Lo ha reso noto la nuora, Avital Chizhik-Goldschmidt. Contattato dalla Jewish Telegraphic Agency, Goldschmidt ha rifiutato di commentare la sua partenza o di rispondere a domande su un suo eventuale ritorno a Mosca
Pinchas Goldschmidt, rabbino capo di Mosca, ha scelto di lasciare il Paese insieme alla moglie Dara e di rifugiarsi prima per qualche giorno in Ungheria e poi in Israele. In Russia, dopo l’invasione dell’Ucraina, non si sentivano più al sicuro. È stata la nuora, Avital Chizhik-Goldschmidt, a rivelarne le ragioni con un post su Twitter: “Posso finalmente rendere noto a tutti che i miei suoceri sono stati messi sotto pressione dalle autorità per sostenere pubblicamente ‘l’operazione speciale’ in Ucraina e si sono rifiutati di farlo. Sono fuggiti in Ungheria due settimane dopo l’invasione russa e ora sono in esilio dalla comunità che hanno amato e costruito e in cui hanno cresciuto i loro figli per oltre 33 anni”, ha scritto Avital, che fa la giornalista a New York. “Si sono prima diretti verso l’Europa dell’Est per raccogliere fondi a favore dei rifugiati e poi a Gerusalemme, dove suo padre era ricoverato in ospedale”.
Ma sulle ragioni della fuga, nella comunità rabbinica russa, c’è chi avanza dubbi o, comunque, si pone qualche interrogativo anche in virtù dei rapporti variamente articolati con il Cremlino. Contattato dalla Jewish Telegraphic Agency, Goldschmidt ha rifiutato di commentare la sua partenza o di rispondere a domande su un suo eventuale ritorno a Mosca, dove è stato rieletto a capo della Sinagoga Corale, il principale luogo di culto ebraico della capitale russa. Il rabbino, riferiscono diverse fonti, non ha criticato esplicitamente l’invasione dell’Ucraina ma, ha scritto Le Figaro, era sufficientemente preoccupato dalla situazione che giorni prima del 24 febbraio aveva contattato i rabbini della vicina Moldavia per avvertirli di un potenziale flusso di rifugiati.
È tuttavia un fatto – nota la Jewish Telegraphic Agency – che altri rabbini di spicco della Federazione Russa, incluso il rabbino capo del Paese Berel Lazar, sono ancora in Russia nonostante le aperte critiche contro la guerra. Lazar, che secondo i media internazionali ha buoni rapporti con Vladimir Putin, si è spinto fino a criticare il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov dopo le affermazioni sulle presunte origini ebraiche di Hitler e il maldestro parallelo con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, e a osservare che “sarebbe bello se si scusasse con gli ebrei”. E il suo portavoce Boruch Gorin ha detto alla Jewish Telegraphic Agency che “sarebbe sorprendente apprendere che il rabbino Goldschmidt è stato sottoposto a pressioni”.
Qualunque sia la ragione della sua fuga, sembra certo che per ora Goldschmidt, nato in Svizzera e rabbino capo della capitale russa dal 1993, oltre che capo della Conferenza dei rabbini europei dal 2011, resterà in Israele. Almeno secondo il Jerusalem Post, che riferisce come i rabbini capi ashkenazita e sefardita di Israele, David Lau e Yitzhak Yosef, abbiano scritto una lettera ai leader delle comunità ebraiche russe chiedendo loro di rispettare l’autorità di Goldschmidt anche se “non è in grado di rimanere nella sua comunità”. Un altro mistero nelle pieghe della guerra di Putin.