L'ANALISI DELLE LISTE - Cifra per cifra tutti i risultati delle elezioni nel capoluogo e nei centri principali dell'isola. Il partito di Giorgia Meloni è il primo della coalizione ovunque tranne che a Palermo, dove i berlusconiani sono tornati a essere forti anche se arrivano dietro al Pd. La Lega festeggia a Messina, mentre i 5 stelle ottengono meno di quanto sperato un po' ovunque
Il ritorno di Totò Cuffaro, che non può personalmente ricoprire incarichi elettivi (è interdetto dai pubblici uffici) ma porta la sua lista in consiglio comuale. E poi il flop dei 5 stelle, l’ottimo risultato del Pd e il boom di Fdi e Forza Italia. E’ questo il quadro delle amministrative di Palermo, vinte da Roberto Lagalla al primo turno. Il candidato del centrodestra ha ottenuto alla fine il 48% dei voti, con lo sfidante di centrosinistra – Franco Miceli – inchiodato sotto il 30%. Terzo in classifica Fabrizio Ferrandelli, candidato di Azione, col 14%. Sotto la soglia di sbarramento restano tutti gli altri candidati, compresa Giuseppa Barbera, candidata di Potere al popolo che ottiene il 4,3%.
I voti per i candidati agli arresti – “Qualche voto là, qualche voto qua lo prendiamo?” chiedeva Francesco Lombardo, candidato in fratelli d’Italia al consiglio comunale di Palermo: Alla fine ne ha presi 160, nonostante sia stato arrestato per scambio politico mafioso due giorni prima delle elezioni. Ben 160 elettori, però, hanno comunque scritto il suo nome sulla scheda, mettendo una croce sul simbolo di Fratelli d’Italia. La dda di Palermo aveva chiesto l’arresto di Lombardo perché gli uomini della Mobile avevano ascoltato una conversazione tra l’aspirante consigliere comunale e il boss di Corso dei Mille, Vincenzo Vella. Lombardo chiedeva “una ventina di voti”. Ne ha presi comunque pochissime, perché per “acchianare”- cioè per essere eletto – “ce ne vogliono da mille e trecento a mille e quattro… stiamo lavorando al mercato”, come diceva lui stesso al boss. “Li prendi” rispondeva Vella. Non è andata così. Di voti ne ha presi ancora meno Pietro Polizzi: solo 55 le preferenze per il candidato di Forza Italia arrestato due giorni prima di Lombardo, sempre con l’accusa di scambio politico-mafioso. “Se sono potente io, siete potenti voialtri”, diceva lui parlando con Agostino Sansone, uno dei fratelli conosciuti perché molto vicini a Totò Riina. Polizzi dopo l’arresto ha dichiarato che si sarebbe ritirato (solo a livello informale perché formalmente era troppo tardi). Ha rinunciato anche Adelaide Mazzarino, la moglie del vicedirettore dell’Azienda siciliana trasporti, Eusebio Dalì, candidata in ticket con Polizzi: “Con mio zio Eusebio ho fatto un sacco di cose all’Ast, quando hai bisogno… il contratto… la moglie è candidata di Micciché… a lei devi votare”. Nonostante il ritiro domenica Mazzarino ha incassato lo stesso 142 voti.
I voti agli “impresentabili”- Erano quattro invece gli “impresentabili” a Palermo, secondo dalla commissione Antimafia presieduta da Nicola Morra. Giuseppe Lupo, il capogruppo del Pd all’Ars, ha incassato domenica 1359 voti: è il terzo dei votati tra i dem e nei suoi confronti è stata emesso decreto di rinvio a giudizio per corruzione, è in corso il dibattimento. Il lombardiano Totò Lentini ne ha presi invece 741, ed è secondo nella lista Alleanza per Palermo: pochi voti quello che era capolista e che durante la corsa elettorale era stato perfino candidato sindaco per poi ritrovarsi costretto a ritirarsi. Per Lentini è stata emesso decreto di rinvio a giudizio per tentata concussione, è in corso il dibattimento. Solo 234 preferenze invece per Francesco La Mantia, nella lista di Noi con l’Italia che fa capo a Maurizio Lupi: è stato condannato in primo e secondo grado per riciclaggio, poi la cassazione ha annullato con rinvio alla corte d’appello.
Il ritorno di Vasa Vasa – Vince la sua scommessa, invece, Totò Cuffaro. L’ex presidente della Regione, tornato in politica dopo avere passato 5 anni a Rebibbia per favoreggiamento alla mafia, ha presentato una lista del suo movimento, che si chiama Nuova democrazia cristiana. “Se non raggiungerò la soglia di sbarramento, non continuerò a fare politica”, aveva detto alla vigilia. Un invito al voto premiato dagli elettori: la nuova Dc ha incassato il 5,6 per cento superando la soglia di sbarramento A Messina, invece, il risultato è deludente: 1,70% quando mancano allo spoglio 85 sezioni su 253 (spoglio paralizzato da ore, quando si scrive). Va meglio in comuni minori, come a Aci Catena dove incassa il 6,61 per cento. O a Niscemi dove ottiene il 9,51, ma assieme a Noi con l’Italia, di Maurizio Lupi.
Il botto di Forza Italia – Forza Italia è secondo partito a Palermo, dopo aver detenuto il primato per quasi 24 ore, viene superata infine dal Pd. Ma è il miglior risultato della coalizione di centrodestra a Palermo, con 11,37% . Gianfranco Micciché pensa già alle Regionali: “Non ci sono dubbi che Nello Musumeci debba fare un passo indietro”, dice appena arrivato al comitato elettorale del neo sindaco Lagalla. Forza Italia perde però a Cefalù, dove schierava l’ex sottosegretaria Simona Vicari, già prima cittadina per dieci anni in passato: è stata sconfitta da Daniele Tumminello, candidato del Pd e M5s (che qui non hanno il simbolo). Non va benissimo neanche nell’altra città più popolosa della Sicilia: a Messina il partito di Silvio Berlusconi supera di pochissimo la soglia di sbarramento (sebbene il dato sia ancora parziale) ottenendo il peggiore risultato della coalizione. Arriva dietro Fratelli d’Italia anche ad Avola, con l’8,37, ovvero quasi un punto sotto al partito di Giorgia Meloni che lì ottiene il 9.34.
Renziani in consiglio col centrodestra (ma senza simbolo) – A Palermo Matteo Renzi era partito prima di chiunque altro, annunciando il suo candidato alla guida della città già a novembre. A Natale i manifesti di Davide Faraone campeggiavano senza rivali nel capoluogo siciliano. Poi però il pasticcio: il ritiro di Faraone in favore di Lagalla, che dopo alcune settimane è diventato il candidato di tutto il centrodestra unito. Ecco perché a Palermo i renziani hanno preferito correre senza il simbolo di Italia Viva, ottenendo l’elezione di 4 consiglieri comunali. C’è il simbolo di Italia Viva, assieme a quello del Psi, a Scicli, dove supera la soglia di sbarramento con il 5,93. Va peggio ad Avola, dove insieme a Sicilia Futura incassa solo il 2,53.
Fdi primo partito del centrodestra (ma non a Palermo) – Fdi resta dietro Forza Italia a Palermo, ottenendo il 10.21. È in prima fila, invece, a Messina dove raccoglie più degli altri due partiti del centrodestra: Fdi 8.63, FI 5.02, Prima L’Italia (cioè la Lega) 5.32. Ma sullo Stretto perde assieme a Forza Italia, mentre è Matteo Salvini ad incassare la vittoria, dopo avere deciso di non correre assieme alla coalizione in sostegno di Maurizio Croce. Il Carroccio a Messina ha appoggiato, invece, il candidato di Cateno De Luca, che ha vinto al primo turno. A Niscemi, Fratelli d’Italia è avanti col 9.30, mentre ad Avola supera di un punto su Fi: 9.34 il partito di Meloni, contro 8.37 quello di Berlusconi. Si piazza avanti pure a Paternò, dove stacca i leghisti di quasi sei punti.
Pd primo partito a Palermo – È il Partito democratico il primo partito a Palermo con l’11.48. Un testa a testa con Forza Italia che alla fine si risolve a favore dei dem. Un ottimo risultato che però non viene replicato a Messina dove il Pd arriva solo al 7.25 per cento. Nei comuni minori, i dem fanno solo il 4.29 per cento a Scordia, non superando la soglia di sbarramento, e piazzandosi dietro al M5s che nel comune catanese ottiene il 7,78%. Il Pd va meglio a Sciacca dove incassa il 9,21, poco dietro Fdi che ottiene il 9.72. Non raggiunge la soglia di sbarramento neanche a Scicli, dove si ferma al 3.79. Va meglio ad Acicatena col 6.67, a Niscemi il 7,86. Tonfo, invece ad Avola dove non superno la soglia di sbarramento, arrivando soltanto al 3,50.
Salvini festeggia solo a Messina – Sembrava non dovesse arrivare neanche alla soglia di sbarramento il partito di Matteo Salvini nel capoluogo. Lo supera, invece, anche se di poco: il 5,12% basta per entrare in consiglio con due candidati, che sono Sabrina Figuccia e Marianna Caronia (quest’ultima entrata, poi uscita, poi rientrata nella Lega, nell’ultimo anno). Dal consiglio resta fuori, invece, un leghista della prima ora,almeno per le latitudini palermitane: l’ex grillino Igor Gelarda prende solo 767 voti. Per la Lega va senza dubbio meglio a Messina, dove a creare la lista sono stati la coordinatrice provinciale Daniela Bruno e il deputato Nino Germanà: “A Palermo c’erano invece i consiglieri regionali che si spendevano in prima persona. Noi solo in due”, sottolinea Bruno. È stata lei a spalleggiare subito la scelta di Germanà di sostenere il candidato di De Luca e rompere così la coalizione di centrodestra. Aveva provato a fermarli il coordinatore regionale, Nino Minardo. Ma Salvini ha dato ragione ai messinesi, incassando l’unica vera vittoria in Sicilia. Tra i comuni minori, però, Prima l’Italia, sbanca anche ad Aci Catena, dove è forte l’ex renziano, Luca Sammartino. Va bene anche a Paternò dove prende il 7,31 e dove correva separatamente dal resto del centrodestra ma resta dietro Fdi che invece ottiene il 13.26.
Il flop dei 5 stelle – Un vero e proprio flop a Messina per i 5 stelle, che non superano la soglia di sbarramento, nonostante a capo della lista ci fosse Valentina Zafarana, consigliera regionale al secondo mandato. Ma è una sconfitta anche a Palermo, dove nonostante il bagno di folla di Giuseppe Conte, il M5s ottiene soltanto il 6,52 per cento. Un risultato molto inferiore alle attese che ora potrebbe essere il pretesto per una resa di conti interna. Il simbolo del M5s era presente pure in centri minori come Sciacca, dove con l’8,99 %) resta dietro al Pd, a Scordia (7,78), dove arriva davanti ai dem, e a Scicli dove il Movimento resta molto sotto la soglia di sbarramento, ottenendo soltanto 154 voti (1.41). Seppur senza simbolo, tutto il gruppo del M5s di Cefalù ha sostenuto il candidato del Pd Tumminello, eletto sindaco.