La candidatura della dominatrice Doha Zaghi, in arte Lady Demonique, ha tenuto banco per giorni. Finché Carlo Calenda non l’ha fatta fuori via Twitter: “Non ci sono i presupposti”. A salvarla non sono bastati la solidarietà del referente comasco di Azione, che si è dimesso, né quella della candidata sindaco del centrosinistra Barbara Minghetti, che ne ha riconosciuto il contributo dato alla stesura del programma: alle amministrative di Como, la mistress e performer in incontri sadomaso non ci sarà. Ma questo appuntamento elettorale, di aspetti insoliti, ne ha anche altri: il sindaco uscente Mario Landriscina non è stato ricandidato dal centrodestra, il centrosinistra ha due candidate a farsi concorrenza al primo turno e il M5s non ci sarà. O meglio, gli esponenti locali ci saranno, ma con un altro nome e senza il simbolo, non concesso dai vertici nazionali dopo che il parlamentare comasco Giovanni Currò si è schierato per un’alleanza col Pd, rifiutata invece dagli altri rappresentanti provinciali del movimento.
Centrodestra, tra multe ai clochard e beghe interne – Partiamo dall’attuale sindaco. In questi cinque anni Landriscina ha guidato una maggioranza piuttosto litigiosa, con continui cambi di casacca che l’hanno fatta traballare più volte. Tra le migrazioni, quella del presidente del Consiglio regionale lombardo Alessandro Fermi, particolarmente influente a Como, che l’anno scorso è passato dalla Lega a Forza Italia. Risultato delle beghe interne? Landriscina, eletto nel 2017 al ballottaggio col 52,68%, non è stato ricandidato. Al suo posto, su indicazione di FdI, ci sarà Giordano Molteni, medico come Landriscina. In passato Molteni è stato sindaco del vicino comune di Lipomo, nemmeno 6mila anime, ma nel 2020 non è stato rieletto perché in quel caso Lega e FdI non lo sostenevano.
A inizio mandato Landriscina aveva come vice la “sceriffa” della Lega Alessandra Locatelli, prima che diventasse ministra del Conte I e poi assessora regionale. In quel periodo la giunta si è distinta per una certa intolleranza verso immigrati e senzatetto, con la polizia locale che alla vigilia del Natale 2017 è arrivata a multare alcuni clochard in centro e ad allontanare i volontari che offrivano loro cibo. Per il resto, il centrodestra è stato spesso accusato di immobilismo: “La città è ferma da cinque anni”, una delle principali critiche che si sentono in riva al lago.
Centrosinistra favorito, ma con due candidate – Alla guida di Como potrebbe tornare il centrosinistra, che nel 2017 ha perso la città dopo i cinque anni del sindaco del Pd Mario Lucini e i pasticci negli appalti per le paratie anti esondazione sul lungolago. Candidata sindaco della coalizione principale è Barbara Minghetti, consigliera comunale uscente e manager in campo culturale che attualmente dirige la programmazione del Teatro Sociale di Como ed è curatrice della rassegna Verdi Off e dei progetti speciali del Teatro Regio di Parma. Una candidatura credibile sostenuta, oltre che dalla sua lista Svolta Civica e dal Pd, anche da Europa Verde, da Como Comune, che riunisce tra gli altri Articolo Uno e Sinistra italiana, da Agenda Como 2030, lista con candidati di Azione, Italia Viva, +Europa e Volt.
Nel centrosinistra c’è però anche un’altra candidatura a erodere consensi a Minghetti. Quella di Adria Bartolich, ex parlamentare di Pds e Ds ed ex segretaria generale della Cisl di Como e Varese, che corre con due liste civiche: Il Bene Comune, con dentro anche i candidati di Noi di Centro di Clemente Mastella, e Civitas, fondata da Bruno Magatti, che come candidato sindaco nel 2017 ha incassato il 6,08% dei voti.
M5S spaccato, niente simbolo alla lista Como in Movimento – Non ci sarà, come detto, il simbolo del M5s. Il deputato comasco Currò avrebbe voluto sostenere, e oggi sostiene, Minghetti. Un’alleanza rifiutata dagli altri esponenti locali del M5s, tra cui il consigliere comunale uscente Fabio Aleotti, che nel 2017 da candidato sindaco ha preso il 5,46%, e il consigliere regionale Raffaele Erba, tra i firmatari di una nota che a febbraio parlava di “aspetti totalmente inconciliabili” e “proposte in totale contrasto con la nostra carta dei valori” emersi dal programma di Minghetti: “In primis il tema delle privatizzazioni soprattutto per asili nido e cultura, così come l’assenza di alternative a opere impattanti per il territorio”, quest’ultimo un riferimento al progetto del secondo lotto della tangenziale di Como, un tratto della Pedemontana che ha il favore del centrosinistra.
A inizio marzo la spaccatura diviene definitiva: Currò dichiara che il processo di strutturazione nei territori del M5s è sospeso in attesa della pronuncia del tribunale di Napoli sullo statuto del movimento e delegittima il tentativo di Aleotti ed Erba di trovare un accordo elettorale con Bartolich, l’altra candidata di centrosinistra. A Currò ribattono uniti tutti gli undici consiglieri regionali del M5s che, parlando di “spiacevole episodio di Como”, mettono nero su bianco: “Riteniamo che la scelta libera e consapevole dei territori debba essere sempre salvaguardata, quando orientata verso progetti in linea con il nostro programma”. La scelta dei territori è quella di candidare Aleotti e di non allearsi con Minghetti, ma da Roma non arriva l’ok all’utilizzo del simbolo. Aleotti però si presenta lo stesso, con una lista dal nome evocativo, Como in Movimento, un sottotitolo, “stop inceneritore”, contro il potenziamento dell’attuale impianto dove finiscono i rifiuti. La sua lista 20 giorni fa ottiene il sostegno di un’assemblea di esponenti e attivisti locali. Ma sul lago arrivano in visita tre parlamentari, non di Como, che insieme a Currò portano sostegno a Minghetti. “Appoggio a titolo personale, il M5s a Como non dà indicazioni di voto”, dichiara la deputata Sabrina De Carlo, componente del comitato per i rapporti territoriali del M5s. Una linea non seguita però dal ministro Federico D’Incà, che due settimane dopo, l’8 giugno, pubblica su Facebook una sua foto con Minghetti e scrive: “Il M5s appoggia e sostiene Barbara, nella cui lista Svolta Civica concorre per le amministrative comunali Antonio Sansano, attivista del M5s”. Per Erba quella del ministro è una presa di posizione di chi “abusa del proprio ruolo per schiacciare i territori”.
Rapinese e gli altri – Se Aleotti difficilmente potrà conquistare un posto al ballottaggio, qualche speranza la può avere Alessandro Rapinese, da anni nella vita politica cittadina e sempre al di fuori degli schieramenti tradizionali, che alle ultime amministrative è arrivato terzo con addirittura il 22,53% dei consensi. In una campagna elettorale che verte soprattutto su recupero del lungolago, traffico, parcheggi e questioni ambientali, tra i candidati sindaco c’è pure Roberto Adducci, espressione di Fridays for Future e sostenuto dal Comitato assemblee popolari, lista che inizialmente avrebbe dovuto appoggiare Bartolich, salvo essere allontanata per una protesta messa in atto in occasione della visita in città di Giorgia Meloni. Francesco Matrale è il candidato di Italexit di Gianluigi Paragone, mentre Verde è Popolare, nuovo partito di Gianfranco Rotondi, sostiene la candidatura di Vincenzo Graziani, per 20 anni comandante della polizia locale di Como.
Twitter: @gigi_gno