L’ingannevole campagna referendaria di Salvini &C somministra ogni giorno un certo spettro variegato di scempiaggini.
Come quando ci raccontano che il quesito sull’abolizione di una parte della legge Severino servirebbe a migliorare la giustizia: ah sì? Non è, piuttosto, che servirebbe a rendere la vita più facile ad amministratori e politici corrotti, abbassando il muro che deve separare l’illegalità e le istituzioni? Non c’entra nulla la legge Severino, in particolare quella parte richiamata dal quesito, con le inefficienze del nostro sistema giudiziario. Ma proprio nulla.
Oppure: la faccenda della custodia cautelare, quesito numero 2: qui la malizia è sfacciata. Presentato come un tentativo di limitare i presunti abusi, in realtà impedirebbe, se vincessero i Sì – ma non crediamo proprio che gli italiani siano così sciocchi da cadere nella trappola di andare a votare – provvedimenti restrittivi nei confronti di chi reitera odiosi reati, da quelli finanziari alla violenza.
Fin qui menzogne maliziose architettate da un fronte referendario in evidente difficoltà: tuttavia c’è sempre un limite oltre il quale davvero si oltrepassa la decenza. Come quando viene usato il nome di Giovanni Falcone come una lancia in favore della separazione delle carriere, come ha fatto oggi Stefano Giordano, figlio del magistrato Alfonso riportando una conversazione privata tra suo padre e Falcone nella quale questi avrebbe convinto il collega, inizialmente riottoso, che la separazione delle carriere era l’unica via. Così si entra in un terreno non solo scorretto e ingannevole: così è proprio insopportabile.
Perché frasi e i ragionamenti vengono del tutto decontestualizzati, buttati lì in una squallida arena politica. Perché molti colleghi ricordano ben diversamente, come è sempre emerso nei dibattiti in questi anni – non in occasione di questo sciagurato referendum. Falcone parlava della separazione delle funzioni, sembrerebbe. Ma a parte ciò: perché mettere in mezzo il suo nome in questo modo?
Chi vuole la separazione delle carriere sappiamo che, in fondo in fondo, ha un sogno nel cassetto: quello di apprendere un giorno da un comunicato stampa di Palazzo Chigi della nomina di nuovi procuratori della Repubblica, come è avvenuto qualche giorno fa in America dove Biden, appunto, ha annunciato le sue scelte per cinque Stati. Dietro quel quesito c’è solo la pulsione profonda per una magistratura non più indipendente.
Perché dunque usare la memoria di Falcone per sostenere una operazione di spudorato attacco alla magistratura? Di sicuro sperando di fare un favore al fronte referendario e poi perché forse la decenza è cosa sempre più rara.