Il nuovo numero del mensile diretto da Peter Gomez, in edicola da sabato 11 giugno, fa il punto sulle rinnovabili. Fra elettrodotti sottomarini, eolico offshore galleggiante, nuovi sistemi di accumulazione. E l'idrogeno, che non è più solo una promessa. La tecnologia avanza, ma il governo Draghi sta fermo, denunciano gli operatori del settore
Gli italiani possono vivere senza gas? Mentre l’invasione russa in Ucraina continua ad avere pesanti ripercussioni sull’economia europea e non solo, il mensile FQ MillenniuM, diretto da Peter Gomez, nel numero in edicola da domani racconta quali sono le alternative concrete – e sostenibili – all’importazione di combustibili fossili per produrre energia elettrica.
Ma a che punto siamo, davvero, con le rinnovabili? Le tecnologie avanzano e progetti ambiziosi sono già in corso. Terna sta realizzando un cavo sottomarino lungo 200 chilometri fra Tunisia e Sicilia, che permetterà lo scambio di energia elettrica fra i due Paesi. Fra gli scenari, la possibilità di importare dal Nordafrica elettricità pulita prodotta dal sole. Poi c’è l’eolico, spesso al centro di controversie paesaggistiche. Greenpeace punta per esempio sull’eolico galleggiante offshore, che ha un impatto visivo limitatissimo ed è “importante per l’Italia perché il nostro mare ha fondali profondi, dunque non adatti, dove si superano i cento metri, all’eolico offshore tradizionale”, dice il direttore Giuseppe Onufrio.
Nel frattempo è sempre più a portata di mano la promessa dell’idrogeno, l’elemento più diffuso in natura, ma costoso da estrarre per fini energetici, dato che il procedimento di elettrolisi dell’acqua richiede a sua volta energia. “L’idrogeno avrà già un impatto su questo decennio – assicura Francesco La Camera, direttore generale dell’Agenzia internazionale per le fonti rinnovabili – Il costo di produzione è già oggi competitivo, ma non c’è ancora domanda perché per il suo utilizzo gli impianti devono essere adattati”. Non è escluso che un domani l’idrogeno viaggi intorno al globo negli attuali gasdotti, opportunamente riadattati.
Anche sul fronte dell’accumulazione di energia – quando sole e vento latitano – i progressi sono concreti. Il mensile li racconta in una lunga inchiesta. L’illuminazione dello stadio di Amsterdam è garantita da una serie di batterie d’auto esauste, mentre la Norvegia scambia in rete energia rinnovabile con Svezia, Danimarca, Olanda, Germania e Regno Unito. “Per esempio importiamo energia eolica quando loro hanno vento ed esportiamo energia idroelettrica quando da loro non splende il sole”, racconta Knut Kroepelien, amministratore delegato di Energi Norge. In Italia, intanto, la possibilità di vivere in case energeticamente autosufficienti – e di dire addio alla bolletta – è sempre più alla portata di tutti, sospinta anche dalla diffusione delle comunità energetiche.
L’orizzonte di una vita senza gas, o con una dipendenza fortemente ridotta, si misura in anni e non in decenni, chiariscono diversi esperti. Ma solo se governo e burocrazia lo permettono. Nei primi tre mesi del 2022 “la Germania ha installato impianti rinnovabili per una potenza cinque volte maggiore rispetto all’Italia”, afferma Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura, organizzazione di Confindustria delle aziende del settore elettrico. Mentre il governo cerca fornitori di gas fossile alternativi alla Russia, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani (nella foto) in un’audizione alla Camera ha messo in guardia da “un incremento della potenza rinnovabile”, che “se non accompagnato da una smart grid (rete intelligente, ndr) e da impianti di accumulo adeguati, rischia di essere inutile”. Un’obiezione ribaltata completamente dal numero uno di Elettricità Futura: “Solo in Italia si guarda a cosa manca piuttosto che lavorare per sviluppare soluzioni”. Sempre in Germania, “gli investimenti in accumulazione, un caposaldo del piano tedesco, sono visti come una straordinaria opportunità per l’industria”. La richiesta degli operatori è l’immediato snellimento delle procedure burocratiche e degli iter autorizzativi.
FQ MillenniuM affronta anche il tema dell’auto elettrica, proprio mentre il Parlamento europeo approva lo stop alle vendite di vetture a benzina e diesel dal 2035. Anche in questo caso, la partita è tecnologica ma anche politica. Mentre Stellantis lancia allarmi sulla perdita di posti di lavoro che la transizione dai motori termici a quelli elettrici comporterebbe, è il sindacato Fiom a chiedere al contrario un’accelerazione. La visione dell’azienda che contiene la vecchia Fiat “è sbagliata e guarda solo al brevissimo periodo”, commenta Giorgio Airaudo, segretario piemontese della Cgil. Anche in questo campo il governo è accusato di fare molto meno di altri Paesi europei, con il rischio che l’Italia resti tagliata fuori da un importante mercato del futuro. “Quando il resto d’Europa produrrà auto elettriche, si sarà organizzata dei fornitori per quelle tecnologie”, spiega Veronica Arneis, responsabile italiana della rete di associazioni Transport & Environment. “Oggi la nostra componentistica esporta il 50% dei suoi prodotti: nel 2035 che cosa le sarà rimasto? Da Draghi e dai suoi ministri non arrivano risposte”.