Televisione

Intorno al futuro, la web serie “green” con gli Eugenio in Via di Gioia in esclusiva su TvLoft. “Raccontiamo un futuro sostenibile a livello ambientale e sociale”

Sei puntate di dieci minuti l'una ambientate a Milano alla ricerca di start-up del territorio socialmente innovative. Protagonista Eugenio Cesaro, frontman della band torinese, che gilet addosso e skate (elettrico) sotto i piedi rifà il verso al Marty McFly di Ritorno al futuro. "Cerchiamo di tradurre i nostri pensieri più profondi che non ci fanno dormire la notte in canzoni"

di Davide Turrini

Una web serie “green” ed ecologica, dal basso consumo energetico ma dall’alto contenuto di ironia e innovazione sociale. S’intitola Intorno al futuro e andrà in onda su TvLoft in esclusiva dal 10 giugno, per sei settimane, dieci minuti a puntata. L’idea è di Ugo Vivone, Gianluca Celldolin e Camilla Leonardi (anche regista). La produzione è di Officine Buone e Twister Film per TvLoft. Protagonista Eugenio Cesaro, frontman della band torinese Eugenio in Via di Gioia che sembra ricalcare in tutto e per tutto il protagonista di Ritorno al futuro, qui in veste di esploratore ambientale e ambientalista tra le strade di Milano alla ricerca di sei start-up under 35 socialmente innovatrici sul territorio.

Eugenio in Via di Gioia in scena senza chitarra ma con lo skate alla Marty McFly…
“La serie ruota intorno al provare a raccontare un futuro sociale e ambientale diverso o meglio: a cercare tracce di futuro nel presente. Quindi abbiamo cercato di emulare quello che facevano in Ritorno al futuro sia nei vestiti che nell’immaginario iconico del film. La prima cosa che ci è venuta in mente è che il protagonista usava lo skate. Io a casa ne possiedo due, entrambi elettrici. Ho avuto fortuna di avere un papà inventore nel tempo libero, proprio come il Doc del film. Sono skate elettrici creati molto prima dei monopattini di oggi tanto che la gente che mi vedeva andare in giro per Torino anche sui ponti in salita, senza spingere, mi ha sempre guardato stranita e divertita”

In Ritorno al Futuro si va nel passato per cambiare qualcosa del futuro. Se potessi trovarti con una macchina nel tempo nel 1980 cosa vorresti cambiare?
“Caspita, darò una risposta strana: probabilmente nulla. Avrei paura. Nel provare a cambiare qualcosa si rischia di fare danni. Ad ogni modo per prima cosa aiuterei gli scienziati a rendere più pop la narrazione dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale o a costruire un pensiero a lungo termine legato al riciclo dei rifiuti. Saremmo comunque risultati troppo avanguardistici e anacronistici”.

Milano come sfondo della serie ecologista Intorno al futuro: un po’ come entrare nell’antro del diavolo rispetto al tema inquinamento ambientale..
“È stato un incontro fortuito. Il progetto è partito creativamente da Milano e le start-up di innovazione sociale sono state individuate lì. Siamo comunque partiti da un luogo che stupisse e incuriosisse me in modo che potessi essere il più spontaneo possibile. Non è una serie di fiction dove faccio l’attore. Semmai recito me stesso come in un documentario”.

Lama a doppio taglio: il boom economico italiano del secondo Novecento ha livellato le differenze socioeconomiche, ma anche dato il via alla crisi climatica dovuta all’inquinamento industriale…
“Il problema è complesso. Si parla spesso di sostenibilità ambientale ma ci deve essere di pari passo la sostenibilità socio-economica. Il bisogno di cambiamento delle infrastrutture è reale, ma dove si fa in modo drastico c’è un cambiamento altrettanto drastico sul numero dei posti di lavoro. La dismissione di certe aree industriali dovrebbe essere accompagnata da un capitalismo 2.0 che è quello dell’economia circolare, Cioè dove i rifiuti dei primi diventano materie prime delle seconde. È necessario un ragionamento a livello di rete. Le persone cambierebbero il proprio ruolo lavorativo ma non devono essere lasciate a casa. Bisogna unire i puntini, è l’unica soluzione per trasformare città industriali in nuovi poli all’avanguardia. Se non faremo così le nostre aree verdi si desertificheranno ulteriormente. Ricordiamoci che queste terra ci dona frutti agroalimentari che ci rendono un’eccellenza mondiale”.

In una delle puntate di Intorno al futuro affermi “ci vuole la casa di bambù altro che il bosco verticale”…
“Il bosco verticale è un bell’esempio di giungla urbana, ma andrebbe esteso in orizzontale, cioè per tutti. È un bellissimo esempio architettonico ma legato al lusso, a qualcosa dai costi insostenibili che possono permettersi in pochi. A Prato lo stesso architetto che ha ideato il bosco verticale, Stefano Boeri, assieme e Stefano Mancuso, sta progettando la prima città che verrà definita giungla urbana. Il mercato, ad esempio, verrà ricoperto da piante in modo che la climatizzazione dell’aria avvenga in maniera naturale. Le città verrebbero stravolte positivamente: da polmoni grigi a polmoni verdi”.

Domanda delle cento pistole: e tu cosa fai di green nella tua vita quotidiana?
Ho tante buone abitudini che sto cercando di integrare. Si tratta di porsi sempre una domanda ogni volta che si fa un acquisto, si scende dal letto la mattina o si va a dormire. Questo pomodoro che sto comprando al supermercato da dove arriva? Quanta energia ci è voluta affinché il pomodoro arrivasse qui nel mio piatto? Questa maglietta che sto acquistando da dove arriva, con che cotone è stata fatta, chi l’ha lavorata, quanti chilometri ha fatto per arrivare sul bancone del mercato” Questo è l’unico modo per capire l’impronta ecologica di ogni gesto che facciamo. Io comunque cerco di consumare poco e bene. Mangio tanto, mi nutro tanto ma cerco di evitare cibo che si produce consumando grande quantità di acqua…”

Ad esempio gli allevamenti intensivi per produrre carne…
“Da qualche mese sono diventato vegetariano anche se cerco di non essere radicale nel farlo. Se non so da dove arriva il pezzo di carne non la mangio, ma se mi trovo in un luogo in cui si conosce l’origine della bistecca che sto per mangiare non mi precludo la possibilità di farlo. Certo un pezzo di carne da allevamento intensivo il consumo di acqua è altissimo ed è causa del 40% dell’inquinamento che immettiamo nell’atmosfera. Anche altri cibi come il caffè portano con sé un consumo di acqua mostruoso. Ogni tazza di caffè si produce con cento litri d’acqua.

Gli Eugenio in Via di Gioia hanno anche appena inciso un brano, Quarta rivoluzione industriale, con Elio, dove si parla di sfruttamento lavorativo…
Cerchiamo di tradurre i nostri pensieri più profondi che non ci fanno dormire la notte in canzoni. In questo caso ironizziamo su una nuova rivoluzione industriale che di nuovo porrà chi sta in cima alla scala sociale in un luogo più agevolato rispetto a tutti gli altri che inseguono in un sistema ipercompetitivo modello faraone con in basso gli schiavi. Poi certo gli schiavi vivranno meglio che all’epoca dei veri faraoni d’Egitto, ma alla fine della fiera si trovano a rincorrere una chimera che non troveranno mai. Il precariato viene venduto come qualcosa di positivo, la versatilità che sostituisce il posto fisso, la possibilità di lavorare da casa, di non avere più una cucina per cucinare perché il cibo te lo portano a casa. Ecco tutte queste bellissime abitudini ci vengono vendute come una grande rivoluzione ma non sono altro che l’ennesimo modo per farci diventare dei consumatori ancora più ipnotizzati. Ciò ci distrae dalla vera rivoluzione di cui abbiamo bisogno: un individuo paritario con gli altri inserito in una rete e non in opposizione e concorrenza contro l’altro.

Nell’album Natura viva con il brano Lettera al prossimo avete raccolto fondi per ripiantare una piccola foresta del Trentino…
“Crediamo nella forza delle canzoni come mezzo per far girare dentro il nostro stomaco il senso di inadeguatezza, poi però ci deve essere l’azione. La canzone qui è diventata un’azione e si è trasformata in foresta collettiva. A Paneveggio, in provincia di Trento, in un luogo colpito dal maltempo del 2018, due anni dopo abbiamo piantato 2200 alberi grazie all’aiuto economico dei nostri fan. E’ una briciola rispetto alla quantità di alberi distrutti e che ci vorrebbero. Ma ciò dimostra che solo l’azione collettiva funziona: senza i nostri fan ci avremmo messo anni. Grazie a loro ce l’abbiamo fatta in una decina di giorni”.

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