Ottomila cittadini - tra cui anziani, malati cronici e persone affette da gravi patologie - da una settimana sono senza medico. In quattro comuni della Bergamasca gli ambulatori sono chiusi. L'Ats sta cercando di mettere una pezza, ma l'idea di richiamare i dottori in pensione potrebbe non bastare
Ogni tanto vale la pena rispolverare la profezia di Giancarlo Giorgetti. Era il 23 agosto del 2019 quando l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, dal Meeting di Rimini, disse: “Nei prossimi cinque anni mancheranno 45mila medici di base, ma chi ci va più dal medico di base?“. Chissà cosa gli risponderebbero le 8mila persone distribuite tra Treviglio, Casirate, Caravaggio e Brignano, nella Bergamasca, rimaste dal primo di giugno senza medico. Sì, perché il servizio di continuità assistenziale è saltato e sospeso per tutto il mese in corso. Motivo? I quattro medici – già di per sé pochi – non hanno dato la loro disponibilità a coprire i turni. Così, da una settimana, gli ambulatori sono chiusi. E la profezia giorgettiana si è avverata.
La vicenda, grave, rispecchia lo stato in cui versa da anni la medicina territoriale in Italia. Negli ultimi mesi è stato un susseguirsi di appelli da parte dei sindacati, che denunciano la mancanza di professionisti. Ora, attraverso i fondi del Pnrr, il governo sta cercando di mettere una pezza al problema, ma la verità è che non ci saranno medici a sufficienza nemmeno a partire dal 2026, quando la riforma della sanità entrerà a regime. Ed ecco allora, per tornare al caso di Treviglio, la soluzione adottata dall’Ats: chiamare i pensionati. Che, bontà loro, stanno rispolverando camici e stetoscopio. Ieri c’è stata una riunione tra il direttore sanitario Michele Sofia e 12 professionisti che hanno lasciato il lavoro da pochi mesi. Sono quasi tutti della classe 1951, dunque ultrasettantenni. Ma perché 12 medici per coprire il turno di quattro (al di là dei comprensibili motivi anagrafici che pesano sui primi)?
E qui arriva la seconda nota dolente di tutta questa vicenda. Chi ha abbandonato gli ambulatori lo ha fatto perché, parola del sindaco di Treviglio, Juri Imeri, “c’è un sovraccarico di lavoro, con pazienti esasperati e dottori che non conoscono gli utenti”. La spiegazione di Sofia, riportata dal Corriere della Sera, è simile: troppo pochi a fronte di un numero troppo elevato di pazienti (uno a 2mila, volendo fare il calcolo). Così, per scongiurare il rischio che tra qualche mese ci si ritrovi nella stessa situazione, la “truppa” di medici pensionati sarà più consistente. L’Ats vorrebbe chiudere la questione il prima possibile ma al momento sembra che a dare il proprio assenso siano stati solo tre-quattro dottori. Cosa resta da fare per gli 8mila cittadini – tra cui anziani e malati cronici – coinvolti? Possono rivolgersi alla guardia medica, che ovviamente non sempre sarà garantita; oppure possono presentarsi direttamente in pronto soccorso (e addio al filtro della medicina di territorio).
Intanto il consigliere del Pd, Erik Molteni – che sta all’opposizione di un Comune a guida leghista – ha organizzato un presidio per martedì 14 giugno: “La situazione è preoccupante e insostenibile” dice, “mi arrivano certi messaggi da anziani e malati che fanno piangere il cuore. Mi piacerebbe che al sit-in partecipassero tutti i cittadini, trevigliesi e non, e i rappresentanti delle istituzioni preposte che si sentono coinvolti e che vogliono migliorare e risolvere il problema. Il presidio sarà apartitico. L’auspicio è che possa essere un primo passo verso un percorso civile condiviso, magari con la creazione di un comitato. L’accertamento delle responsabilità la lasciamo a un altro momento, ora non serve puntare il dito contro qualcuno”.
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