Non ci sarà il simbolo della Regione Marche tra i tanti che sostengono il Marche Pride, la manifestazione che ogni anno richiama l’attenzione sui diritti della comunità LGBTQ+, e che quest’anno si terrà il 18 giugno a Pesaro dopo le due ultime edizioni limitate causa Covid. Il motivo? Secondo la Regione la manifestazione “presenta i caratteri di un evento politico, come testimoniato dal ‘documento politico’ allegato alla richiesta che descrive i principi sociali, culturali e soprattutto di valenza politica su cui si fonda l’evento stesso” e quindi, “è in contrasto con il punto 4.1 dell’allegato A della delibera 920/2018”. Un’etichetta che gli organizzatori respingono al mittente, sottolineando che il Marche Pride “non è un sindacato, un partito politico e tantomeno un movimento politico assimilabile (le categorie a cui viene negato il patrocinio secondo il regolamento regionale ndr.)” ma “un’iniziativa culturale e di civiltà” totalmente “in linea con quelli che sono i principi e con le finalità istituzionali” della giunta.
Il caso è arrivato anche in Consiglio regionale, sollevato dalla consigliera all’opposizione, la dem Manuela Bora. Proprio lei su Facebook aveva denunciato per prima il “no” al patrocinio: “Per la prima volta la Giunta regionale si rifiuta di concedere il patrocinio al Marche Pride – aveva scritto in un post del 9 giugno – Non c’è limite all’intolleranza e all’omofobia della destra marchigiana”. E dalle pagine del Resto del Carlino aveva invitato gli amministratori a “dire apertamente di essere omofobi”.
In Aula il 14 giugno Bora ha chiesto alla giunta se condividesse o meno il diniego al patrocinio, firmato dal segretario generale Mario Becchetti. “Nella documentazione di richiesta di patrimonio c’è un allegato definito ‘documento politico’ – ha spiegato quindi nella risposta l’assessore di Fratelli d’Italia Guido Castelli – che fa assumere al comitato Marche Pride i caratteri di un movimento di attivismo politico. Quindi la manifestazione non risulta patrocinabile per la sua essenza politica”. Castelli ha poi concluso il suo intervento augurandosi “a titolo personale” che durante l’evento “non ci siano episodi di blasfemia” perché “spero tanto che nostro Signore e la Madonna possano essere tenuti indenni da qualsiasi forma di esposizione impropria”.
La stessa manifestazione, però, nel 2019, quando già il regolamento sui patrocini era attivo aveva ricevuto il patrocinio senza problemi, come ha ricordato Bora nella controreplica in Consiglio. Per questo, si legge nella nota del comitato Marche Pride “è per noi evidente che le motivazioni non sono queste“. “Ci dispiace che la Giunta Regionale nasconda il suo pensiero dietro a delle scuse di natura tecnica – scrivono ancora gli organizzatori – Da parte di un’Istituzione così importante per noi avremmo preferito trasparenza ed onestà intellettuale“.
E anche il segretario generale di Arcigay Comunitas Ancona, Matteo Marchegiani, sentito dal Fattoquotidiano.it, parla di trasparenza: “Il loro è stato un pretesto, forse anche una sorta di uso scorretto del termine politico. È evidente che dietro questo diniego di natura tecnica ci sia la volontà di non dare il patrocinio a qualcosa che non appoggiano. Avrei preferito onestà intellettuale nel dire che non condividono questa visione del mondo e che quindi non concedono il patrocinio”. Secondo Marchegiani “è evidente che ci siano degli aspetti che possono essere definiti politici” ma nella normativa richiamata “non si fa riferimento” al divieto di concedere patrocini a “manifestazioni politiche, ma organizzate da partiti politici, movimenti o simili e noi non siamo nessuno di questi”.
“Perché speravamo nel patrocinio nonostante la giunta sia guidata da un esponente di Fratelli d’Italia? Ho iniziato ad avere speranza nel momento in cui ci sono arrivati i patrocini dalla Commissione pari opportunità delle Marche e dal Garante dei diritti della persona – ci spiega il segretario di Arcigay – Così come loro hanno visto il potere culturale di quello che c’era dietro, speravamo potesse vederlo anche la Regione”. Sulla frase di chiusura dell’intervento in Aula dell’assessore Castelli, Marchegiani conclude: “È stato un atto paternalistico fuori luogo. Il Pride è una manifestazione di tutte le persone che vi partecipano, è difficile controllarle del tutto. Dà fastidio che, dopo non aver concesso il patrocinio, e quindi non aver riconosciuto i valori, ci venga detto ‘non fate questo'”.
Gli assessori marchigiani e il presidente regionale Francesco Acquaroli, comunque, sono stati invitati al Pride. A farlo è stata la stessa dem Manuela Bora, al termine del suo intervento in Aula di martedì 14 giugno: “Per dimostrare che si tratta, impropriamente, di una questione tecnica, potete partecipare, anzi vi invito, al Marche Pride, e sostenere la sacrosanta richiesta di diritti che le persone che scendono in piazza reclamano per loro stesse e per la società”.
Twitter: @MartinaMilone92