La ricercatrice del Cnr, Lina Fusaro, analizza la teoria di David King secondo cui, per affrontare i cambiamenti climatici, ci resterebbero soltanto 1028 giorni. "E se ce ne restassero solo 999?". Ecco l'interivsta
È successo durante l’ultimo torneo di tennis Roland Garros. Una ragazza, Alizée, 22 anni, si è incatenata alla rete del campo indossando una maglietta con una scritta un po’ inquietante e misteriosa: “We have 1.028 days left” (Ci restano 1.028 giorni), un riferimento alla teoria di un chimico britannico, David King, che rimanda all’urgenza di intervenire sul cambiamento climatico prima che sia troppo tardi. Quindi entro 1.028 giorni. Una previsione eccessivamente catastrofista o c’è qualcosa di fondato? “Potrei risponderle con un’altra provocazione, anche peggiore: e se ce ne fossero rimasti 999?”, ci risponde la dottoressa Lina Fusaro, ecologa, studiosa degli effetti degli stress ambientali sulla vegetazione e ricercatrice presso il Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), Istituto per la BioEconomia (CNR-IBE).
Dottoressa Fusaro, ci spieghi meglio.
“La progressiva conoscenza dei processi e meccanismi che determinano il funzionamento dei comparti ambientali (acqua, suolo, aria), di cui il sistema clima fa parte, ci permette di usare i dati che abbiamo registrato negli ultimi 50-60 anni, o anche più indietro nel tempo, per delineare scenari futuri utilizzando modelli previsionali. Stiamo parlando di modelli molto complessi, come lo è l’ambiente di cui vogliamo conoscere il destino…”.
Quali interrogativi emergono da queste analisi?
“Per esempio, nel 2030 avremo ancora a disposizione acqua a sufficienza per mantenere inalterate le nostre abitudini quotidiane? La mia nipotina da grande potrà ancora scoprire l’emozione di arrivare in cima al Monte Bianco attraversando il ghiacciaio? Potremo ancora ammirare la bellezza delle foreste equatoriali?
Non proprio incoraggianti…
“Ho fatto quegli esempi in realtà per cercare di tradurre questa cupa scadenza evidenziata dall’azione di Alizée in riflessioni pro-attive su come ambiti della nostra vita possano irrimediabilmente essere trasformati dal clima che cambia. Per tornare alla teoria dei 1028 giorni, non posso spiegare su quali considerazioni o evidenze si basa perché, consultando le banche dati internazionali di cui la comunità scientifica si avvale, non ho trovato informazioni specifiche a riguardo. Posso ipotizzare che questo numero di giorni sia stato stimato proprio a partire da scenari futuri creati da modelli previsionali. Ma più che questo specifico numero, farei parlare le conseguenze che i cambiamenti climatici in atto hanno sulla biosfera e che sono già molto marcate e potenzialmente irreversibili in tante zone del mondo. Emerge forte la necessità di prendere consapevolezza e orientare le scelte future sull’urgenza di agire trasmessa in modo sempre più pressante da un’intera generazione”.
Quali sono le previsioni più attendibili sull’urgenza di agire in favore del clima prima che sia troppo tardi?
“Consiglio vivamente a tutti e tutte di consultare il sito di formazione e discussione sul tema dei cambiamenti climatici, climalteranti e quello del Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici anche nella sua versione italiana (IPCC). Sono due canali di informazione contenenti ottime info grafiche e dati scientificamente validati per comprendere cos’è successo al nostro clima e a cosa stiamo andando incontro. In particolare l’ultimo report l’IPCC evidenzia che la temperatura nel periodo 2001-2020 è stata superiore di 0.99°C rispetto al periodo di riferimento 1850-1900. Non si tratta dunque di semplice variazione del tempo meteorologico, ma di chiare tendenze di lungo periodo. Questo aumento delle temperature ha impatti su tanti ecosistemi, cambierà la conformazione del paesaggio, dei nostri boschi e delle aree verdi dentro e fuori le città, perdendo molti dei benefici che la natura, funzionando al meglio, può fornirci. La nostra dieta e i nostri consumi saranno probabilmente stravolti se pensiamo che il comparto dell’agricoltura sarà tra quelli profondamente colpiti: la distribuzione e la quantità di precipitazioni sta cambiando, determinando periodi di siccità sempre più frequenti e prolungati che si alternano a eventi estremi di piogge torrenziali. L’urgenza di agire ora è dettata dal fatto che, per le caratteristiche di complessità del sistema clima, non esiste un pulsante on/off e le gravi conseguenze che l’aumento delle temperature ha su scala globale e locale, non si arresterà immediatamente anche se riuscissimo ad azzerare completamente le emissioni di gas serra nel corso del prossimo anno”.
Che cosa dovrebbero chiedere i cittadini ai Governi? Su quali azioni lei pensa sia necessario puntare con maggiore priorità?
“A mio avviso un passaggio importante a livello di società è quello di attuare un profondo cambio di paradigma educativo. Allenarci a sviluppare una eco-saggezza, un pensiero ecologico che attraverso la conoscenza della Natura e dei suoi processi funzionali, ci consenta di connetterci maggiormente a essa per sviluppare sempre maggiori competenze per la sua cura e conservazione attiva. Partire senza dubbio dall’educazione ambientale nella scuola primaria, insegnamento già presente nelle linee guida del MIUR, e proseguire nel supportare su scala locale progetti di cittadinanza attiva che permettano il cambio di abitudini e l’uso di buone pratiche per diminuire il consumo di risorse”.
Qualche esempio concreto?
“Seguire una dieta più sostenibile attraverso piccoli gesti come mangiare cibi locali e rispettare la stagionalità dei prodotti, virare verso una mobilità con un basso impatto ambientale, chiedendo maggiore spazio a mezzi pubblici, piste ciclabili, intermobilità. Questo coinvolgimento in prima persona è a mio avviso essenziale per spingere la cittadinanza a chiedere a gran voce misure più incisive ai governi. Perché, è sicuro, la profonda crisi climatica che stiamo vivendo non ci lascia più margine per rimandare scelte di transizione a un altro modello produttivo e di consumo”.