Manifestazioni, mobilitazioni online e fisiche e azioni di protesta. Gli ambientalisti in Francia fanno sentire la loro voce contro TotalEnergies, sesta compagnia petrolifera privata al mondo, e iniziano a vedere i primi risultati delle contestazioni. Tanto che il 25 maggio scorso, a Parigi, circa 250 attivisti hanno bloccato l’ingresso dell’assemblea generale annuale e hanno costretto la compagnia a spostare l’incontro online. “Total, Total devi scegliere: i combustibili fossili o il nostro futuro” hanno scandito, tra i vari slogan, i manifestanti, mentre decine di azionisti della compagnia sono rimasti a guardare da dietro le barriere. Quel giorno erano chiamati a votare per approvare o meno il “Sustainability & Climate – Progress Report 2022”, il piano proposto da TotalEnergies in materia di transizione energetica. Un piano definito “fasullo” da attivisti e organizzazioni, poiché incompatibile con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015. Vista l’impossibilità di sgomberare l’area, l’assemblea è stata spostata online e il piano è stato approvato con l’89 per cento dei voti.
TotalEnergies sotto i riflettori – Non è la prima volta che ong e associazioni ambientaliste francesi organizzano azioni di protesta nei confronti di TotalEnergies. Già ad aprile 2016, a qualche mese dall’Accordo di Parigi, centinaia di manifestanti hanno contestato la tenuta del vertice internazionale del petrolio offshore a Pau, città del Sud della Francia. “Già all’epoca avevamo detto: ‘ogni volta che organizzerete eventi di questo tipo ci saremo e non vi lasceremo rovinare il nostro futuro’”, spiega Élodie Nace, portavoce di Alternatiba Paris, movimento cittadino per il clima all’origine, tra gli altri, della protesta del 25 maggio.
TotalEnergies è infatti tra le aziende francesi più inquinanti, con un numero di emissioni di Co2 annuale equiparabile a quelle emesse da tutto il territorio francese, 488 milioni di tonnellate secondo Oxfam. Ma se TotalEnergies è sempre stata presa di mira, da qualche mese le proteste sembrano intensificarsi. Da una parte, “l’esplosione della guerra in Ucraina ci ha permesso di riaccendere i riflettori su Total”, spiega Gabriel Mazzolini, membro dell’ong Les Amis de la Terre. TotalEnergies è infatti l’unica compagnia occidentale petrolifera e del gas a non aver annunciato il suo ritiro dalla Russia. Dopo le proteste e prima dell’embargo Ue la compagnia aveva però affermato che non avrebbe più acquistato né petrolio russo, né quello ottenuto miscelandolo con greggi provenienti da altri paesi.
Se l’azienda, sotto pressione da mesi, ha promesso di non comprare più petrolio russo entro la fine del 2022, non ha invece intenzione di abbandonare le sue attività legate al settore del gas nel Paese, dove detiene 40% delle sue riserve di gas mondiali. In un programma televisivo, Patrick Pouyanné, direttore generale di TotalEnergies, ha dichiarato che “non è il suo ruolo” quello di decidere di non fornire più gas russo all’Europa, a meno che gli Stati membri non “adottino sanzioni”. Inoltre, rinunciare alle azioni di Total nelle società energetiche russe “significherebbe arricchire gli investitori russi”, secondo Pouyanné. Per Mazzolini, il ritiro dalla Russia “non si farà da un giorno all’altro, ma bisogna pianificarlo e cominciare a investire nelle energie rinnovabili”.
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“Bombe climatiche” – Al di là delle attività in Russia, sono i diversi progetti nel settore petrolifero e del gas portati avanti da TotalEnergies, malgrado le raccomandazioni dell’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) e del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC), a mobilitare gli ambientalisti. “22 bombe climatiche”, così le definiscono, tra cui in particolare EACOP (East Africa Crude Oil Pipeline), il più grande oleodotto riscaldato al mondo, che attraverserà per 1443 chilometri l’Uganda e la Tanzania. Previsto dal 2006, è solo più recentemente che le reazioni si sono fatte sentire. Nel 2019, ad esempio, l’associazione Les Amis de la Terre e alcune ong ugandesi hanno avviato un’azione legale contro TotalEnergies in merito alla legge del 2017 detta “devoir de vigilance”, per cui la compagnia è responsabile dei danni umani e ambientali nei paesi coinvolti.
Qualche mese fa, un collettivo di ong e attivisti francesi e internazionali ha lanciato la campagna #STOPEACOP, per unire le proteste tra Europa, Uganda e Tanzania. “Organizziamo manifestazioni, conferenze, infiltrazioni durante le assemblee generali di banche e assicurazioni che finanziano TotalEnergies, come BNP Paribas qualche settimana fa, ma anche azioni di lobbying all’Assemblea Nazionale e al Parlamento Europeo”, spiega Stacy Algrain, membro del collettivo. Gli attivisti non concordano su nessuno dei punti delle analisi proposte dalla compagnia riguardo all’impatto di Eacop: “Sul numero di persone colpite, siamo intorno alle 114 mila, mentre Total parla di 18 800 nuclei famigliari sfollati, è una cifra assolutamente sottovalutata. In quanto alle emissioni di gas a effetto serra, si stimano 34 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, mentre Total parla di 0,8 milioni, senza prendere in considerazione le emissioni dette “scope 3”, ossia quelle che risulteranno dall’utilizzo del petrolio che sarà estratto, che sono le più importanti. Per non parlare degli spazi naturali distrutti, che non potranno essere sostituiti da qualche albero che Total promette di piantare”, precisa Algrain.
Bonjour @LeaBalage, nous reconnaissons l’Accord de Paris comme une avancée majeure dans la lutte contre le réchauffement climatique et chaque investissement significatif fait l’objet d’une évaluation prenant en compte ces objectifs. https://t.co/vz4fWafzj3
— TotalEnergies (@TotalEnergies) May 25, 2022
La reazione di Total – Aver intensificato le proteste contro TotalEnergies, secondo gli attivisti, comincia a dare qualche risultato. “È molto raro che Total risponda alle accuse. Il fatto che rispondano pubblicamente e sui social network è un segno che cominciano a cedere, che sentono la pressione”, sostiene Mazzolini. Sul profilo della compagnia, si notano infatti sempre più risposte dirette a giornalisti e politici che accusano TotalEnergies di “greenwashing”, mentre l’azienda non fa che ripetere il suo obiettivo “0 emissioni entro il 2050” e la compatibilità delle sue politiche con uno scenario a 1,5°C, come voluto dall’Accordo di Parigi. “Oggi Total si sente obbligato a giustificarsi. Sono sulla difensiva, non li lasciamo più indifferenti come una volta. Riceviamo anche testimonianze di dipendenti che iniziano ad avere dubbi su Total, le cose cominciano a cambiare”, prosegue Nace.
Se la strategia climatica di TotalEnergies è stata approvata con l’88,89% dei voti dei suoi azionisti (tre punti in meno rispetto all’anno scorso), alcuni voti contrari importanti sono emersi, come quello della compagnia di assicurazioni Crédit Mutuel. “È una vera vittoria, perché è un messaggio che viene mandato agli altri azionisti”, commenta Mazzolini. “Sono dieci anni che milito nelle associazioni ambientaliste. È raro che riusciamo a coordinarci per attaccare Total su tutti i fronti. Oggi le nostre azioni cominciano a dare i loro frutti”, conclude.
*La foto in evidenza è di Basile Mesré-Barjon per Alternatiba Paris