A livello nazionale è ancora debole, stimato poco sopra il 5%. Ma è innegabile che il leggendario “terzo polo“, l’area liberal-democratica alternativa a centrodestra e centrosinistra, sia stato la vera sorpresa di queste amministrative. In cinque tra le maggiori città al voto – Palermo, Parma, Alessandria, Catanzaro e L’Aquila – l’alleanza centrista (+Europa/Azione unita a varie liste civiche) porta a casa consensi superiori al 10%, e nel capoluogo abruzzese rischia di superare addirittura il centrosinistra più il M5S. Il merito, certo, è soprattutto delle candidature apprezzate sui rispettivi territori. Ma anche il simbolo del nuovo cartello elettorale tra +Europa e Azione dimostra – laddove schierato sulla scheda – di possedere un certo appeal: ad Alessandria raccoglie il 5,7%, a L’Aquila il 6,2%, a Palermo addirittura il 7,9% (ma alle politiche per ora non supererebbe il 4%).”Dopo il 20% di Roma si conferma l’esistenza di un’area che vale dal 10 al 20%“, afferma, esagerando un po’, il fondatore di Azione Carlo Calenda. Tutt’altra storia comunque rispetto a Italia Viva, che non ha presentato il proprio contrassegno da nessuna parte, preferendo sostenere “in incognito” candidati di centrosinistra o anche piuttosto di destra (come Marco Bucci a Genova, Valerio Donato a Catanzaro o Daniele Sinibaldi a Rieti, ma anche Flavio Tosi a Verona, condannato in via definitiva per propaganda razzista).
Il risultato migliore, dicevamo, è quello dell’Aquila. Qui il commercialista Americo Di Benedetto, consigliere comunale uscente, è secondo con il 23,78% e supera per un’incollatura una politica di lunghissima esperienza come la dem Stefania Pezzopane (sostenuta da Iv), già deputata, senatrice e presidente della provincia, sostenuta da Pd e Movimento 5 Stelle. Ad Alessandria, Giovanni Barosini – ex assessore dei lavori pubblici della giunta di centrodestra – si piazza terzo con il 14,76%. Ottimo anche il risultato di Palermo: qui Fabrizio Ferrandelli – il candidato più “politicante” del bouquet, visto che ha già corso, per la stessa carica, sia con il centrodestra che con il centrosinistra – raccoglie il 13,22%. A Parma Dario Costi, professore di progettazione architettonica all’università, raggiunge il 13,49 ma senza il simbolo di Azione/+Europa (i calendiani comparivano nella lista “Ora con Dario Costi sindaco”). Ciononostante, Calenda si dice particolamente fiero del candidato e critica chi ha scelto, al suo posto, l’ex sindaco Pietro Vignali: “Qualcuno mi deve spiegare come ha fatto a votare un signore che ha patteggiato per corruzione e concussione”, dice in un afflato di grillismo. Infine, a Catanzaro l’avvocato Antonello Talerico (anche qui senza simbolo a sostegno) raggiunge la doppia cifra con il 10,25%.
Così, mentre i renziani provano a farsi belli di vittorie “clandestine” (come quella di Genova), i loro cugini gongolano. E ne approfittano per proporsi come partner al Pd di Enrico Letta, che quasi ovunque ha optato per l’alleanza con il Movimento 5 Stelle, ottenendo – complice il flop pentastellato – risultati perlopiù deludenti. Per Benedetto Della Vedova, segretario di +Europa, l’exploit dell’area centrista “è un segnale importante: dove il Pd sceglie l’alleanza con il M5S, noi costruiamo uno spazio europeista e liberaldemocratico con risultati positivi”. Mentre Calenda sogna già in grande: “È nato un terzo polo, e noi ci stiamo lavorando, che guarda a +Europa, alle liste civiche e ai duemila amministratori locali che sono già in Azione. È un partito fondato sul civismo, è un’area del pragmatismo, della civiltà, di chi si è rotto le scatole, da una lato della sinistra e dei 5 Stelle che dicono di no a tutto e, dall’altro, di una destra spaccata su tutto, sovranista che litiga e basta”, dice. E Renzi? L’ex ministro lo provoca in un’intervista a Huffpost: “È andato dove pensava di beccare un consigliere comunale. Mi pare un concetto un po’ restrittivo, oltre che un modo di fare politica tipico del vecchio centro. Per questo gli dico: decida che politica vuole fare. Se fa quella dei due forni, noi non siamo interessati”.