Il percorso all'Eurocamera sui provvedimenti relativi alle emissioni procede a strappi: da una parte è stato approvato il blocco alle vendite delle vetture, ma dall'altra è stata respinta la riforma del mercato. Lite tra Socialisti e Popolari con la destra Ue che esulta. Europa Verde attacca: "L'intero green deal è sotto attacco dalle lobby". Via libera anche all'emendamento bipartisan "salva Motor valley"
Sulla transizione ecologica il Parlamento europeo va avanti a strappi, per non dire a singhiozzi. Di sicuro il cammino non è lineare: mentre la “maggioranza Ursula” – cioè le larghissime intese che sostengono la commissione Ue – ne paga qualche conseguenza politica, a farne le spese è in particolare il piano di abbattimento delle emissioni approntato dal “governo” europeo. E’ il cosiddetto pacchetto Fit for 55, che dovrebbe ridurre del 55% rispetto ai valori del 1990 le emissioni di gas serra entro il 2030: la prima tappa del più articolato percorso per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
La spaccatura di Ursula – Ma se da una parte l’assemblea plenaria dell’Eurocamera approva la proposta sullo stop alle vendite di auto nuove a benzina e diesel nel 2035, dall’altra parte ha bocciato il rapporto sulla riforma del mercato Ue Ets firmato da Peter Liese (Ppe, Germania). Gli Ets (Emission trading scheme) sono diritti di emissioni che possono essere scambiati sul mercato: un’impresa particolarmente virtuosa può ad esempio vendere parte delle sue quote ad un’azienda che non lo è. Il rapporto tornerà a questo punto alla commissione Ambiente (come minimo a settembre). Oltre che nel merito questo secondo voto ha lasciato strascichi anche politici con la spaccatura tra Socialisti e Democratici da una parte e Popolari dall’altra, accuse incrociate e destra dell’Europarlamento esultante. La bocciatura è arrivata dopo che i deputati avevano approvato una serie di emendamenti promossi dal Partito popolare europeo e dai suoi alleati che avrebbero comportato riduzioni delle emissioni più deboli di quanto proposto dalla commissione per l’ambiente il mese scorso. La presidente del gruppo Socialisti & Democratici ha quindi chiesto tre minuti di interruzione per consultazioni. Dopo di che il piano è stato respinto in toto. “Mi dispiace che la plenaria non sia stata in grado di concordare una posizione su Ets oggi. Ets non è solo un fulcro delle nostre ambizioni sulla decarbonizzazione, ma è anche fondamentale per il rifinanziamento di Next Generation Eu. Spero che le differenze possano presto essere colmate per consentire progressi su questo importante fascicolo”, ha scritto su twitter il commissario Ue al Bilancio, Johannes Hahn.
Stop al voto in attesa di un accordo – Un riesame della proposta a Strasburgo potrebbe arrivare non prima di settembre. Diversi gruppi di attivisti hanno segnalato forti pressioni lobbistiche dell’industria fossile sui parlamentari europei avvenute nelle ultime settimane. Il Parlamento ha per ora sospeso il voto finale sul fondo sociale per il clima e rinviato in commissione Ambiente il rapporto sulla “carbon tax alle frontiere“. Vista la bocciatura in Aula della riforma dell’Ets, la maggioranza ha deciso di rimandare altri due voti previsti per oggi sul pacchetto Fit for 55, quello sul fondo sociale per il clima e anche il voto finale sul Carbon Border Adjustment Mechanism, il ‘dazio climatico’. Entrambi sono stati rinviati in attesa che si raggiunga un accordo sulla riforma dell’Ets.
Lo scontro in Europarlamento – Il voto all’Europarlamento ha spaccato anche l’ampia maggioranza che in Italia sostiene il governo di Mario Draghi. La Lega ha votato contro, FI a favore, M5S si è astenuto. Gran parte della delegazione Dem sul testo finale si è astenuta, in quattro si sono spinti al voto contrario. Due eurodeputati – Paolo De Castro e Giuseppe Ferrandino – avevano invece detto sì all’emendamento del Ppe. “Se rompi, aggiusti. Ci auguriamo che i socialisti si facciano avanti con una proposta per portare il fascicolo oltre la linea. Hanno votato contro il pacchetto sul clima più ambizioso di sempre, con una maggioranza vergognosa”, fanno sapere di alto rango del Gruppo Ppe al Parlamento europeo. “Il gruppo dei S&D ha bloccato la riforma del sistema Ets perché non ha ottenuto quello che voleva, ovvero una riforma ideologizzata che penalizza i lavoratori. Vista la sconfitta i socialisti si sono alleati con Afd e Le Pen per bloccare tutto. Pur di bloccare tutto si sono alleati con l’estrema sinistra e l’estrema destra”, attacca il vicepresidente del Ppe e coordinatore di Fi, Antonio Tajani, parlando con i cronisti a Strasburgo. “La destra è riuscita a smontare uno degli aspetti più importanti della riforma ma ci tengo a dire che la posizione del Pd è stata netta: assieme al M5S, alla sinistra e ai Verdi abbiamo preso una votazione di ‘non voto’. Mi sembra invece che la votazione abbia evidenziato una grande divisione delle destre italiane“, ha replicato il capodelegazione del Pd Brando Benifei parlando con i cronisti. “Abbiamo votato contro perché non siamo disposti ad accettare mezze misure, non cediamo alle pressioni delle industrie, non siamo disposti a svendere il futuro del nostro pianeta”, dice Ignazio Corrao, europarlamentare nei Greens/Efa. “Il goffo tentativo di addossare la colpa del fallimento di questo voto ad altri partiti è solo un banale specchietto per le allodole di chi non si è fatto bene i calcoli e sperava nell’aiutino dell’estrema destra”. “Il meschino tentativo delle destre di annacquare il testo al voto oggi sullo scambio di quote di emissioni è fortunatamente fallito. Con un emendamento i popolari volevano consentire alle industrie di beneficiare di permessi per continuare ad inquinare gratuitamente fino al 2034. Noi Verdi/Ale, insieme a una maggioranza progressista, abbiamo respinto con successo questo pericoloso tentativo del Ppe e delle lobby industriali, facendo in modo che il dossier tornasse alla Commissione Ambiente per trovare un nuovo accordo”, replica invece la deputata Eleonora Evi, co-portavoce nazionale di Europa Verde. Giorgia Meloni, invece, attacca il Pd: “Per Letta una figuraccia, il Pd affossa uno dei provvedimenti principali”.
Stop vendita auto a benzina dal 2035, M5s esulta- E’ passato senza inciampi, invece, il voto sul divieto di vendita di auto e furgoni a benzina e gasolio entro il 2035. Mario Furore, europarlamentare dei 5 stelle, esulta: “Dal 2035 non si potranno piu’ produrre e vendere auto inquinanti a benzina, diesel e gpl in tutta Europa. Questa rivoluzione verde della mobilitò è il cuore dell’identità del Movimento 5 stelle che da sempre lotta contro l’inquinamento nelle nostre città, per le piste ciclabili e lo sviluppo dell’auto elettrica. I tentativi di annacquare il provvedimento da parte di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia sono stati respinti: per loro la salute dei cittadini non conta nulla e lo hanno dimostrato ancora una volta oggi”. Furore spiega che i 5 stelle come sempre hanno “sostenuto che l’auto elettrica è il futuro, l’auto a benzina e quella diesel sono il passato. Adesso accompagniamo le nostre piccole e medie imprese verso la transizione verde, non dobbiamo perdere il treno di questa rivoluzione industriale basata sulla sostenibilità. Il Consiglio, con il quale il Parlamento negozierà il testo finale, sappia che su indietro non si torna.
Approvato l’emendamento salva Motor Valley – E’ passato anche l’emendamento bipartisan firmato da eurodeputati italiani di tutti gli schieramenti per prolungare la deroga alle regole Ue sugli standard di emissione della CO2 di cui già oggi beneficiano i produttori di nicchia. In un primo momento l’agenzia Ansa aveva diffuso un lancio errato che parlava di emendamento bocciato. E invece la plenaria dell’Europarlamento ha dato l’ok al prolungamento dal 2030 fino al 2036 della deroga per i piccoli produttori di auto (da 1000 a 10mila l’anno) e furgoni (da 1000 a 22mila). L’emendamento era stato presentato con il chiaro obiettivo di salvaguardare la produzione di supercar nella motor valley dell’Emilia-Romagna.
Fmi: “Stop uso carbone fa guadagnare 1,2% di Pil” – In tema di transizione verso le rinnovabili interviene oggi il Fondo monetario internazionale. Mettere fine all’uso del carbone e sostituirlo con energie rinnovabili consentirebbe al mondo di realizzare guadagni per 78mila miliardi di dollari entro la fine del secolo, ovvero l’equivalente dell’1,2% del pil annuale durante lo stesso arco di tempo, scrive il Fmi precisando che servono a livello globale 29mila miliardi di dollari di investimenti per centrare l’obiettivo, di cui il 18% in Europa e il 13% in Nord America. I benefici del rimpiazzare il carbone con le energie rinnovabili “superano di molto i costi”, afferma il Fondo. “Mettere fine all’uso del carbone non dovrebbe essere visto come costoso perché offre benefici. Gli investimenti nelle energie rinnovabili sostengono inoltre la crescita economica” oltre a favorire l’innovazione, osserva il Fmi.