Nato nel 2016, il consorzio OpenHubMed ha posto tra i suoi obiettivi il creare un punto di aggregazione delle dorsali di rete che collegano i paesi del Mediterraneo, agevolando lo scambio del traffico internet offrendo delle tratte diversificate a quei dati in transito sui cavi sottomarini che approdano in Europa tramite la Sicilia, permettendo dunque di ridurre i tempi di latenza grazie ad una posizione geograficamente vantaggiosa.

Il consorzio, che raggruppa alcuni dei principali operatori ed aziende del settore (Atomo Networks, Eolo , Fastweb, In-Site, EXA Infra/GTT Italy, Italtel, MIX, Retelit, SUPERNAP Italia,VuChain S.p.A. e Rete XMED) ha scelto dunque come sede operativa Carini, centro a 26Km circa da Palermo, dove gestisce un datacenter neutrale da 1000mq all’interno di un campus tecnologico che rispetta i più alti standard di sicurezza.

Per saperne di più sul progetto di OHM, e dell’opportunità che l’iniziativa offre alla Sicilia ed all’Italia, abbiamo chiesto alcune domande a Valeria Rossi, Executive President & Chairwoman del consorzio.

Nella storia la Sicilia, grazie alla sua posizione centrale nel Mediterraneo, è stata spesso considerata importante per le rotte commerciali via mare. Quanto può essere importante oggi, nel mondo delle comunicazioni digitali, la sua posizione nel collegare le reti europee con quelle africane e con quelle mediorientali?
Con la crescita della quantità di dati e BIG Data degli ultimi anni, quantità destinata a crescere a ritmi molto elevati, le infrastrutture di trasporto e di interconnessione tra le varie componenti necessarie all’erogazione dei servizi digitali svolgono un ruolo fondamentale. Trasportare i dati non basta più, è necessario scambiarli il più vicino possibile alla loro sorgente per abbattere i costi e migliorarne l’elaborazione. Ad oggi le principali sedi che fungono da Internet HUB in Europa si trovano principalmente nel Nord (Londra, Amsterdam, Francoforte) seguite da Parigi, Marsiglia, Madrid e Milano nel Sud Europa: ancora oggi una quantità enorme di terabit proveniente da decine di cavi sottomarini che sbarcano in Italia, Francia e Spagna viene deviato verso quegli hub e gestito in quelle posizioni dove storicamente il mercato di Internet e dei data center è stato in forte sviluppo negli ultimi due decenni.

Se da un lato questi HUB coprono bene le esigenze dell’ecosistema Internet sviluppato nell’Europa settentrionale/centrale, non sono più sufficienti a coprire le nuove esigenze di interconnessione degli ecosistemi emergenti dei paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo meridionale e il potente mercato già esistente nei paesi del Medio Oriente, che richiedono entrambi un’accessibilità più distribuita alla Big Internet, vicinanza ai servizi degli Hyperscalers e maggiore accessibilità ai servizi Internet Exchange.
Lo dimostra chiaramente come i grandi player (Facebook, Google, Microsoft e Apple) investano sempre più in quei Paesi e li servano attraverso nuove arterie di traffico, investendo o co-investendo in cavi sottomarini e cercando strutture Data Center adeguate.

La Sicilia è privilegiata per la sua posizione al centro del Mediterraneo rispetto alle principali rotte di traffico internet convogliate attraverso cavi sottomarini provenienti dal Nord Africa, Medio Oriente e Estremo Oriente per portare i dati verso l’Europa ed è l’area europea più vicina a quei mercati emergenti. In un mondo in cui la latenza (cioè il tempo di trasporto dei dati) diventa ogni giorno più importante, la possibilità di scambiare il traffico più vicino agli utenti finali ha un valore incredibile.

Com’è nata Open Hub Med?
Open HUB MED è nata proprio dall’analisi di questo contesto. In Italia Milano svolge ormai da molti anni il ruolo di maggior polo delle comunicazioni in termini di infrastrutture e di disponibilità di spazi Data Center gestititi da soggetti neutrali, ovvero non anche essi stessi fornitori di servizi di connettività o comunque non come loro business principale. Questo sviluppo è stato possibile sfruttando la sua posizione geografica – ben posizionata in relazione alle rotte terrestri in fibra verso l’Europa – e la presenza di un’area di aggregazione dei player più significativi in cui si è sviluppato anche il maggior Internet Exchange italiano.

Ma Milano non è sulla rotta delle grandi direttrici della cosiddetta “capacità bagnata” e storicamente i cavi sottomarini che numerosi toccano la Sicilia, venivano (e vengono) prolungati verso il Nord Europa, principalmente via Marsiglia. Oltre all’inefficienza tecnica di scambiare il traffico più lontano, questo è un valore che l’Italia perde ed è il motivo per cui abbiamo deciso di ricreare in Sicilia il modello di successo che si è sviluppato a Milano.

Operate in Sicilia, dalla sede di Carini, da più di 5 anni. Avete incontrato particolari ostacoli tecnici o burocratici nello sviluppo del progetto?
Non direi, non ho riscontrato fino ad oggi difficoltà o rallentamenti significativamente differenti rispetto a quanto ho vissuto per lunghi anni nel milanese. C’è da dire che sia a Milano che a Carini, i due poli sono all’interno di Campus privati quindi i permessi per la realizzazione sono stati gestiti con le rispettive proprietà. Abbiamo anche trovato molta disponibilità da parte delle istituzioni locali e abbiamo anche potuto usufruire di contributi nell’ambito dell’attuazione dell’azione 3.5.1-01 “Aiuti alle imprese in fase di avviamento” erogati dalla Regione Sicilia. Laddove ci sono stati rallentamenti sono stati più che altro dovuti all’instabilità politica generale e della Regione, ma ripeto l’interesse delle istituzioni regionali è indubbio.

Per i meno familiari con i termini tecnologici, cos’è un Internet Exchange Point e quali sono i vantaggi ottenuti grazie ad un così importante nodo di scambio tra varie dorsali per gli utenti finali?

Un IXP è una piattaforma che collega fisicamente le reti di differenti operatori e le mette in comunicazione tra loro senza introdurre ritardi. L’esempio dell’area di transito degli aeroporti che uso spesso lo trovo sempre molto efficace: esistono diverse compagnie aeree nel mondo ma naturalmente non è che ognuna prevede rotte da ogni aeroporto nel mondo a tutti gli altri. Quindi accade che gli aerei atterrino nei grandi HUB aeroportuali e che i passeggeri vengano fatti transitare in un’area franca (senza ripassare per i controlli di sicurezza) e fatti risalire su un altro aereo per raggiungere la destinazione finale. Nell’esempio le compagnie aeree sono gli operatori, le rotte aeree sono le loro dorsali di trasporto dati, i passeggerei sono i dati e gli HUB sono gli IXP.

Si intuisce dunque che così come per il trasporto aereo anche per i dati il principale vantaggio è in termini di costi e di scalabilità della struttura, nonché nella molteplicità di scelta che si ha nei grandi HUB per raggiungere la destinazione e quindi la presenza di un mercato competitivo. La differenza nell’esempio sta nel fatto che il transito dati negli IXP non risente di ritardi.

Il vostro consorzio non assolve solamente al compito di gestione e sviluppo dell’IXP siciliano, ma ospitate in sede anche un datacenter. Quanto è importante per le aziende del Sud Italia potersi appoggiare ad una struttura vicina anche geograficamente?
Sì esatto, gli elementi essenziali per un HUB sono infrastrutture in fibra, disponibilità di spazi tecnologici e possibilità di interconnessione qualificata. OHM offre direttamente gli spazi tecnologici all’interno del proprio data center allestito secondo quei parametri qualitativi e di sicurezza imprescindibili per poter essere di interesse al mercato a cui ci rivolgiamo (operatori, fornitori di contenuti, OTT, cloud provider, ma anche imprese e pubbliche amministrazioni). La parte infrastrutturale è resa dagli operatori presenti, principalmente dai nostri operatori soci ma anche da soggetti terzi che hanno installato apparecchiature nel data center di OHM per l’offerta dei loro servizi di transito mentre l’attività di Internet Exchange è fornita e gestita direttamente da MIX, il maggiore IXP in Italia, che è anche socio del Consorzio.

Credo che per le aziende poter godere di una struttura come la nostra, unica nel suo genere ad oggi nel Sud, sia di fondamentale importanza: la presenza in un’area di un centro come il nostro è un volano virtuoso per lo sviluppo tecnologico e digitale e di conseguenza per lo sviluppo economico.

Per anni le scuole ed università siciliane hanno sfornato professionisti dell’IT destinati poi in gran parte ad “emigrare” verso l’Italia continentale o verso l’estero. Pensate che iniziative imprenditoriali come la vostra possano, oltre ad offrire nuove opportunità lavorative, fungere da traino per nuovi investimenti nel campo tecnologico in Sicilia?
E’ un fatto che iniziative come la nostra rappresentino un aggregatore di interessi di diverse realtà industriali e di ricerca che necessitano di infrastrutture e di vicinanza con altre realtà sia pubbliche che private. Sviluppo infrastrutturale chiama sviluppo tecnologico e quindi impresa: è un percorso di elementi strettamente interlacciati l’un l’altro. Questo significa che al contorno si creano altre iniziative connesse all’HUB che portano ulteriore valore e crescita e naturalmente necessitano di persone con competenze che le accompagnino nel loro percorso. Il modello analogo di Milano (tanto per restare in Italia) lo insegna. Quindi possiamo aspettarci che la nostra crescita porti valore anche in questo senso e che rappresenti un’opportunità in più di scelta per neodiplomati o neolaureati. Il problema dell’emigrazione verso l’estero è un problema che va al di là dell’analisi locale, è un fenomeno nazionale che ha poco a che vedere con l’esistenza o meno di possibilità lavorative sul territorio italiano. A fronte di una preparazione specifica e l’acquisizione di competenze (altro tema su cui bisognerebbe agire e anche velocemente apportando diciamo “aggiornamenti “ ai percorsi formativi affinchè tengano il passo con il cambio generazionale indotto dal digitale) è chiaro che i ragazzi si aspettino qualità e possibilità di crescita professionale ed economica, con riconoscimento delle proprie capacità nei loro percorsi professionali. Diciamo che in questo in Italia non si eccelle, soprattutto se parliamo dell’ambito della ricerca e dell’Università.

Avete svolto, o avete in programma, dei percorsi con università ed istituti scolastici della zona per far conoscere agli studenti le professionalità che ruotano attorno al vostro “Hub”?
Abbiamo iniziato a renderci disponibili alle scuole superiori per proporre delle giornate nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro per ora in risposta a richieste degli istituti stessi ma intendiamo renderla un’attività più strutturata ed allargarla anche a studenti di corsi universitari. I ragazzi si entusiasmano a vedere e toccare con mano quanto sottende al funzionamento della Rete e difficilmente riescono a trovare in un’unica struttura un ambiente così variegato di apparati tecnologici e di impianti a supporto come è il nostro. C’è tanto da raccontargli…

Per chiudere, una domanda più personale, da donna con alle spalle una lunga carriera nel settore, quali consigli darebbe alle ragazze interessate ad un percorso di studio ed una carriera nell’ambito delle cosidette discipline “STEM”?
L’unico consiglio che posso dare è “buttatevi”: se avete l’indole tecnica questi sono temi in cui noi donne possiamo dare davvero un valore aggiunto e che richiedono molta più creatività – che in genere a noi donne non manca – di quanto si pensi. Le discipline STEM sono storicamente ad appannaggio degli uomini ma è esclusivamente un approccio culturale e purtroppo anche mie colleghe di università hanno successivamente scelto strade più facilmente adattabili alle richieste di una vita familiare e soprattutto in contesti meno “difficili” da gestire a livello personale. E’ indubbio che non è facile, sei una donna in un mondo (oggi) a maggioranza maschile e, non sempre per mala disposizione da parte loro, ti senti spesso sotto esame e sotto pressione per “dover dimostrare” di essere all’altezza. In generale se un gruppo di lavoro è molto sbilanciato con una maggioranza di uomini rispetto alle donne e – attenzione – viceversa, per forza di cose si creano dei non equilibri e delle prese di parte, per cui per poter funzionare bene il gruppo deve essere eterogeneo ma numericamente equilibrato. Io è oltre 20 anni che sono l’unica donna in contesti maschili, intendo proprio l’unica seduta al tavolo con solo uomini

e questa situazione la conosco bene. Ho avuto a che fare quindi con una larga rosa di casi, di atteggiamenti e di approcci e non sempre mi sono sentita a mio agio ed a volte l’ho pagata. Per quanto io abbia colleghi che stimo molto anche a livello personale, ammmetto che non ho la sensazione che loro se ne rendano davvero conto.

Però sono attività ed un ambito davvero stimolanti ed interessanti nel quale la pragmaticità, l’intuito e la sensibilità che possiamo mettere in campo sono elementi più che apprezzabili e che contribuiscono enormemente alla riuscita dei progetti. L’importante è riuscire a farli emergere.

Uno degli aspetti più difficili di cui liberarci, a mio parere, è che sentendoci sotto esame, nel tentativo di dimostrarci all’altezza cerchiamo la perfezione e se non ci sentiamo perfette non ci buttiamo: sbagliato, essere preparate sì (ma vale anche per gli uomini!), la “perfezione” si raggiunge col gruppo.

Insomma c’è un disperato bisogno di donne nel mondo della tecnologia e ci sono possibilità di crescita oggi più reali rispetto a quando ho cominciato io, quindi alle ragazze consiglio fortemente di valutare questi percorsi : io, tornando indietro, lo rifarei.

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