La docente 50enne sul suo blog aveva scritto: "Subito dopo la pubblicazione di questo comunicato porrò in essere la mia libera morte". Il ministro D'Incà: "Una storia terribile che impegna ognuno di noi a non voltarsi dall'altra parte e a lavorare per costruire un Paese realmente inclusivo e senza pregiudizi"
Il corpo trovato carbonizzato in un camper al lato della strada tra Auronzo e Misurina (Belluno) è della professoressa transgender Cloe Bianco. Secondo quanto riportano oggi i quotidiani locali, è stata la 50enne a dar fuoco al veicolo per togliersi la vita.
La procura ha disposto l’esame del dna, ma una conferma è arrivata dal post scritto dalla stessa Cloe Bianco sul suo blog personale il 10 giugno scorso. “Subito dopo la pubblicazione di questo comunicato”, si legge, “porrò in essere la mia autochiria, ancor più definibile come la mia libera morte. In quest’ultimo giorno ho festeggiato con un pasto sfizioso e ottimi nettari di Bacco, gustando per l’ultima volta vini e cibi che mi piacciono. Questa semplice festa della fine della mia vita è stata accompagnata dall’ascolto di buona musica nella mia piccola casa con le ruote, dove ora rimarrò. Ciò è il modo più aulico per vivere al meglio la mia vita e concluderla con lo stesso stile. Qui finisce tutto”.
Cloe Bianco, che assieme al messaggio ha riprodotto le immagini del proprio testamento e delle proprie disposizioni anticipate di trattamento, aveva 50 anni ed era stata insegnante all’istituto Mattei di San Donà di Piave (Venezia). Nel 2015, dopo essersi presentata con abbigliamenti femminili davanti alla classe, era stata sospesa per tre giorni. Bianco aveva fatto ricorso al tribunale del Lavoro di Venezia, ma aveva perso: secondo il giudici l’outing in così breve tempo, senza preparare le scolaresche, “non era stato responsabile e corretto”. Negli ultimi tempi Bianco era stata allontanata dalle classi e svolgeva lavori di segreteria. Bianco aveva scritto il libro “PERsone TRANSgenere. Manifesto e Progetto della dignità e dei diritti delle persone transgenere in Italia” e aveva un blog in cui parlava con regolarità dei diritti e le discriminazioni delle persone Lgbtqi.
“La cronaca ci consegna l’ennesimo lutto, la morte di Cloe, che si è tolta la vita per sottrarsi all’opprimente transfobia che la circondava” ha commentato Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay. “Sulle persone trans negli ultimi anni ci sono speculazioni indegne, figlie di un dibattito politico che ha perso di vista l’aspetto fondamentale: le persone trans sono un bersaglio sociale, colpite quotidianamente da un odio feroce. La transfobia getta le persone in una spirale di solitudine e marginalizzazione, le espone alla violenza e a volte le uccide”.
Sul caso è intervenuto anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, che ha scritto un messaggio in ricordo della professoressa: “Una storia di sofferenza”, si legge in un post su Facebook, “emarginazione, diritti negati e solitudine che nessuno è stato in grado né di capire, né di risolvere attraverso il sostegno e la comprensione di cui Cloe aveva chiaramente bisogno. Una storia terribile che impegna ognuno di noi a non voltarsi dall’altra parte e a lavorare per costruire un Paese realmente inclusivo e senza pregiudizi. Perché ognuno si senta libero di esprimere la propria sessualità e la propria affettività pienamente e senza alcuno stigma. Le mie condoglianze a tutte le persone che le volevano bene”. In ricordo della professoressa hanno parlato anche I Sentinelli di Roma: “Lo scheletro di un camper divorato dal fuoco in mezzo a un bosco”, si legge. “È tutto ciò che rimane di di Cloe Bianco, la professoressa che si è uccisa dando fuoco al suo camper per le continue minacce e violenze subite in quanto donna transgender. Per lo stesso motivo era stata allontanata dall’insegnamento e lavorava nella segreteria della scuola. Ancora una vittima della nostra società, una vittima il cui sangue è sulle mani dei politici che hanno impedito una legge contro le violenze e le discriminazioni contro le persone transgender”. Secondo l’Agenzia europea per i diritti fondamentali, le persone transgender “sono ad alto rischio di cattiva salute psicofisica. Molte hanno pensieri suicidi, soffrono di depressione, ansia e autolesionismo, e tentano persino il suicidio”. In un sondaggio del 2015 “due intervistati trans su cinque, ossia il 39 %, hanno cercato assistenza medica o psicologica in relazione alle esigenze della loro identità di genere”.
Se hai bisogno di aiuto o conosci qualcuno che potrebbe averne bisogno, ricordati che esiste Telefono amico Italia (0223272327), un servizio di ascolto attivo ogni giorno dalle 10 alle 24 da contattare in caso di solitudine, angoscia, tristezza, sconforto e rabbia. Per ricevere aiuto si può chiamare anche il 112, numero unico di emergenza. O contattare i volontari della onlus Samaritans allo 0677208977 (operativi tutti i giorni dalle ore 13 alle 22). Esistono inoltre sul territorio nazionale numerose realtà che offrono un ascolto e supporto psicologico alle persone Lgbtqi+. Qui è possibile consultare l’elenco completo delle linee amiche