Estate 1987. Versilia. Sono ancora vergine. Ho 18 anni, sulla spiaggia leggo Uno, nessuno e centomila di Pirandello e con la coda dell’occhio sbircio i corpi femminili in passerella, corpi abbronzati, e penso che sia meraviglioso usare la luce di una stella per abbronzarsi il culo, le limonate con Barbara Zerbino e Monica Pesce, qualche fuggevole palpatina, non molto altro, sono ancora inesperto e terribilmente ignorante, la spirale nella mia testa si scrive l’aspirale, il corpo femminile è ancora un mistero. Tra una pagina di Pirandello e l’altra vado a fare il bagno, passo vicino a un ombrellone dove due straniere parlano e ridono, e mi guardano, una mattina mi fermano: “Senti, io e la mia amica abbiamo fatto una scommessa, la mia amica dice che secondo lei sei ancora vergine, mentre secondo me no”, chi parla con accento francese è Florence.
Non mi faccio problemi a essere sincero e rispondo: “Ha ragione la tua amica, sono vergine”. Florence mi segue in topless sulla battigia, ci tuffiamo, ci sfioriamo, non c’è nulla di insipido nel nostro primo bacio, aiutati anche dal sale del mare. Alla prima occasione buona in cui i miei genitori escono a divertirsi, invito Florence a cena, si presenta con un salame gigantesco, lo ricordo ancora benissimo quel salame, spero che nella sua testa non si formi una strana equivalenza tra quel salame spropositato e il mio, il mio… beh, avete capito. Dopo cena andiamo in camera mia, lei mi spoglia, è una donna di 33 anni, sensuale, dolce, dal tocco esperto, mi bacia le gambe e scende, scende ancora verso i miei piedi: inizia a succhiarmi tutte le dita, una a una, e vado in estasi.
Tutti i film porno che ho nella testa vengono spazzati via dalla realtà, dalla magica realtà. Entro nel corpo di una donna per la prima volta, dopo lei mi dice “sei stato bravissimo, non sembra la prima volta”, so che sta mentendo ma so anche che le piaccio. Facciamo sesso per 15 giorni, la seconda metà di agosto, non ho ancora la patente, lei mi porta in giro, un giorno ci infrattiamo vicino a una pineta, lei tira giù i sedili della sua Renault 4, a me non va di farlo in quel posto, non so, mi sembra una cosa squallida, allora mi viene il genio di dirle: “Hai mai sentito parlare del mostro di Firenze? Sai, qui siamo abbastanza vicini a Firenze, il mostro potrebbe essere in vacanza”, la vedo impallidire e decidiamo di andare a casa di una sua amica, la mattina quando mi sveglio la trovo in cucina che mi sta cucinando una favolosa omelette, che bei ricordi nutrienti.
Ormai siamo alla fine di agosto, Florence deve tornare a Neuchatel dove lavora come assistente di un dentista, passiamo l’ultima notte alla pensione Zeno. Mentre facciamo colazione a letto la vedo triste, e mi dice le parole che non dimenticherò mai: “Riccardo, la seconda volta che abbiamo fatto sesso sei stato molto impetuoso e si è staccata la spirale – nella mia testa è sempre l’aspirale – quindi potrei essere incinta”. Incinta? “Aspetta un attimo Florence, scusami, ma perché non me lo hai detto appena è successo?” “Perché ho 33 anni e ho desiderio di un figlio”. Un figlio? Un’avventura estiva si trasforma subito in un destino implacabile. Mi arrabbio, prendo il suo pacchetto di Marlboro e lo accartoccio, lei piange, mi vesto, scendo, pago la camera e scappo a casa dai miei genitori. Trovo papà insieme al suo amico Mauro. “Papà, papà, aiutoooo” “Che c’è figliolo?”, gli spiego tutto, sono agitato, Mauro ride e mi rincuora con questa frase “Tranquillo, non ti chiami mica Bostik”. Già, non sono mica una colla! Magari non è accaduto nulla, anche papà è tranquillo, allora mi tranquillizzo pure io.
Non è successo nulla, ma figurati! Torno a Milano, dopo qualche giorno mi arrivano due cartoline di Florence da Neuchatel “Caro Riccardo, pensi sempre a ti, alla tue poesie, mi mestruaccion non ancora arivati, spero tu stia bene e che prendi patente per essere indipendente, tanti baci e tanti caresse, Florence”. Mi mestruaccion non ancora arivati? Dio mio, nooooo. Ma come è possibile? Ma le donne sono tutte matte? Ma quale indipendenza? Ho ancora una lunga carriera da figlio di Aldo Farina, l’ingegnere, non scherziamo! Per la cronaca: ho 53 anni e sono ancora il figlio di Aldo Farina, anche se papà non c’è più. Non ho un lavoro, non sono sposato, e non ho figli… che io sappia… mai più sentita, mai più, nevermore!
Siamo tutti fantasmi, la carne è la grande illusione della vita, citando un famoso film francese. Florence, se hai avuto un figlio dal sottoscritto, spero che sia cresciuto bene, che sia bello, intelligente e sensibile e che ti abbia reso una madre felice, mi raccomando però, se leggi questo pezzo, che non ti salti in mente di contattare la redazione del Fatto! Io non ho soldi e mamma non può mantenere un nipotino che viene dal mio passato, sarebbe troppo anche per la mia mammina.
Tutte le persone che vedete, che frequentate, tutte sono destinate a diventare ectoplasmi, evanescenze, magie di un passato vivente, e quindi amatele, amatele con tutto il vostro cuore, ora che potete ancora abbracciarle, mentre la clessidra del tempo fa scorrere inesorabilmente i granelli della nostra carne.
Toccatevi, toccatevi pure, in ogni senso. Anche io mi tocco ora, sperando che Florence non legga questo post. E se avesse veramente avuto un figlio o una figlia? Chissà perché mi immagino un maschietto, forse un giorno busserà alla mia porta un uomo dall’accento francese e mi dirà: “Papà, je suis Richard, sono tuo figlio e di Florence” e io gli risponderò “No, cherie, Richard sono io! E sono un ectoplasma, una evanescenza in atto, non vedi? Ora chiudo la porta e non mi vedrai più, scomparso per sempre”. Slam. E poi andrei a piangere sul divano, pensando a quel meraviglioso agosto, folle e sensuale, quando Florence succhiò le mie dita dei piedi, una a una, prima di domarmi il suo corpo, con una spirale traballante, ma tanta dolcezza e tanta passione, mentre la clessidra del tempo scorre, portandosi via i granelli della nostra carne, fino all’evanescenza definitiva. Fin.