Il tribunale di Arezzo ha assolto perchè “il fatto non sussiste” i 14 imputati a processo per il crac di Banca Etruria del 2015 nel filone sulle cosiddette “consulenze d’oro“. La sentenza è stata pronunciata dalla giudice Ada Grignani dopo una breve camera di consiglio, durata meno di un’ora. La Procura aveva chiesto, per il reato di bancarotta colposa, condanne dagli otto mesi a un anno nei confronti degli ex consiglieri d’amministrazione e ex dirigenti dell’istituto di credito aretino, tra cui Pier Luigi Boschi (il padre dell’ex ministra e deputata di Italia Viva Maria Elena) all’epoca vicepresidente di Etruria. “Il mio assistito ha sempre creduto nella giustizia nella convinzione di non aver fatto mai nulla di male e ha dovuto subire comunque questa prova”, commenta all’AdnKronos il suo difensore Gildo Ursini, che ricorda come con questo verdetto Boschi senior abbia “chiuso tutte le pendenze legate alle vicende di Banca Etruria”. Boschi e altri quattro dirigenti erano già stati prosciolti a ottobre 2019 dall’accusa più grave, quella di bancarotta fraudolenta.
Il filone riguarda gli incarichi di consulenza affidati a società e professionisti per un’eventuale fusione della banca con la Popolare di Vicenza, che secondo l’accusa furono “inutili e ripetitive” e contribuirono ad aggravare il già precario bilancio dell’istituto per un totale di 4,3 milioni di euro. Si trattava di incarichi a società specializzate per analizzare la situazione e successivamente avviare il processo di fusione, così suddivisi: 1,9 milioni per la consulenza della società Bain&Co, 532mila euro per un incarico di due mesi a Mediobanca, advisor del processo di aggregazione, e ancora per gli studi professionali Franzo Grande Stevens di Torino, a cui andarono 824 mila euro, lo studio romano De Gravio e Zoppini per 800 mila, e altre 200mila euro per lo studio Camuzzi, Portale e De Marco. Per i legali degli imputati gli affidamenti non furono “operazioni imprudenti, piuttosto un’azione doverosa rispetto a quanto chiesto da Banca d’Italia”, e per questo i vertici di Etruria si erano mossi affidando ai migliori advisor d’Italia le consulenze.
Per Boschi il sostituto procuratore Angela Masiello durante aveva chiesto la condanna a 12 mesi, così come per Luciano Nataloni, Claudia Bugno e Luigi Nannipieri. Di otto mesi invece la richiesta per Daniele Cabiati, Carlo Catanossi, Emanuele Cuccaro; di nove mesi per Alessandro Benocci, Claudia Bonollo, Anna Nocentini Lapini, Giovanni Grazzini, Alessandro Liberatori e Ilaria Tosti; di dieci mesi per Claudio Salini. Alla lettura della sentenza era presente il procuratore capo Roberto Rossi, che ha annunciato l’intenzione di proporre appello contro l’assoluzione. Le difese dei risparmiatori truffati si erano associate alle richieste di condanna del pubblico ministero, mentre gli avvocati degli imputati avevano chiesto l’assoluzione. L’ultima udienza si è aperta con le uniche repliche dell’avvocato di parte civile Lorenza Calvanese. Presenti in aula anche due ex risparmiatori danneggiati, Angelo Caramazza e Paola Cerini.
“Oggi ho pianto. Avevo giurato a me stessa che non avrei mai pianto per Banca Etruria. Oggi l’ho fatto. E non ho paura di ammetterlo in pubblico. Ho pianto come una bambina, in ufficio, alla Camera. Ho pianto perché mio padre è stato assolto dall’ultima accusa che gli veniva mossa su Banca Etruria. Con oggi si chiude un calvario lungo sette anni. E si chiude nell’unico modo possibile: con la certezza che mio padre era innocente”, scrive Maria Elena Boschi su Facebook. Mentre Matteo Renzi attacca: “Oggi molti avversari politici, ospiti dei talk, odiatori dovrebbero mettersi in fila e dire una cosa sola: scusa. Non lo faranno. Ma quello che è sempre più chiaro è che i mostri non eravamo noi. Un abbraccio a tutta la famiglia Boschi”.