Una siccità, battezzata come “irripetibile” dai media, sta disseppellendo i cadaveri. Irripetibile è l’aggettivo più usato da giornali e tv, nel senso che un essere umano la sperimenta una sola volta nella vita. Ma questa non è la principale preoccupazione della gente, perché ciò che la inquieta è il prosciugamento del grande invaso che alimenta la vita di milioni di persone. E il disastro avviene a una scala spaziale straordinariamente vasta, giacché colpisce una regione immensa, popolosa, ricca. Il livello dell’acqua è così basso da fare emergere i corpi delle vittime di omicidi di decenni fa, un tempo nascosti in profondità. Mai stato così basso negli ultimi 85 anni, quando il fiume fu sbarrato dalla diga (vedi Figura 1).

Una delle vittime, ferita da un’arma da fuoco, era stata chiusa in una botte, forse pensando che lì, sul fondo del lago, sarebbe rimasta invisibile per sempre. L’omicida, forse, non aveva letto il romanzo di Raymond Chandler o l’assassinio avvenne prima che Raymond lo pubblicasse. Se il lago continuerà a restringersi, arriverà presto alla cosiddetta “quota morta”, un livello idrico così basso da non consentire più lo scarico a gravità. Il volume morto si potrebbe sfruttare solo con il pompaggio: addio alla produzione idroelettrica e addio al riuso a valle delle acque turbinate, irriguo e perfino civile. Se tre quarti delle acque regolate dal lago sono indispensabili all’agricoltura, il loro uso potabile è comunque critico. Non è uno scenario europeo, tanto meno italiano.

L’invaso in crisi è il Lago Mead, il più grande invaso artificiale degli Stati Uniti. È creato dalla diga di Hoover, che sbarra il fiume Colorado nel Black Canyon, in Arizona. Fu inaugurata il 30 settembre 1935 dal presidente Roosevelt. Questa grande opera, forse il mito più concreto del New deal, fu progettata e costruita in meno di cinque anni per fare fronte alla Grande depressione, fornendo energia elettrica a basso costo all’industria americana. Senza l’acqua del Colorado, regolato da un fitto sistema di dighe, la regione sarebbe estremamente arida. Grandi città come Las Vegas (Nevada) e Phoenix e Tucson (Arizona) non avrebbero potuto svilupparsi senza la regolazione delle acque del grande fiume. Durante il mio primo viaggio in California, nei primi anni ’70 del secolo scorso, mi resi conto come, da quelle parti, l’acqua potabile sia una risorsa limitata; talora in aperta guerra con la domanda irrigua e industriale. E ricordo che ovunque ci si imbatteva in accorati appelli al risparmio. La crisi del Colorado colpirà anche lì. L’acquedotto del Colorado alimenta l’enorme area metropolitana di Los Angeles.

E il canale All-American trasporta dal bacino Atlantico a quello Pacifico le acque irrigue indispensabili alla valle Imperial, sempre nella California meridionale: una zona desertica convertita in una regione agricola molto produttiva. Se alcune zone di Los Angeles già oggi soffrono per il razionamento idrico, a un livello del 35 percento, anche lo stato più ricco e popoloso d’America potrebbe soffrire, e molto. La California è già colpita da una severa e prolungata, ricorrente siccità; e l’attuale situazione potrebbe avvicinare la siccità del 2012, che alcuni studiosi dell’epoca decretarono la peggiore degli ultimi mille anni. Sul fronte dell’acqua, il mondo non attende tranquillo l’estate del 2022. La situazione attuale è assai critica in gran parte del globo, come mostra il monitoraggio satellitare che consente la mosaicatura dell’indice Spei, grossolano ma significativo, poiché combina i dati di precipitazione con quelli di evapotraspirazione (vedi Figura 2).

Le siccità sono eventi eccezionali, ma non proprio “eccezionali veramente” come piace ripetere ai giornali e si sente sbrodolare nei talk show. E il fatto che possiamo usare il verbo “ripetere” la dice lunga. L’Indice Standardizzato Precipitazione-Evapotranspirazione, appunto Spei, aiuta a confrontare la gravità della siccità nel tempo e nello spazio, con il vantaggio cruciale – rispetto ad altri indici di siccità – di identificare in modo semplice e multiscalare i diversi tipi di siccità e il loro impatto nel contesto del riscaldamento globale. Se valutato su un lungo orizzonte temporale, per esempio quattro anni, lo Spei aggiornato a oggi mostra la preoccupante profondità della crisi che molte aree del pianeta stanno vivendo (vedi Figura 3).

Bisogna ricordare la lezione biblica, Genesi 41? Nel 1977, anno della peggiore siccità europea del XX secolo, chi aveva discusso una tesi sul rischio alluvionale, come il vostro blogger, fu giocoforza costretto a pubblicare i primi lavori scientifici sulla previsione statistica delle siccità e delle magre, nonché sui criteri ottimali di gestione del razionamento idrico, sulla dinamica tra prezzi e consumi e sui livelli di sopportazione degli utenti. Forte dell’esperienza sui pesanti razionamenti genovesi del 1977, so che non bastano i modelli matematici a dettare le soluzioni, per quanto li abbia studiati allora con l’entusiasmo del novizio. Serve la politica. Nel 1977, scegliere tra cittadini, acciaio e navi alla fonda non fu facile, ma fu fatto con coraggio, coniugando il ragionamento scientifico con quello sociale, non sempre quantificabile. Nell’estate alle porte, se l’emergenza idrica colpirà anche l’Italia, basterà il tavolo tecnico?

E la nostra, originale e prodigiosa invenzione, consolidatasi nel nuovo millennio: l’ormai tradizionale tavolo dove gli amministratori nazionali e locali siedono a fianco degli esperti di regime, con l’orecchio teso al contributo di rabdomanti, pseudo-divulgatori ascientifici, conduttori televisivi. Nel 2007 bastò, poiché il tavolo funzionò da vero e proprio stregone della pioggia, che cadde miracolosamente copiosa nello stesso giorno della prima riunione attorno alla bella tavolata.

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