La decisione della Bce di alzare i tassi a partire da luglio in scia alla Fed e chiudere la stagione dei maxi acquisti di titoli di Stato, ma soprattutto le scarse indicazioni sulla strategia per affrontare eventuali eccessivi allargamenti degli spread, mettono sotto pressione Piazza Affari e i Btp. La Borsa di Milano ha via via aggravato le perdite arrivando a lasciare sul terreno in chiusura il 5,17%, di gran lunga il calo maggiore tra i listini europei: vendite soprattutto sulle banche, con diverse sospensioni in asta di liquidità, ma nessun titolo ha archiviato la seduta in positivo. Maglia nera per Bper (-12,9%) che ha presentato un piano industriale che prevede entro il 2024 la chiusura di 600 sportelli e dal 2022 al 2025 l’uscita di circa 3.300 dipendenti. Intanto il differenziale di rendimento tra il titolo decennale italiano e il Bund tedesco si è allargato fino a 227 punti base, ai livelli del marzo 2020, per poi chiudere a 224 contro i 209 di lunedì scorso. A gennaio era intorno ai 140 punti e all’inizio di maggio restava sotto i 190. Il titolo del Tesoro a dieci anni paga al momento oltre il 3,8%.
La fine del quantitative easing e del programma di acquisto di titoli varato ad hoc per affrontare la pandemia (il Pepp) lascerà l’Italia senza l’ombrello protettivo costituito dalla consapevolezza che in caso di tensione sui mercati l’Eurotower farà da compratore di ultima istanza come avvenuto negli ultimi anni. Basti dire che l’istituzione di Francoforte ha oggi in pancia circa 727 miliardi di euro di titoli di Stato della sola Italia. Non è bastato che nel comunicato del board sia stato scritto che nel reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza ci sarà “flessibilità“, cioè disponibilità a concentrarsi sui bond dei Paesi che ne avessero più bisogno. La presidente Christine Lagarde non ha voluto indicare uno “specifico livello dei tassi delle obbligazioni o dei prestiti o degli spread sui bond che attiverà questo o quell’intervento”, cosa che è stata percepita come troppo vaga.
“La mancanza di un approccio chiaro per affrontare la possibilità di una frammentazione comporta rischi significativi per la stabilità finanziaria se non viene affrontata in modo credibile”, ha commentato a caldo Andrew Mulliner, Head of Global Aggregate Strategies di Janus Henderson. Non solo: “La visione sorprendentemente positiva sulla crescita suggerisce che le prospettive sui tassi potrebbero rivelarsi troppo ottimistiche nel corso della seconda metà dell’anno. I rendimenti nell’Eurozona sono sostanzialmente più alti e, cosa forse più preoccupante per la Bce, gli spread periferici sono più ampi. La Bce sta inasprendo la politica monetaria per motivi che, come lo stesso istituto riconosce, sono principalmente funzione di fattori non legati alla domanda, in un contesto di crescita più lenta. L’ombra del 2011 può essersi attenuata, ma non è scomparsa del tutto”. “Il Consiglio non è al momento preoccupato per l’allargamento degli spread periferici, che ha accompagnato il cambio di rotta della politica monetaria quest’anno”, aggiunge Dave Chappell, fixed income senior portfolio manager di Columbia Threadneedle Investments. “La flessibilità del programma di reinvestimento PEPP sembra rimanere l’unico sostegno per contrastare i rischi di frammentazione, almeno per ora”.