Le commissioni Economia e Ambiente del Parlamento Europeo si oppongono all’inclusione di nucleare e gas nella Tassonomia verde, la lista delle attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale. La proposta era contenuta nel secondo atto delegato della Tassonomia, presentato pubblicamente a febbraio 2022 dalla Commissione Ue e contro cui eurodeputati di cinque gruppi politici (Verdi europei, Ppe, Sinistra, S&D e Renew) hanno presentato la mozione di rigetto votata oggi. Il documento è passato con 76 voti favorevoli, 62 contrari e 4 astenuti. Così come la Commissione guidata da Ursula Von der Leyen, anche gli eurodeputati riconoscono il ruolo che nucleare e gas potranno giocare nella transizione verso un’economia sostenibile, ma ritengono che gli standard tecnici proposti nel regolamento delegato non rispettino i criteri fissati nell’articolo 3 del regolamento sulla Tassonomia. Non solo: chiedono anche che qualsiasi nuovo atto delegato sia soggetto a consultazione pubblica e valutazione di impatto, vista la sua rilevanza economica, ambientale e sociale. La risoluzione, ora, sarà votata nella plenaria che si svolgerà dal 4 al 7 luglio. Per confermare questa scelta e bocciare l’atto delegato occorrerà la maggioranza assoluta, ossia il voto contrario di 353 eurodeputati. E questo costringerebbe l’esecutivo Ue a ritirare o emendare la sua proposta.
Le reazioni dopo il voto
Tra le prime reazioni, quella di Christophe Hansen, deputato lussemburghese del Partito popolare europeo che ha condiviso la firma della mozione, tra gli altri, insieme a Verdi europei e Sinistra. “Per noi non è accettabile definire gas e nucleare come sostenibili e consentire ai finanziamenti verdi del futuro di investire su quei progetti” ha detto Hansen, secondo cui “questo non significa che non avremo bisogno, nei prossimi anni, di gas e nucleare”. Una posizione raggiunta chiaramente anche alla luce della situazione geopolitica e della necessità di non rafforzare la Russia. “L’etichetta di sostenibilità per investimenti in gas e nucleare rischia di dirottare miliardi di euro da rinnovabili ed efficienza energetica verso fonti di energia inquinanti, costose e pericolose – ha ricordato, a riguardo, Eleonora Evi, co-portavoce nazionale di Europa Verde – non solo mettendo a repentaglio il raggiungimento dei obiettivi climatici, ma rendendoci ancora più sottomessi alla dipendenza da importazioni da paesi come la Russia”. Sulla stessa linea anche gli europarlamentari del Movimento 5 Stelle, Fabio Massimo Castaldo e Laura Ferrara: “Inserire il gas nella tassonomia è inoltre un regalo a Putin e alle lobby delle fonti fossili che proprio adesso non possiamo permetterci”. E annunciano che alla plenaria di luglio “il Movimento 5 Stelle voterà in modo convinto per confermare il voto di oggi e per difendere la transizione ambientale che si basa su energie rinnovabili e non su nucleare e gas”.
La Russia potrebbe guadagnare 4 miliardi di euro in più all’anno
Nel maggio scorso, di fatto, Greenpeace Francia ha pubblicato una dettagliata indagine che ha rivelato quanto denaro le aziende russe legate al regime possano guadagnare dai piani della Commissione europea e come abbiano utilizzato filiali e lobbisti per influenzare la decisione di aggiungere gas e nucleare alla tassonomia dell’Ue. Secondo il rapporto, la Russia potrebbe guadagnare 4 miliardi di euro in più all’anno da un’espansione della capacità di gas allineata alla Tassonomia, per un totale di 32 miliardi di euro entro il 2030, mentre l’inclusione dell’energia nucleare nella tassonomia consentirebbe a Rosatom, una società statale russa società nucleare con forti legami commerciali con l’industria nucleare europea, per assicurarsi una quota di circa 500 miliardi di euro di potenziali investimenti in nuove capacità nucleari dell’Ue. “Gli eurodeputati si sono schierati oggi al fianco dell’Ucraina, votando per non alimentare più con altri soldi la macchina da guerra di Putin e per non peggiorare la crisi climatica” ha commentato Ariadna Rodrigo, campagna finanza sostenibile di Greenpeace Ue.
Gli standard bocciati dagli europarlamentari europei
Ma quali sono gli standard che non convincono i deputati Ue e che, a dire il vero, non hanno convinto neppure diversi commissari europei? Basti ricordare l’assenza dello stesso vicepresidente dell’esecutivo europeo, il laburista olandese con delega al Green Deal, Frans Timmermans, alla conferenza di presentazione del secondo atto delegato. Per capirlo occorre fare qualche passo indietro e tornare al primo atto delegato sulla Tassonomia (approvato a dicembre 2021), che stabiliva un limite alle emissioni di CO2 per le attività energetiche di 100 grammi CO2e/kWh (considerando le emissioni dirette e indirette), sospendendo la decisione su gas e nucleare. Per quanto riguarda il gas, già la bozza del secondo atto, circolata sempre a dicembre 2021, stabiliva che i nuovi progetti per impianti dovessero essere approvati entro il 31 dicembre 2030, ma introduceva “alternative” rispetto al limite dei 100 grammi CO2e/kWh (difficile da rispettare, senza l’utilizzo delle tecnologie di cattura e stoccaggio di CO2), dando così il via libera a centrali con un limite di emissioni di 270 grammi di CO2 equivalente per kWh (ma calcolando solo quelle dirette ed escludendo, invece, quelle che si producono durante tutto il ciclo di vita e le perdite) e agli impianti che emettono sotto i 550 chilogrammi di CO2 equivalenti per kW di potenza installata, in media, nei prossimi 20 anni.
Le scorciatoie per i giganti del fossile
Ma se quella bozza prevedeva che un nuovo impianto a gas potesse sostituire uno più inquinante, abbattendo del 55% il tasso emissivo per kWh di output, nel documento finale si chiede di calcolare quel 55% sull’intera durata di vita della centrale. Infine, altro punto critico, la possibilità di sostituire gradualmente il gas fossile, come carburante della centrale, con un altro carburante a bassa intensità di carbonio, come biogas o idrogeno. Ma se la bozza prevedeva step intermedi, nell’atto delegato conclusivo si fa riferimento solo al target finale, con il passaggio totale a gas rinnovabili o a basse emissioni entro il 31 dicembre 2035. Per quanto riguarda il nucleare, l’atto delegato dà il via libera a progetti realizzati entro il 2045 per cui si dimostri di avere un impianto di smaltimento delle scorie operativo entro il 2050 e a condizione che si rispettino i più alti standard di sicurezza, imposti dai trattati internazionali. La Commissione Ue ha spiegato che, proprio sul fronte scorie, è stata inserita una clausola di revisione, in base alla quale ogni tre anni occorrerà riesaminare i criteri da adottare. Forse più intricata la questione relativa al gas.