MORDI E FUGGI - 2/2
Il romanzo definitivo e ineccepibile sulla nascita degli anni di piombo s’intitola Mordi e fuggi (Baldini+Castoldi) e l’ha scritto in stato assoluto di grazia Alessandro Bertante. Nulla di retoricamente nostalgico, ma qualcosa di lontanamente ideologico in purezza. Milano in medias res, con la nebbia che si taglia con un coltello, attorno all’attentato di Piazza Fontana del dicembre 1969. Il ventenne studente universitario Alberto Boscolo è (già) dentro ai movimenti studenteschi contestatari. In risalto, però, è più quello che visceralmente gli manca di quello che vive e ha raggiunto, compresa la relazione con la ragazza alternativa mozzafiato di turno. Alberto vuole modificare, marxianamente e radicalmente, l’ordine delle cose. Il suo slittamento verso la nascita del nucleo armato, che sperimenterà rapimenti e gambizzazioni contro i nemici di classe, è apparentemente impercettibile ma storicamente travolgente. Così Mordi e fuggi, slogan delle BR nei primi settanta, mastica silenziosamente e naturalmente anelito sartriano e una sorta di pratica scorsesiana, dove è il “padrone” assieme ai partiti moderati di sinistra e ai sindacati, più che il vero e proprio nemico “fascista”, il vero ostacolo da abbattere per una rivoluzione proletaria che arriverà. Dapprima la clandestinità sa di noir periferico (l’incrocio con la piccola malavita di quartiere e le balconate popolari con i drappi rossi sono storia ed elettrizzano), poi gradualmente l’assalto fulmineo e nascosto s’inceppa di fronte alle retate delle forze dell’ordine e la vita di Alberto si fa isolamento totale e addirittura paranoia. Con una scrittura scarna ed essenziale, una divisione strutturale in medi paragrafi di ficcante e precisa concisione concettuale, Bertante coglie crudezza e radicalità dell’innesto dell’idea rivoluzionaria anticapitalista nella mente e nel corpo dell’uomo, riuscendo a mostrare quella sottile linea rossa tra ribellione e ordine che si gioca sul crinale del “niente da perdere” e delle scelte sconsiderate in un’epoca ancora culturalmente non corrotta dalle terze vie. Non aspettatevi bollettini, proclami, manifesti barbuti e idioti. In Mordi e fuggi agiscono sotto la bruma grigia del milanese Giangiacomo Feltrinelli, Fra Dolcino, Mario Capanna, Thomas Muntzer e Renato Curcio grazie ad un’osmosi narrativa naturale da fare spavento e che imbocca la corsia di sorpasso rispetto al wuminghismo d’antan. Una volta che a questo libro ci finisci dentro non ne esci più. Voto: 10