Sul passaggio all’auto elettrica il ministro Roberto Cingolani schiaccia il pedale del freno. Il membro del governo che guida il dicastero della transizione ecologica, che dovrebbe occuparsi della rivoluzione green nel Paese, rimette in discussione l’obiettivo dello stop alla vendita di auto a benzina e diesel dal 2035, fissato dall’Europa. Non è una bocciatura, sembra più un segnale di apertura a chi in Italia è contrario alla rotta verso l’elettrico. “Al momento teniamo l’asticella alta sul 2035, ma se nel 2033 vediamo che le cose sono impossibili perché gli scenari sono cambiati, bisogna avere la capacità di tornare sui propri passi e ripensare“, ha detto Cingolani alla Festa dell’Innovazione de Il Foglio in corso a Venezia. Insomma, per ora l’obiettivo è il 2035, ma già si può pensare di allungare i tempi. Eppure la posizione di un altro membro dello stesso governo Draghi, il suo collega alle infrastrutture e alla mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, appare opposta, se non altro nei toni: “Come Italia crediamo il 2035 sia una data ragionevole per lo stop di auto a diesel e benzina”. E ancora: “Una sfida complessa? Dobbiamo dotarci della capacità di vincerla“. Non solo, Giovannini ricorda che il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (Cite) si era espresso favorevolmente sullo stop già lo scorso dicembre: “Attendevamo solo la decisione della Commissione europea”.
Cingolani non è nuovo a queste posizioni: se un anno fa aveva criticato il passaggio al full electric delle supercar, nei giorni scorsi aveva già manifestato la sua condivisione dell’emendamento presentato dal Partito popolare europeo (Ppe) che prevedeva uno stop solo al 90% entro il 2035. Non un blocco totale, quindi. La proposta del Ppe è stata bocciata dal Parlamento europeo, Cingolani lascia comunque una finestra aperta a possibili ripensamenti: “Il 2035 al momento è l’obiettivo. La filiera automobilistica smetterà di produrre motori nuovi ma per almeno un paio di decenni dovrà continuare a produrre pezzi di ricambio. Sarà quindi un ‘fase out’ abbastanza lento. Non dobbiamo ideologizzare quello che stiamo facendo, se nel 2033 dovessimo vedere che le cose sono impossibili perché gli scenari sono cambiati vedremo”, ribadisce nel corso della kermesse al Teatro Goldoni.
Il ministro della transizione ecologica spiega anche quali sono le sue preoccupazioni: “La verità è che questi sono processo molto complessi, in cui l’offerta di elettricità rinnovabile verde, offerta di una rete di colonnine di ricarica diffuse sul territorio e la domanda di auto elettriche devono essere fatte crescere insieme. Per aumentare, come stiamo facendo, in maniera enorme le installazioni di energia elettrica rinnovabile bisogna adeguare la rete e i sistemi di accumulo. Si sta parlando di una rivoluzione“, sottolinea Cingolani. Questo processo richiede prima di avere “rivoluzionato tutta l’infrastruttura. Non è una roba che si fa così, se fosse stato semplice l’avremmo già fatto”, spiega il ministro.
Il suo collega Giovannini, per rimarcando le preoccupazioni, utilizza altri toni: “Capisco che possa sembrare complicato, – afferma sempre nel corso della stessa manifestazione – ma con i fondi del Pnrr stiamo spingendo la sostituzione dei mezzi inquinanti in Italia. Abbiamo introdotto un fondo di 2 miliardi sulla mobilità sostenibile e un miliardo all’anno fino al 2030 per incentivare sia gli acquisti dei consumatori sia l’offerta dei produttori“. Per Giovannini si tratta di una sfida complessa, “ma dobbiamo dotare il nostro Paese della capacità di vincerla“. Il ministro, anzi, rilancia puntando con decisione anche sul fronte delle moto, rimarcando l’opportunità rappresentata dalla transizione ecologica al 2035. “Serve una svolta, abbiamo tra i più grandi produttori al mondo, ma è un settore che non ha investito ancora nulla nell’elettrico, a differenza di altri Paesi”, sottolinea Giovannini. Che poi ricorda le “50mila morti premature all’anno soprattutto nelle nostre città e in alcune aree del Paese per l’inquinamento“. “Questo – conclude il ministro – ci fa capire che la scelta che abbiamo davanti non è solo economica è anche sociale e ambientali e rispetta il nuovo principio che abbiamo inserito in Costituzione“. Il riferimento è all’articolo 9 della Carta, dove è stato inserito l’interesse delle future generazioni.
Se Pd e M5s condividono l’obiettivo fissato dall’Ue, nettamente ostile è il centrodestra: “C’è un Pd suicida. È un voto demenziale mettere fuorilegge le auto a benzina e a gasolio, è da cretini: o Letta ha interessi, legami e convenienze in Cina oppure è una scelta che non si spiega. Non difendi l’ambiente, non difendi il lavoro, non difendi il tuo Paese”, sostiene il leader della Lega, Matteo Salvini, commentando la lettera inviata a La Stampa dal segretario del Pd, Enrico Letta, nella quale parla di emergenza climatica. E non usa giri di parole nemmeno Antonio Tajani, vicepresidente del Ppe e coordinatore di Forza Italia: “Lo stop ai motori termici dal 2035 rischia di essere un colpo mortale per l’industria automobilistica del nostro Paese”. A Il Messaggero spiega che Fi è già a lavoro per tentare una marcia indietro dell’Europa: “Stiamo stilando una risoluzione che impegni il nostro governo a far fronte comune con altri Stati membri per impedire questa sciocchezza. Non tutto è perduto”. Prima, però, bisognerebbe capire se la posizione del governo è quella di Cingolani o di Giovannini, di Pd e M5s o di Forza Italia e Lega.