Economia

Stretta della Fed e timori di recessione nel 2023, Wall Street è entrata nella fase del “mercato orso”: ecco cosa vuol dire

Anche lo S&P 500 - dopo il Nadsaq - ha registrato un calo di oltre il 20% dal picco precedente registrato il 3 gennaio. Non siamo più alla correzione fisiologica, ma in una nuova fase caratterizzata da una progressiva diminuzione dei prezzi degli asset finanziari e da aspettative pessimistiche. Mercoledì è atteso il terzo rialzo dei tassi di interesse

L‘inflazione ai massimi da 40 anni, la Fed che prepara per mercoledì il suo terzo rialzo dei tassi consecutivo di almeno 50 punti base, la guerra in Ucraina e il rallentamento dell’economia cinese. La festa è finita: con alta probabilità gli Usa il prossimo anno entreranno in recessione e gli investitori ne traggono le conseguenze. I rendimenti dei Treasury a 10 anni sono sono volati al 3,29%, ai massimi dal 2011. Wall Street ha aperto la settimana con altre perdite e anche lo S&P 500 – dopo il Nadsaq – è sceso a un livello da “mercato orso” (bear market), cioè ribassista: ha registrato un calo di oltre il 20% dal picco precedente registrato il 3 gennaio. Il Dow Jones Industrial Average è sotto di oltre il 16% rispetto al picco più recente. Non siamo più alla correzione fisiologica, ma in una nuova fase caratterizzata da una progressiva diminuzione dei prezzi degli asset finanziari e da aspettative pessimistiche.

In borsa l‘S&P 500, il principale barometro della salute di Wall Street, è arrivato a perdere il 3,55% e il Nasdaq il 4,23%. Il Bitcoin è crollato di un altro 12% ed è sceso sotto i 24.000 dollari all’inizio di lunedì. Alla fine del 2021 aveva sfiorato i 68.000 dollari. Le prospettive per l’economia nel suo complesso sono cupe. Il Financial Times ha pubblicato lunedì mattina i risultati di un sondaggio condotto tra 49 economisti in collaborazione con la Chicago Booth School of Business. Il 38% degli intervistati si aspetta l’ingresso in recessione nel primo semestre del 2023 e un ulteriore 30% poco più tardi, nei sei mesi successivi. Lawrence Summers, l’ex segretario al Tesoro dell’amministrazione Clinton, ha ricordato: “La storia insegna che quando c’è un’inflazione così alta e una disoccupazione così bassa, nei due anni successivi è probabile una recessione”.

La Fed mercoledì dovrebbe annunciare una stretta da mezzo punto percentuale ai tassi e potrebbe poi accelerare il ritmo in luglio con un aumento da 75 punti base.
La fiammata dell’inflazione all’8,6% la rende infatti più aggressiva contro un caro-vita che morde i portafogli degli americani. La galoppata dei prezzi sta mettendo sempre di più la banca centrale all’angolo, allontanando l’ipotesi di un atterraggio morbido per l’economia. Per Jerome Powell la prossima riunione, e soprattutto la prossima conferenza stampa, sono un nuovo test da superare. Alcuni analisti credono che stupirà già mercoledì con un rialzo dello 0,75% per dimostrare il suo impegno e la sua determinazione nella lotta all’inflazione. Farlo però significherebbe cogliere di sorpresa Wall Street e rompere gli schemi, mettendo a rischio la fiducia nella prevedibilità della banca centrale.