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“L’isolamento sociale rischia di avere un impatto negativo sul volume del cervello e aumentare il rischio di demenza”: il nuovo studio

Questo allarmante dato emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Neurology, condotto dagli scienziati della Fudan University di Shanghai, in Cina. Il team, guidato da Jianfeng Feng, ha scoperto che mantenere la distanza dai propri contatti sociali potrebbe essere collegato a un aumento del 26 per cento del rischio di demenza

di 30science per Il Fatto

Il tempo trascorso in isolamento sociale potrebbe provocare un impatto negativo sul volume del cervello, specialmente nelle regioni associate all’apprendimento e al pensiero, e incrementare il rischio più elevato di demenza. Questo allarmante dato emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Neurology, condotto dagli scienziati della Fudan University di Shanghai, in Cina. Il team, guidato da Jianfeng Feng, ha scoperto che mantenere la distanza dai propri contatti sociali potrebbe essere collegato a un aumento del 26 per cento del rischio di demenza. “L’isolamento sociale – afferma l’autore – rappresenta un problema di salute pubblica decisamente grave, anche se spesso sottovalutato. Nel contesto della pandemia da Covid-19 il tempo trascorso a distanza dei legami sociali è aumentato significativamente, per cui emerge la necessità di individuare strategie mirate per aiutare le persone a superare questa difficoltà”.

Il gruppo di ricerca ha esaminato 462.619 persone in tutto il Regno Unito, che avevano un’età media di 57 anni all’inizio dello studio. I partecipanti sono stati seguiti per circa 12 anni prima della pandemia, e sono stati sottoposti a sondaggi, risonanze magnetiche, misurazioni fisiche e biologiche e test volti a valutare la funzione cognitiva. I ricercatori hanno considerato il livello di isolamento sociale chiedendo ai volontari se vivessero con altre persone, se avessero ricevuto visite di amici o parenti almeno una volta al mese o se partecipassero ad attività come club, riunioni o azioni di volontariato. Tra i soggetti analizzati, il nove per cento ha riferito di aver sperimentato l’isolamento sociale e il sei per cento del campione ha riportato di aver provato solitudine. Durante il periodo di indagine, 4.998 persone hanno sviluppato demenza.

Tra i 41.886 soggetti che avevano riportato di essere socialmente isolati, sono stati riscontrati 649 casi di demenza, pari all’1,55 per cento del campione di riferimento. Nel gruppo di controllo, invece, pari a 420.733 individui, gli studiosi hanno evidenziato 4.349 casi di demenza, pari all’1,03 per cento. Dopo aver considerato fattori come età, genere, stato socioeconomico, consumo di alcol e fumo e altre condizioni come depressione e solitudine, gli esperti hanno stimato che gli individui socialmente isolati erano caratterizzati da un volume ridotto nella materia grigia del cervello in varie regioni coinvolte nell’apprendimento e nel pensiero. Gli scienziati riportano inoltre che l’isolamento sociale era correlato a un rischio del 26 per cento più elevato di sviluppare demenza. Al contrario, però, sottolineano gli studiosi, la solitudine non sembrava influenzare il rischio di queste conseguenze. “Le persone che hanno riportato alti livelli di isolamento sociale – commenta Feng – mostravano differenze significative nel volume del cervello. Sulla base di quanto abbiamo scoperto, potremmo ipotizzare che l’isolamento sociale sia un indicatore precoce di un possibile aumento del rischio di demenza”.

Articolo di Valentina Di Paola

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