Dai ricorsi Onu per garantire il passaggio da casa a casa al diritto alla residenza, i giudici a diversi livelli stanno dicendo a governo e Comuni che i diritti sociali sono insopprimibili. L’Italia ha firmato e ratificato trattati internazionali e convenzioni. Ne cito due: il patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e la convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Questi due atti internazionali citano il diritto all’alloggio. Succede che attivisti sociali e sindacati, tra questi la rete Rent Strike Italy, Unione inquilini e Asia, si siano messi in testa di chiedere all’Onu di verificare se e come, in tema di sfratti e di garanzia di passaggio da casa a casa, l’Italia ottemperi agli atti internazionali stipulati. Succede, anche, che l’Onu chieda conto con atto formale all’Italia del perché non si garantisca il passaggio da casa a casa agli sfrattati, in ottemperanza a quanto sancito dai Trattati.

Succede infine che giudici dei tribunali, ad esempio Roma. investiti della questione, sospendano gli sfratti e chiamino in udienza la presidenza del Consiglio dei ministri e questa si presenti e affermi che gli attivisti sociali e sindacati dovrebbero rivolgersi alla Corte costituzionale (ma per far applicare i trattati internazionali ci si deve rivolgere alla Corte costituzionale?). L’Avvocatura dello stato che rappresenta la presidenza del Consiglio dei ministri, in udienza, dice altro, affermando che non si può, per ottemperare ai Trattati sopra citati, sospendere lo sfratto in attesa che trovino un alloggio per il passaggio da casa a casa. Insomma la presidenza del Consiglio dei ministri sfugge alla domanda principale che le ha rivolto l’Onu: perché in questi casi il governo o il sindaco non garantiscono il passaggio da casa a casa, violando gli impegni assunti nei trattati e convenzioni?

Il governo sfugge alle sue responsabilità e alza un polverone teso a deviare la questione su altro terreno. Del resto se avessimo più case popolari il problema non sussisterebbe, si eseguirebbero gli sfratti in tempi brevi, si garantirebbe il passaggio da casa a casa.

Così si applicherebbero i trattati internazionali, ma non ditelo alla presidenza del Consiglio dei ministri, dovesse ricorrere alla Corte costituzionale per chiedere la incostituzionalità dei trattati internazionali e convenzioni stipulate e ratificate dall’Italia. Cribbio, non siamo mica nel terzo millennio. Sul divieto alla residenza, previsto dall’articolo 5 della legge 80/2014 cosiddetta Lupi-Renzi, mentre il comune di Roma con mozione impegna il sindaco ad utilizzare la deroga già prevista dal comma 1 quater della citata legge, per famiglie con minori e “meritevoli”, la corte d’appello di Firenze con sentenza del 26 aprile 2022, partita su iniziativa dell’associazione Avvocati di Strada, fa giuridicamente a pezzi il divieto di residenza della legge Lupi e il regolamento del comune di Firenze, qualora richiesto dai propri cittadini che occupano immobili senza titolo, non consentendo loro né l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo. Da una parte i giudici della Corte d’appello affermano che la richiesta di iscrizione all’anagrafe risulta conforme alla normativa applicabile, costituita dall’art. 2, co. 3, della legge 1228/1954, come modificato dalla Legge 15 luglio 2009 n. 94. Dall’altra la corte d’appello, per quanto riguarda la sussistenza dei presupposti procedimentali di cui all’art. 2, co. 3 legge citata, richiama l’atto di risoluzione del ministero dell’Interno – Direzione Centrale per i Servizi Demografici del 24/02/2015 n. 633 (…), che ha affrontato la questione concernente l’iscrizione anagrafica nel caso di occupazione abusiva di alloggio ex art. 5 della Legge n. 80/2014.

Questa risoluzione sottolinea l’esistenza nel nostro ordinamento del diritto all’iscrizione anagrafica di tutti coloro che vivono sul territorio nazionale quale principio fondante dell’intero corpo normativo riguardante la disciplina delle anagrafi della popolazione residente, quindi ogni cittadino ha la possibilità di chiedere l’iscrizione nell’anagrafe del comune di dimora abituale ai sensi dell’art. 2, co. 1, della Legge n. 1228/1954 e, in difetto, sulla base del domicilio. In particolare, il ministero dell’Interno ha riconosciuto che, nei casi di illegittima occupazione dell’alloggio, il cittadino debba essere iscritto nell’anagrafe della popolazione residente in applicazione del criterio del domicilio previsto per i soggetti senza fissa dimora, in ragione del superiore diritto all’iscrizione anagrafica, dal quale discendono altri diritti fondamentali costituzionalmente garantiti. Attenzione, non si parla di sole famiglie con minori o “meritevoli”.

Forse è giunto il tempo di abolire l’articolo 5 della legge 80 del 2012 in materia di divieto di residenza per occupanti immobili. Triste che un Paese del G7 debba farsi dire dall’Onu e dai giudici che deve applicare i diritti sociali sanciti da trattati e convenzioni o da leggi vigenti in materia di iscrizione all’anagrafe.

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