commenta Francesco Petrelli, policy advisor sulla sicurezza alimentare di Oxfam Italia, ricordando che “molti dei Paesi più colpiti dai cambiamenti climatici e già attraversati da guerre subiscono le conseguenze dell’attuale aumento dei prezzi dei beni alimentari e della crisi economica dovuta alla pandemia da Covid 19, con un forte aumento di fame, povertà e flussi migratori”. Le prime vittime sono le donne che rappresentano l’80% dei migranti climatici del mondo, secondo le stime delle Nazioni Unite.
L’1% più ricco del pianeta inquina il doppio della metà più povera – E, parlando di aiuti e responsabilità, Oxfam ricorda che, a livello globale, l’1% più ricco è stato responsabile tra il 1990 e il 2015 del doppio di emissioni di CO2 in atmosfera, rispetto alla metà più povera dell’umanità. “I Paesi ricchi e industrializzati hanno contribuito per circa il 92% alle emissioni storiche in eccesso – si spiega nel dossier – e impattano per il 37% sui livelli attuali. L’Africa ad oggi è responsabile solo per il 4% del totale; Kenya, Somalia, Sud Sudan ed Etiopia – dove oltre 24,4 milioni di persone stanno affrontando gravi livelli di fame e insicurezza alimentare – sono insieme responsabili solo dello 0,1% delle attuali emissioni globali.
Chi deve pagare il costo della crisi climatica – “Aspettarsi che i Paesi poveri paghino da soli il conto di quest’emergenza è profondamente ingiusto – conclude Bucher – e l’aumento degli aiuti per quanto utile non è sufficiente. Il risarcimento del costo dei danni causati dalla crisi climatica dovrebbe essere proporzionale alle effettive responsabilità dei diversi Paesi. I Paesi ricchi e le grandi multinazionali devono pagare per ciò che stanno causando”. Eppure, nel corso della Cop26 di Glasgow, le nazioni ricche hanno respinto le proposte dei Paesi in via di sviluppo che chiedevano una nuova modalità per affrontare perdite e costi causati dalla crisi climatica, rinviando il problema a una negoziazione triennale in vista di accordi futuri. Per questo Oxfam in occasione del summit in corso in Germania, lancia un appello urgente, affinché “i governi dei Paesi ricchi si impegnino allo stanziamento di finanziamenti bilaterali che facciano fronte ai danni causati dalla crisi climatica, in aggiunta agli impegni già assunti per gli aiuti su clima e sviluppo” e che tutti i governi “si impegnino in occasione della prossima Cop27 a istituire “un nuovo soggetto per il risarcimento di perdite e danni causati dai disastri climatici e a finanziarlo annualmente sulla base delle proprie responsabilità e capacità economiche”.