Imprenditore di 69 anni, il primo cittadino uscente ha sconfitto Francesco Peghin, voluto dal leader del Carroccio e da Massimo Bitonci. Il peso di curia e chiesa cattolica, i cinque anni dedicati ai quartieri e alle nuove opere, la "prevenzione" per affrontare il tema della sicurezza: così ha ottenuto una larga vittoria
A Padova trionfa il sindaco uscente Sergio Giordani, imprenditore di 69 anni, che si fregia di essere un “civico” di centrosinistra, quindi non un militante di partito. Ottiene al primo turno ben più della metà dei voti, sfiorando il 60 per cento. La sua vittoria al primo turno costituisce una pesante sconfitta non solo per la coalizione di centrodestra che ha appoggiato in modo compatto lo sfidante Francesco Peghin (fermo poco oltre la soglia del 30 per cento), ma per i vertici della Lega, in particolare il segretario Matteo Salvini e il presidente del Carroccio in Veneto, Massimo Bitonci. Sono stati loro a puntare su Peghin, anche contro i mal di pancia dei militanti, compresi qualche sindaco e consigliere regionale. Luca Zaia è rimasto, invece, alla finestra e ha aspettato – nell’eterna lotta per il controllo della partito in Veneto – che la scelta voluta dai fedeli a Salvini mostrasse tutti suoi limiti. Inoltre, era stata decisa una specie di staffetta con il partito di Giorgia Meloni, che ha avuto il proprio candidato a Verona (Federico Sboarina).
Giordani ha trionfato non solo per la debolezza dell’avversario (comunque un imprenditore moderato come lui), ma anche per altre due ragioni. La prima affonda nella storia politica degli ultimi venticinque anni, la tradizione di centrosinistra della città di Padova, dove il peso della chiesa cattolica è ancora forte. La seconda riguarda il fatto di aver lavorato in modo proficuo per cinque anni, il che gli ha consentito di usufruire in modo virtuoso dell’effetto sindaco-uscente. A Padova non si può dimenticare che è stato primo cittadino Flavio Zanonato, esponente storico della sinistra, per un periodo anche ministro. Zanonato ha ricoperto la carica dal 1993 al 1999, poi dal 2004 al 2013, un periodo molto lungo che ha avuto come intermezzo la vittoria della forzista Giustina Destro, quando Silvio Berlusconi era all’apice del potere. Nel 2014, con Zanonato non più ricandidabile, aveva prevalso la voglia di ricambio, il che aveva favorito la vittoria di Bitonci. Un leghista a tinte forti che aveva accentuato gli interventi per la sicurezza della città, ma anche suscitato numerose polemiche. Bitonci era poi inciampato nel suo stesso potere, abbandonato da una parte del centrodestra, a cominciare da Forza Italia. Non aveva saputo mediare ed era stato sfiduciato.
La voglia di rivincita del commercialista di fede leghista è naufragata due volte. La prima nel 2017 quando è stato battuto da Giordani, con il consistente aiuto di alcune liste civiche riconducibili al professore universitario Arturo Lorenzon. La seconda volta è quella odierna, con il deludente risultato di Peghin che ha dovuto prendere atto di non essere riuscito a convincere i padovani che Giordani avesse amministrato male. Quest’ultimo ha condotto una campagna elettorale in tono minore, forte dei risultati amministrativi ottenuti. Il primo merito che si è attribuito è quello di avere pacificato la città, uscita dalla turbolenza della gestione Bitonci. “Niente litigi, soltanto passione per il bene comune: questa è la mia più grande soddisfazione – ha detto facendo un bilancio del quinquennio – Ho lavorato per una città più verde, per quartieri più curati, per una maggiore manutenzione, ma anche per una città più sicura dove chi sbaglia paga, ma dove si deve partire dalla prevenzione e puntare all’inclusione”.
Un tema molto sentito nel mondo cattolico e nella curia. Indubbiamente l’amministrazione ha sanato alcune ferite, come il quartiere di via Anelli, considerato una specie di Bronx: sono stati abbattuti palazzi che erano diventati covo di spacciatori e motivo di degrado. Poche settimane fa, inoltre, è arrivato l’annuncio che proprio in quella parte di Padova sorgerà la nuova questura. Giordani ha puntato molto sulle opere e sulla loro realizzazione futura. A cominciare dal riconoscimento dei cicli pittorici del centro (non solo la Cappella degli Scrovegni) quale patrimonio mondiale dell’Unesco e dall’assegnazione alla città del titolo di capitale del volontariato. Punto di forza nella viabilità sono due nuove linee del tram da costruire grazie a un investimento già assegnato di 400 milioni di euro.
La giunta ha poi affidato il progetto di un nuovo masterplan della stazione ferroviaria all’architetto Stefano Boeri e ha puntato sulla valorizzazione dei quartieri, come quello dell’Arcella. Ancora sulla carta è il nuovo ospedale, un progetto inseguito da vent’anni e ora ormai prossimo a vedere l’avvio. Avrà 1.800 posti letto, 900 nella vecchia area in centro (che sarà ristrutturata) e altri 900 nella zona di Padova est, dove sorgeranno anche centri di ricerca legati all’università. Pressato dai verdi e dagli ambientalisti, Giordani dovrà risolvere il problema dell’area Prandina, in centro, un’ex caserma che torna nella disponibilità della città con il suo parco.