Da soli, alla mercè dell’istrionico Cateno De Luca, per un voto con vista su Regionali e Politiche: è a Messina che i leghisti si giocano una delle partite più decisive del centrodestra. È qui, infatti, che Prima l’Italia (il nuovissimo simbolo presentato alle comunali dalla Lega) non ha seguito il resto della coalizione, puntando tutte le fiches sul candidato ombra dell’ex sindaco che è dato per favorito. “Lì vinceremo al primo turno”, ha detto Matteo Salvini a margine dell’ultima udienza del processo Open Arms a Palermo, riferendosi alla sfida elettorale nella terza città più grande della Sicilia. E i sondaggi circolati nelle scorse settimane sembrano dargli ragione. Le ultime due comunali, tuttavia, hanno detto con chiarezza che il voto a Messina segue dinamiche imprevedibili. È, d’altronde, la città che contro ogni pronostico ha eletto nel 2013 il “sindaco scalzo”, l’ambientalista Renato Accorinti. Deposto lui, ha poi incoronato nel 2018 l’outsider, lo sceriffo dello Stretto durante il lockdown, il re delle dirette Facebook, Cateno De Luca. “Potrebbe scattare l’effetto anti-De Luca, l’effetto anti Genovese (Francantonio, l’ex parlamentare condannato per lo scandalo sulla Formazione professionale, ndr) o l’effetto anti Musumeci (Nello, il presidente della Regione, ndr)”, indica uno dei più navigati politici in riva allo Stretto. Di certo nelle ultime tornate elettorali il voto “contro” a Messina è stato determinante. Lo scenario perciò, a dispetto dei sondaggi, potrebbe riservare ancora sorprese che non mancheranno di avere riflessi sugli equilibri futuri del centrodestra.
Per sbarcare sull’isola, d’altronde, è da qui che si passa, dalla città in cui Shakespeare ambientò una delle sue commedie più note, che ne sintetizza un po’ l’anima: Tanto rumore per nulla. Di certo non ha avuto toni sobri l’ultimo sindaco di Messina, soprannominato, non a caso “Scateno”. Un primo cittadino che ha abbandonato prima della scadenza del suo mandato la città per andare alla conquista della Regione, piazzando l’ennesima bandierina dopo il suo passaggio, ovvero candidando un fedelissimo (ha fatto così pure dopo avere governato nei comuni di Fiumedinisi e Santa Teresa di Riva): Federico Basile, ex direttore generale del Comune, ed ex consigliere di quartiere per l’Udc, sconosciuto ai più fino a pochi mesi fa, quando d’improvviso è stato scelto da De Luca, definito dai concorrenti come il “candidato ombra”. Volto quasi ignoto ma rassicurante, Basile ora eredita la popolarità conquistata sul campo dal sindaco dimissionario: “Con De Luca – scritto in grande – per Basile sindaco”. I volantini elettorali parlano chiaro e i sondaggi fanno altrettanto, tutti danno in vantaggio De Luca – Basile.
Ma è proprio l’effetto del primo che potrebbe scompaginare un esito che danno ormai tutti per certo: i toni troppo esasperati dell’ex sindaco hanno creato non pochi malumori nei suoi confronti e senza dubbio domenica non mancherà un voto d’opinione contro il sindaco uscente. Ma basterà? “Ha iniziato prima di tutti, dovunque andiamo, loro sono passati prima di noi”, commenta chi nel centrosinistra in queste ore si sta spendendo per la campagna elettorale. Nei villaggi (così si chiamano a Messina le borgate) il voto sembrerebbe militarizzato da De Luca. Che concorre contro una coalizione da un lato e una dall’altro. Entrambe hanno esitato prima di trovare una convergenza, mentre l’ex primo cittadino solo e a mani libere ha iniziato la campagna elettorale prima di tutti, portandosi in vantaggio. È così che su di lui ha puntato anche la Lega, sebbene solo in extremis.
Nelle fasi concitate in cui il centrodestra non pareva riuscire a trovare una convergenza sui candidati per le comunali, infatti, anche sullo Stretto Forza Italia, Fratelli D’Italia e Lega esitavano su un unico fronte. Una volta trovata la sintesi su Palermo, però, sembrava fatta anche per Messina: tutti su Maurizio Croce, l’ex assessore regionale di Rosario Crocetta, uomo di Beppe Picciolo (uno dei più noti centristi messinesi che alle scorse elezioni correva col centrosinistra), nipote dell’ex procuratore capo di Messina, Luigi Croce. Otto liste tutte su di lui, tra le quali quella che fa capo all’ex deputato, ed ex sindaco di Messina, Francantonio Genovese. Forza Italia e Fratelli d’Italia puntano su Croce e così sembrava dovesse fare anche la Lega, ma la scelta sul nipote dell’ex procuratore scontenta un altro nipote eccellente, quel Nino Germanà (rampollo di una lunga dinastia di parlamentari) che ha subito inviato una nota, frenando l’accordo unitario. E a nulla è valsa la smentita arrivata subito dopo dal coordinatore regionale della Lega, Nino Minardo. A spalleggiare Germanà è intervenuta la coordinatrice provinciale, Daniela Bruno e perfino Minardo ha dovuto fare un passo indietro, perché ad avallare le mosse dei messinesi è stato Salvini in persona. Una scelta che oggi gli rinfaccia Giorgia Meloni: “A Parma andiamo da soli ma la Lega a Messina va con il candidato di De Luca”.
Così che per il leader del Carroccio il risultato sullo Stretto è diventato cruciale. La vittoria del candidato di De Luca darebbe la volata alla Lega nelle prossime mosse elettorali e indebolirebbe la candidatura di Nello Musumeci, sulla quale punta tutto Fdi, vero pomo della discordia nel centrodestra già da mesi. In questo contesto, a fare d’argine al centrodestra c’è Franco De Domenico, candidato unitario del Pd, del M5s e del resto della Sinistra compreso il movimento dell’ex sindaco, Renato Accorinti. Un candidato voluto dal parlamentare del Pd ed ex rettore, Pietro Navarra, altro rampollo di una delle famiglie più note sullo Stretto. De Domenico può contare su un ampio bacino elettorale che va dalla sinistra all’università (unica “azienda” in città, di cui è stato direttore generale) fino al mondo cattolico. Può contare pure sul simbolo del M5s: è qui che i grillini aprono una sede centralissima, alle spalle della Chiesa dei Catalani e presentano una lista (su 4 in totale a favore di De Domenico) capeggiata da Valentina Zafarana, consigliera regionale e vicesindaca designata: una delle siciliane più note del M5s. Il Movimento, dunque, a Messina è in prima linea. Ma dall’altro lato, il candidato di “Scateno” e della Lega, al quale nelle ultime settimane hanno dato appoggio pure Dino Giarrusso (appena uscito dal M5s) e Vittorio Sgarbi, può contare su 9 liste. Tutto si gioca, dunque, sull’effetto trascinamento, sperando di non arrivare al ballottaggio. Se Basile non dovesse vincere al primo turno, infatti (in Sicilia basta il 40 per cento), l’orizzonte potrebbe complicarsi e a quel punto a vincere sarà di certo il voto contro. Se contro Genovese, contro De Luca o contro Musumeci, è ancora tutta da vedere.