La Corte di Cassazione ha confermato le 4 condanne all’ergastolo emesse nel processo bis per la strage di Capaci per Salvatore Madonia, Lorenzo Tinnirello, Giorgio Pizzo e Cosimo Lo Nigro. Una sentenza attesa per tutta la giornata e con la quale l’accusa, nella persona del sostituto procuratore generale di Cassazione, Lelia Cardia, sperava anche in un nuovo rinvio in appello per Vittorio Tutino. Ma per quest’ultimo è invece arrivata l’assoluzione in via definitiva.
Gli ermellini si sono ritirati in camera di consiglio nel pomeriggio e la decisione è stata ufficializzata solo dopo le 20. I supremi giudici erano chiamati a decidere se confermare o meno la sentenza della Corte d’assise d’appello di Caltanissetta, emessa nel luglio 2020, che ha condannato alla pena più alta Madonia, Pizzo, Lo Nigro e Tinnirello e ha assolto Tutino. Il processo Capaci bis è il nuovo procedimento sulla strage in cui venne ucciso Giovanni Falcone, quello nato dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza.
Secondo l’accusa, gli imputati hanno svolto un ruolo fondamentale sia nella fase organizzativa dell’attentato che nel reperimento dell’esplosivo piazzato sull’autostrada il 23 maggio del 1992, quando vennero uccisi il giudice, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta: Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo.
La Pg Cardia ha sottolineato che il botto di Capaci faceva parte della strategia stragista unitaria di Cosa nostra. “L’assoluzione di Tutino – ha sostenuto – segue un percorso tutto di facciata” nel quale “è mancata l’analisi delle emergenze processuali” che indicano Tutino “come uomo di fiducia di Graviano, soldato di mafia attivo in un programma eversivo unitario”. Ad avviso della pg , il verdetto di appello dei giudici di Caltanissetta “è ondivago sulla valutazione di Spatuzza e non valorizza il fatto che Tutino era nel gruppo di fuoco”. Secondo Cardia, poi, la sentenza d’appello “evidenzia una totale caduta di logicità nel metodo utilizzato dalla Corte di merito”. Quindi ha sostenuto che un nuovo appello per Tutino “lo dobbiamo alle vittime” che ha ricordato una per una con il nome e il cognome.