“Veniamo da lontano. Per andare ancora più lontano. Ci chiamano Motor Valley, la Terra dei Motori.” Inizia così il roboante inno alle auto voluto e realizzato dalla Regione Emilia Romagna, scritto da Leo Turrini, con la voce di Stefano Accorsi.
La Terra dei Motori è la zona tra Rimini e Reggio Emilia, un distretto automotive con la più alta concentrazione di case automobilistiche, motociclistiche e 4 autodromi internazionali. Qua i politici non pensano ad altro che a infiocchettare auto, finanziare autodromi, organizzare motor show, farsi selfie con le auto e dilapidare fondi pubblici.
A Modena si è da poco tenuto il Motor Valley Fest, con tutta la città trasformata in una grande esposizione/sfilata di auto (come se non ce ne fossero già abbastanza), senza farsi mancare le corse in autodromo per tutti. A Faenza la giunta comunale è in brodo di giuggiole per la Motor Arena, un “motorshow permanente” all’interno dell’ennesimo centro commerciale in periferia (di proprietà del fondo di investimento americano York Capital Management). La Motor Arena sarà foraggiata, come è ovvio, anche da fondi pubblici. A Reggio Emilia si aspetta da almeno un anno la venuta della Silk Faw, un mega impianto di costruzione di bolidi elettrici per super ricchi, joint venture cinese-statunitense, che però tarda a venire, mandando in ansia Bonaccini, che minaccia di non dare il contributo previsto (altri soldi pubblici).
Nella trepida attesa di poter dilapidare soldi pubblici per le auto, ecco che la Regione finanzia questa “educativa” pubblicità. “Ecco, veniamo da lì, dalla Terra” declama Accorsi, sorvolando sul fatto che quella stessa terra è stata devastata da un’agricoltura tra le più industrializzate, motorizzate, impattanti e inquinanti al mondo, “una formidabile spinta verso l’innovazione, lo sviluppo incessante di idee coraggiose, non di rado audaci”.
Audaci? Sembra l’altro ieri quando un altro “audace” gongolava: “Una politica del motore è in corso in Italia e assicurerà all’Italia fascista una nuova decisiva conquista” (cit. Mussolini). Cento anni sono passati e siamo ancora qui a sentire gli stessi discorsi da superuomo con la stessa insopportabile retorica futurista, sposata dalla sinistra al potere. “E’ la ricerca del divertimento a farci vedere un traguardo in fondo ad ogni rettilineo” prosegue il video della Regione Emilia Romagna “a trasformare ogni curva in un circuito da percorrere a tutto gas.”
Non di rado però, in fondo al rettilineo, e dopo la curva a tutto gas, la gente sbanda e trova un albero, un palo, un dirupo, una bici o un’altra auto, con morte/disabilità assicurata per tutti. Invece di fare pubblicità contro la guida pericolosa, la regione Emilia Romagna paga testi pubblicitari che inneggiano alla velocità, alla guida audace e spericolata. Una vergogna, uno spreco di soldi pubblici, un degrado culturale irrispettoso verso le famiglie delle vittime uccise proprio dalla velocità. E poi si va avanti in una sviolinata alle giovani menti: “I nostri poli universitari dedicano ogni giorno tesori di energie intellettuali alla ricerca di soluzioni che rendano affascinante e accattivante la mobilità green”.
Il “green” vero, però, non consiste in auto elettriche sempre più potenti e veloci, che occupano spazio pubblico e contribuiscono come le altre al rischio sulla strada: l’unica e vera alternativa è ridurre la quantità di auto, ridurne la potenza e la velocità, investendo al contempo in mezzi pubblici e mobilità dolce, progettando città senza auto. Ma se le università sono pagate dalle industrie di auto, questa transizione sarà dura a venire.
“Siamo orgogliosi di essere parte della Grande Bellezza italiana” continua melodrammatico Stefano Accorsi. “L’arte, la cultura, il fascino, il paesaggio. Tutto vero. Ma lasciatemi dire che con i nostri ‘rumori da corsa’ siamo la colonna sonora del Bel Paese. Una versione postmoderna dell’inno di Mameli.” Beh ditelo a chi vive in mezzo al traffico di scorrimento nelle grandi metropoli, ai bambini delle scuole vicino agli autodromi, se questa colonna sonora li inebria e rasserena, gli fa da ninna nanna e da serenata. Intorno all’autodromo di Imola è un inferno quasi quotidiano. Comitati e Legambiente lottano da anni, inascoltati. Perfino la legge è sospesa. Nel 2021 Arpae chiese di modificare la rete di monitoraggio acustico, perché sottovalutava l’inquinamento acustico che subivano i residenti nei pressi dell’autodromo. Ma il comune di Imola, proprietario dell’autodromo, affidò a Formula Imola (il gestore) il compito di individuare le postazioni per la collocazione del fonometro, che ovviamente scelse posizioni più “favorevoli”. Sicuramente lo fece per il bene dei residenti, che ora possono continuare a sentire forte e chiara la colonna sonora dell’Italia (sigh).
Nonostante la Formula 1 sia uno degli “sport” (se può definirsi sport una corsa in auto!) più inquinanti al mondo, con un consumo di cento chilogrammi di combustibile per ogni ora di gara per vettura (da moltiplicare per 20 monoposto), il “greenwashing” è pronto dietro l’angolo con badilate di vernice. Come ovvio, anche qui si preannuncia nel giro di pochi anni la svolta ad una Formula 1 green! Ma visto che non si può togliere al pubblico l’eccitazione del rombo dei motori, e quindi non si può rendere elettrica la F1, si prevede una percentuale di “biocarburanti”, quegli stessi che secondo Greenpeace non riducono le emissioni e anzi sono anche peggiori di quelli fossili.
Nel frattempo, il governo butta 2 miliardi di euro (da qui al 2024) come “bonus” per far vendere più macchine (anche a benzina). Le associazioni, sconfortate, ricordano che con quei miliardi si potevano realizzare 20 mila strade scolastiche, oppure dare abbonamenti annuali gratis ai mezzi pubblici, oppure comprare 5000 autobus elettrici, in 100 città.
Ma tanto nessuno ascolta. E’ più forte il rombo dei motori. D’altra parte, come conclude Accorsi: “Siamo il passato che viaggia nel presente, immaginandosi nel futuro che è già qui. Emilia Romagna, Italia”.