La Nuova Unione Popolare Ecologista e Sociale guidata da Mélenchon è la vera vincitrice del primo turno delle elezioni francesi. Con il 25,7% dei voti, a pari merito del Presidente in carica e lasciando Marine Le Pen poco sopra il 18%, il risultato è straordinario. Con questa spinta è sicuro che il raggruppamento di sinistra sarà il gruppo più grande dell’opposizione ed è molto probabile che Macron non riesca a conquistare la maggioranza assoluta del parlamento, aprendo la strada ad una dialettica politica assai positiva. Non oso immaginare di più, ma certo questi due risultati costituiscono già un grande risultato, perché uno dei paesi più importanti d’Europa si troverà ad avere un condizionamento sociale importantissimo e per certi decisivo per mettere sabbia nei meccanismi dell’Europa liberista arruolata nella Nato.

Quindi innanzitutto un grande applauso a Jean Luc Mélenchon e alle compagne e compagni francesi.

Ovviamente si tratta anche in Italia di fare come la Francia e allora può essere utile analizzare i tre passi fondamentali che Mélenchon ha fatto per raggiungere questo risultato. Questo successo non è infatti caduto dal cielo e non è il frutto di un miracolo ma di una precisa linea politica. Vediamo.

In primo luogo Melenchon da anni opera per costruire un polo alternativo ai poli politici esistenti in Francia. In tutti questi anni Mélenchon non ha fatto alleanze con i socialisti e quindi non ha praticato “l’unità della sinistra”. Ha operato per aggregare la sinistra di alternativa, conflittuale sul piano sociale e ambientale. Questa coerenza di impianto è stata decisiva per costruire il patrimonio simbolico di Mélenchon come effettivamente alternativo alla melassa liberale che alberga nelle nostre istituzioni.

In secondo luogo Melenchon non ha mai ricondotto la sua pratica di aggregazione ad un partito. Questo in un doppio senso: da un lato alle elezioni ha sempre operato per costruire coalizioni più ampie del suo partito, dall’altro per aggregare i vari partiti della sinistra antiliberista. Concretamente quindi Mélenchon ha operato come un aggregatore del polo antiliberista popolare ed ambientalista, senza cercare di farlo diventare un partito ma sempre mantenendo un carattere fluido e dinamico di aggregazione. Si tratta di un punto decisivo perché il valore aggiunto dello schieramento aggregato da Jean Luc consiste proprio nella capacità di mettere insieme organizzazioni, partiti, comitati, singoli individui, intellettualità diffusa, settori sindacali.

In parallelo al successo di Mélenchon, che per ben due elezioni presidenziali ha sfiorato di un soffio il ballottaggio, in Francia abbiamo avuto la crisi verticale del Partito Socialista e un significativo conflitto sociale che, dalle lotte sulle pensioni ai gilet gialli, hanno movimentato il paese.

La capacità politica di Mélenchon, forte del risultato delle elezioni presidenziali, è stata quella di proporsi su un impianto popolare e antiliberista come la possibile unificatore della sinistra. Non più l’unità della sinistra su base liberista a maggioranza socialista, ma una unità della sinistra il cui baricentro è su un programma radicale, estraneo alle politiche che vanno per la maggiore nel palazzo.

Per certi versi questo ultimo passo è il rovesciamento ideale di quanto, dopo il congresso di Épinay del 1971, fece Mitterrand. Questi operò per rovesciare i rapporti di forza tra socialisti e comunisti e solo dopo che i socialisti erano diventati più grandi dei comunisti propose nuovamente l’unità della sinistra. Oggi, dopo anni di cammino nel deserto, in cui molti lo hanno considerato un settario inconcludente, Mélenchon aggrega le forze della sinistra ma su un programma di alternativa, in cui i socialisti moderati sono in minoranza. Chapeau.

Per arrivare anche in Italia a “fare come in Francia”, non ci sono quindi scorciatoie ma è necessario imparare dall’esperienza francese. In primo luogo è necessario costruire una aggregazione chiaramente alternativa ai poli esistenti, smettendola di inseguire le sirene del centro sinistra e del voto utile. In secondo luogo occorre costruire questa aggregazione in una forma che permetta a tutte e tutti di partecipare e di essere protagonisti: uomini e donne impegnati in ogni ambito del sociale e della cultura, partiti, associazioni, comitati. A questa aggregazione devono partecipare i partiti disponibili, ma la sua forma non può essere quella di un partito, troppo stretta per aggregare tutte le forze disperse che dobbiamo unire. In terzo luogo è evidente che occorre individuare una figura in grado di esercitare una leadership popolare e nello stesso tempo in grado di favorire un percorso democratico e partecipato, di allargare il tessuto dell’aggregazione politica. Parlare al popolo e nello stesso tempo favorire l’aggregazione di un tessuto partecipativo democratico e militante è la vera grande scommessa che abbiamo dinnanzi.

Non è semplicissimo, ma l’esempio francese ci può aiutare ad uscire dalla stagnante situazione italiana.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Incrociatori russi a poche miglia da Taranto. Parla l’ex ammiraglio di Marina Fabio Caffio: “Ecco cosa c’è dietro la prova di forza in corso”

next
Articolo Successivo

Google, “congedato” l’ingegnere che aveva detto: “L’intelligenza artificiale è diventata senziente”

next