Si dice che una tira l’altra, ma per le ciliegie italiane non è più così. Non in Puglia, primo produttore nazionale con il 35 per cento sul totale, dove gli agricoltori trovano chiusi i battenti dei magazzini e non possono vendere le ciliegie raccolte. E’ quanto accaduto a Conversano, nel barese, l’area dalla quale proviene la maggior parte del raccolto regionale. “I magazzini chiudono i cancelli e non ritirano le ciliegie Ferrovia, la più pregiata e dal calibro consistente, con i prezzi che crollano a 1/1,20 euro al chilogrammo, al pari di un caffè al bar, mentre i costi per produrle sono quasi raddoppiati con le difficoltà a reperire la manodopera per le operazioni di raccolta”, denuncia la Coldiretti Puglia. In appena una settimana il prezzo delle Ferrovia è ulteriormente crollato, scendendo di altri 60/80 centesimi. Ma riguarda solo il primo passaggio della filiera e cioè il guadagno degli agricoltori. Per chi vuole le ciliegie italiane sulla propria tavola, invece, i prezzi sono alle stelle, con le Ferrovia segnalate sopra i 17 euro al chilo in diverse città del Nord.

“L’andamento di mercato – spiega il presidente della Coldiretti pugliese, Savino Muraglia – è inaccettabile con i prezzi pagati agli agricoltori in caduta libera, crollati in una settimana fino a un euro al chilo, quanto un caffè, mentre la forbice dei prezzi dal campo alla tavola si è allargata in misura sconsiderata. Non possiamo permettere che i nostri agricoltori siano costretti ad abbandonare questa produzione storica e riconosciuta a livello nazionale per colpa dei prezzi in campagna ciclicamente troppo bassi“. Ed è bene ricordare che nel caso delle ciliegie parliamo di un prodotto raccolto rigorosamente a mano. Ma non è finita. Se da un lato gli agricoltori sopportano l’aumento dei costi di produzione aggravato dalla guerra in Ucraina, dall’altro – aggiungono i dirigenti della Coldiretti Puglia – “subiscono la concorrenza sleale delle importazioni di ciliegie da Turchia, Grecia e Francia. Tutto ciò mentre è caduta nel dimenticatoio la legge che obbliga gli esercenti ad indicare chiaramente in etichetta l’origine dei prodotti ortofrutticoli”.

Intanto, segnala l’associazione dei produttori, “è al lavoro la task force per presentare le prime denunce contro le pratiche sleali per tutelare il lavoro nei campi, un intervento normativo fortemente sollecitato da Coldiretti per rendere più equa la distribuzione del valore lungo la filiera ed evitare che il massiccio ricorso attuale alle offerte promozionali non venga scaricato sulle imprese agricole”. Il provvedimento bloccherà ben 16 pratiche sleali “che vanno – spiega Coldiretti Puglia – dal rispetto dei termini di pagamento (non oltre 30 giorni per i prodotti deperibili) al divieto di modifiche unilaterali dei contratti e di aste on line al doppio ribasso, dalle limitazioni delle vendite sottocosto alla fine dei pagamenti non connessi alle vendite fino ai contratti rigorosamente scritti”. Una svolta storica, secondo Coldiretti, “per garantire un giusto prezzo agli agricoltori in una situazione in cui per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti meno di 15 centesimi in Italia vanno a remunerare il prodotto agricolo“.

In un comunicato la Coldiretti sottolinea che “la provincia di Bari da sola rappresenta il 96,4% della produzione totale regionale, ed è la prima provincia italiana per produzione di ciliegie. E’ necessario ricostruire una vera e propria filiera che sia in grado di valorizzare il prodotto anche attraverso una caratterizzazione territoriale della produzione – conclude la Coldiretti Puglia – con la creazione di un marchio che valorizzi le caratteristiche organolettiche della ciliegia e le capacità di produzione da parte degli operatori del settore, un marchio come la IGP che possa essere riconosciuta dal consumatore, per rendere competitiva una coltura tradizionale e tipica della Puglia”.

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