L‘inflazione ai massimi da 40 anni, la Fed che prepara per mercoledì il suo terzo rialzo dei tassi consecutivo di almeno 50 punti base, la guerra in Ucraina e il rallentamento dell’economia cinese. La festa è finita: con alta probabilità gli Usa il prossimo anno entreranno in recessione e gli investitori ne traggono le conseguenze. I rendimenti dei Treasury a 10 anni sono sono volati al 3,29%, ai massimi dal 2011. Wall Street ha aperto la settimana con altre perdite e anche lo S&P 500 – dopo il Nadsaq – è sceso a un livello da “mercato orso” (bear market), cioè ribassista: ha registrato un calo di oltre il 20% dal picco precedente registrato il 3 gennaio. Il Dow Jones Industrial Average è sotto di oltre il 16% rispetto al picco più recente. Non siamo più alla correzione fisiologica, ma in una nuova fase caratterizzata da una progressiva diminuzione dei prezzi degli asset finanziari e da aspettative pessimistiche.

In borsa l‘S&P 500, il principale barometro della salute di Wall Street, è arrivato a perdere il 3,55% e il Nasdaq il 4,23%. Il Bitcoin è crollato di un altro 12% ed è sceso sotto i 24.000 dollari all’inizio di lunedì. Alla fine del 2021 aveva sfiorato i 68.000 dollari. Le prospettive per l’economia nel suo complesso sono cupe. Il Financial Times ha pubblicato lunedì mattina i risultati di un sondaggio condotto tra 49 economisti in collaborazione con la Chicago Booth School of Business. Il 38% degli intervistati si aspetta l’ingresso in recessione nel primo semestre del 2023 e un ulteriore 30% poco più tardi, nei sei mesi successivi. Lawrence Summers, l’ex segretario al Tesoro dell’amministrazione Clinton, ha ricordato: “La storia insegna che quando c’è un’inflazione così alta e una disoccupazione così bassa, nei due anni successivi è probabile una recessione”.

La Fed mercoledì dovrebbe annunciare una stretta da mezzo punto percentuale ai tassi e potrebbe poi accelerare il ritmo in luglio con un aumento da 75 punti base.
La fiammata dell’inflazione all’8,6% la rende infatti più aggressiva contro un caro-vita che morde i portafogli degli americani. La galoppata dei prezzi sta mettendo sempre di più la banca centrale all’angolo, allontanando l’ipotesi di un atterraggio morbido per l’economia. Per Jerome Powell la prossima riunione, e soprattutto la prossima conferenza stampa, sono un nuovo test da superare. Alcuni analisti credono che stupirà già mercoledì con un rialzo dello 0,75% per dimostrare il suo impegno e la sua determinazione nella lotta all’inflazione. Farlo però significherebbe cogliere di sorpresa Wall Street e rompere gli schemi, mettendo a rischio la fiducia nella prevedibilità della banca centrale.

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