Le forze russe hanno ucciso e ferito numerosi civili in otto attacchi nella città di Chernihiv, nell’Ucraina nord-orientale, all’inizio di marzo 2022. E’ quanto denuncia Human Rights Watch in un rapporto sull’uso illegale di armi esplosive in aree popolate. “Quattro di questi attacchi, dall’aria e da terra, sono in chiara violazione delle leggi di guerra, come il bombardamento di un complesso residenziale, l’attacco che ha ucciso cittadini in coda per il pane fuori da un supermercato e altri due attacchi che hanno danneggiato due ospedali, anche con l’utilizzo di munizioni a grappolo ampiamente vietate come raccontano i testimoni ascoltati dalla Ong internazionale. Che parla anche di casi in cui sarebbero state le forze ucraine a mettere a rischio i civili, compresa la volta in cui le Forze di Difesa Territoriale hanno scelto di stabilire una base all’interno di una scuola. E del probabile utilizzo, almeno in un caso secondo le fonti della Ong, di bombe a grappolo da parte delle forze ucraine.
“Dei 4.253 morti e dei 5.141 feriti civili che l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha registrato in Ucraina tra il 24 febbraio e il 6 giugno – dato che con tutta probabilità è significativamente sottostimato – la maggior parte è stata causata da armi esplosive con effetti ad ampio raggio, tra cui i bombardamenti dell’artiglieria pesante e dei lanciarazzi multi-barile, i missili e gli attacchi aerei”, si legge nel rapporto di Human Rights Watch sugli attacchi aerei e di terra delle forze russe sulla città di Chernihiv avvenuti tra il 3 e il 17 marzo 2022. Siamo nelle prime settimane di guerra, in una città attaccata dai russi fin dall’inizio dell’invasione il 24 febbraio scorso. “Le forze russe a marzo hanno ripetutamente attaccato aree popolate a Chernihiv da terra e dall’aria, con apparente disprezzo per la perdita di vite umane”, dichiara Belkis Wille, ricercatrice senior su crisi e conflitti di Human Rights Watch. “Gli attacchi russi a Chernihiv dimostrano l’impatto devastante sulla popolazione e sulle infrastrutture civili quando vengono utilizzate armi esplosive con effetti ad ampio raggio in aree popolate e il conseguente aumento della probabilità di attacchi illegali indiscriminati e sproporzionati“. E ancora: “Dall’invasione dell’Ucraina, le forze russe hanno ripetutamente utilizzato munizioni a grappolo in attacchi che hanno ucciso centinaia di civili e danneggiato case, ospedali e scuole. Ma anche le forze ucraine sembrano aver usato almeno una volta le munizioni a grappolo”. Armi che, scrive la Ong, “sono intrinsecamente imprecise ed erogano più munizioni contemporaneamente così da rendere l’attacco assolutamente indiscriminato”.
Nel più letale degli otto attacchi, il 3 marzo le forze russe hanno sganciato diverse bombe non guidate su un complesso di appartamenti, uccidendo 47 civili. “Quando ci sono state le esplosioni, ho visto la gente cadere dalle finestre”, ha detto un residente di uno degli edifici. “Alcuni di loro erano in fiamme”. Diversi testimoni intervistati hanno riferito di non credere che le forze ucraine si trovassero nell’area in quel momento. Oltre all’uso delle armi esplosive impiegate in un contesto urbano, Human Rights Watch denuncia la natura indiscriminata e sproporzionata di attacchi non giustificati dalla presenza nell’area di forze ucraine o contro strutture che secondo la legge godono di maggiore protezione e non dovrebbero essere considerate come obiettivi. E’ il caso dell’attacco del 17 marzo nel pieno centro della città, dove le forze russe hanno indirizzato un razzo con munizioni a grappolo Uragan che ha colpito un complesso sanitario che ospita due ospedali, rendendo l’attacco alla struttura illegale nonostante la possibile presenza di un posto di blocco militare nelle vicinanze. Alle 9:30 del mattino il razzo colpisce l’ospedale pediatrico regionale di Chernihiv. Uno dei testimoni ascoltati racconta che “dopo l’esplosione iniziale ci sono state circa cinque ulteriori esplosioni più piccole che sembravano fuochi d’artificio luminosi, esplosi a pochi secondi l’uno dall’altro”. Dopo l’attacco, un’auto parcheggiata fuori dall’ospedale era piena di piccoli fori, “come un setaccio“, ha spiegato. Visitando il sito il 20 aprile, Human Rights Watch spiega di aver identificato sette distinti crateri d’impatto delle submunizioni utilizzate, tra cui cinque che mostrano schemi di frammentazione uniformi, nonché molteplici fori rotondi e ovali in una vicina recinzione metallica, coerenti con la detonazione di munizioni a frammentazione. “I funzionari locali hanno detto che l’attacco ha ucciso 14 civili e ne ha feriti altri 21”, spiega la Ong nel suo rapporto. “E i testimoni hanno dichiarato di non aver visto obiettivi militari nell’area in quel momento”.
Sebbene le forze russe non abbiano mai catturato Chernihiv, alla fine di marzo avevano circondato la città, intrappolando i civili e sottoponendoli a ulteriori bombardamenti. Le forze russe si sono poi ritirate dall’area il 31 marzo, parte della loro più ampia ritirata dalle regioni di Kyiv e Chernihiv. “Tra l’8 marzo e il 9 maggio, Human Rights Watch ha intervistato 34 persone, tra cui 24 testimoni degli otto attacchi, oltre a soccorritori di emergenza, funzionari dell’amministrazione regionale di Chernihiv e procuratori locali, che hanno fornito dati sulle vittime civili”, spiega nella presentazione del rapporto la Ong, i cui ricercatori hanno ispezionato i luoghi degli otto attacchi il 19 e 20 aprile scorso, oltre all’esame delle immagini satellitari per confermare date, entità dei danni e la presenza o meno di eventuali forze ucraine nelle vicinanze degli attacchi. Il bilancio degli otto attacchi è di almeno 98 civili uccisi e almeno 123 feriti. Tra questi, le vittime dei tre attacchi del 3 marzo, tutti nel raggio di poche centinaia di metri. Gli obiettivi sono case private e due scuole, compresa quella primaria dove, dopo l’invasione russa, le Forze di Difesa Territoriale ucraine hanno stabilito il loro quartier generale: “Almeno 150 persone erano nella scuola quando è stata colpita, alle 12:30, dalla bomba sganciata da un aereo”.
Subito dopo aver colpito i due istituti, almeno altre due bombe hanno colpito un vicino gruppo di case distruggendone almeno otto. Uno studente universitario ha raccontato che lui e suo fratello si sono precipitati per controllare i loro amici: “Stavano bene, ma abbiamo deciso di iniziare a scavare dove le altre case erano state distrutte e, mentre iniziavamo, abbiamo sentito delle voci da sotto le macerie. Abbiamo tirato fuori una donna e sua madre, e suo figlio di 14 anni, ma era morto”. I fratelli hanno poi continuato a cercare e da altre macerie estraggono altri tre corpi. Un’altra donna racconta che “la gente stava scavando tra le macerie e c’era una voce”, ha raccontato la donna. “Hanno tirato fuori un ragazzo, era il piccolo Glib…. La sua testa era schiacciata“. Il piccolo era figlio di una famiglia che si era trasferita in casa di amici ritenendo la zona più sicura. Sono morti tutti, tranne la mamma del bambino. Secondo Human Rights Watch, le forze ucraine non hanno protetto i civili sotto il loro controllo dagli effetti degli attacchi, non allontanandoli dalle vicinanze delle loro forze. L’uso delle scuole per scopi militari è anche contrario alla Dichiarazione sulle scuole sicure, che l’Ucraina ha firmato nel 2019.
“Le gravi violazioni delle leggi di guerra, compresi gli attacchi indiscriminati e sproporzionati commessi con intento criminale – cioè deliberatamente o incautamente – sono crimini di guerra“, spiega Human Rights Watch. “Le persone possono essere ritenute penalmente responsabili anche per aver tentato di commettere un crimine di guerra, oltre che per aver assistito, facilitato, aiutato o favorito un crimine di guerra. I comandanti e i leader civili possono essere perseguiti per crimini di guerra come responsabilità di comando quando sapevano o avrebbero dovuto sapere della commissione di crimini di guerra e non hanno preso misure sufficienti per prevenirli o punire i responsabili”. E aggiunge: “Russia e l’Ucraina dovrebbero evitare di usare armi esplosive con effetti ad ampio raggio nelle aree popolate, i cui effetti devastanti mostrati a Chernihiv non lasciano dubbi. Tutti i Paesi dovrebbero sostenere una forte dichiarazione politica internazionale che vieti l’uso di tali armi nelle aree dove vivono i civili“.