Il Senato ha approvato uno per uno i 43 articoli della riforma del Consiglio superiore della magistratura e dell’ordinamento giudiziario, licenziata dalla Camera il 26 aprile scorso. Prima si era tenuta la discussione generale, mentre il voto sull’intero provvedimento è in programma per la seduta di giovedì mattina alle 9.30. L’Aula di palazzo Madama ha respinto i 152 emendamenti rimasti in piedi, tutti a firma della Lega e di Fratelli d’Italia, alcuni dei quali riprendevano i contenuti dei referendum flop sulla giustizia. Italia Viva invece ha accettato di ritirare i propri, che erano molto simili. Il governo, tramite il sottosegretario Francesco Paolo Sisto, ha espresso su tutte le proposte parere contrario. Ma il relatore, il leghista Andrea Ostellari, seguendo la linea del partito invece di quella dell’esecutivo, si è rimesso in tutti i casi al voto dell’assemblea, anche se il mandato era di esprimere parere contrario: per questo è stato aspramente criticato dalla capogruppo di Liberi e Uguali Loredana De Petris e da quella del Pd Simona Malpezzi. “Un comportamento grave che va stigmatizzato e che indica mancanza di rispetto nei confronti del Parlamento”, ha detto quest’ultima.
Il tentativo di blitz sulle cautelari – A metà seduta il gruppo della Lega ha chiesto e ottenuto di procedere a scrutinio segreto su una delle proposte in discussione. L’emendamento in questione, il 6.01, portava le firme di tutti i senatori leghisti in Commissione Giustizia (Pillon, Urraro, Pepe e Pellegrini). Non riguarda l’ordinamento giudiziario nè il Csm, bensì la procedura penale, e in particolare le misure cautelari: il testo infatti ricalca quello del referendum che avrebbe voluto impedire di applicarle per il rischio di reiterazione del reato. Trattandosi di una norma in materia di libertà personale, consente di chiedere il voto segreto. Nonostante l’estraneità all’oggetto del provvedimento, il presidente di turno – il leghista Roberto Calderoli – lo ha ammesso alla votazione, ma è stato bocciato con 136 voti contrari, 70 favorevoli e 9 astenuti. “In questo emendamento replichiamo il quesito del referendum. Quello che noi vogliamo è semplicemente evitare gli abusi della custodia cautelare per alcuni reati, quelli violenti sono esclusi”, ha detto in dichiarazione di voto la responsabile Giustizia della Lega Giulia Bongiorno. Il senatore Giuseppe Cucca ha annunciato l’astensione di Italia Viva. Ignazio La Russa invece ha comunicato che Fratelli d’Italia non avrebbe partecipato al voto, nonostante la posizione contraria, “per non dividere il centrodestra su questo tema”.
Iv ritira gli emendamenti, la Lega no – “Noi abbiamo proposto emendamenti in linea con i quesiti referendari. Se altri partiti vogliono una giustizia politicizzata voteranno contro i nostri emendamenti”, aveva detto in mattinata a Radio Anch’io su Rai Radio 1 il leader leghista Matteo Salvini. Per Italia Viva, Cucca ha invece dato l’ok al ritiro parlando di “altissimo senso di responsabilità”: “Ovviamente non significa approvazione del contenuto della riforma. Da parte nostra restano tutte le perplessità e non crediamo sarà possibile dare un voto favorevole”, ha precisato su Radio Leopolda. Il partito di Matteo Renzi infatti si era già astenuto nel voto alla Camera. Al termine della discussione generale in Aula, Cucca ha annunciato l’astensione di Iv su tutti gli emendamenti di Lega e Fratelli d’Italia, nonostante siano molto simili a quelli renziani. La ministra della Giustizia Marta Cartabia, che mercoledì è impegnata a Madrid dove riceverà un dottorato honoris causa, sarà presente giovedì mattina al Senato per il via libera definitivo della terza riforma che porta il suo nome, dopo quelle – già diventate legge – del processo civile e penale.
Il via libera in Commissione – Il provvedimento, frutto di estenuanti mediazioni tra i partiti di governo, prevede tra le altre cose la modifica del sistema elettorale dei membri togati del Csm, il limite a un solo cambio di funzioni tra giudice e pubblico ministero, una stretta sulle “porte girevoli” tra politica e magistratura e l’introduzione di un “fascicolo per la valutazione” dei magistrati con i dati statistici sulla produttività, l’accoglimento delle richieste (per i pm) e la conferma delle decisioni (per i giudici). Contro la riforma l’Associazione nazionale dei magistrati ha scioperato lunedì 16 maggio. Martedì in tarda serata la Commissione Giustizia ha dato il via libera alla riforma nel testo approvato dalla Camera: non si è concretizzato il pericolo di “sgambetti” al governo temuto in mattinata quando – nel corso del vertice convocato dalla ministra Marta Cartabia con i capigruppo di maggioranza in Commissione – Lega e Italia Viva si erano rifiutate di ritirare i propri emendamenti, rispettivamente 60 e 86. Le proposte di modifica, su cui il governo ha dato parere negativo, sono state respinte con 14 voti contro 10: a favore hanno votato leghisti, renziani e opposizioni, contrari gli altri partiti di maggioranza. Le votazioni si erano svolte dalle 19 alle 23 e al termine era stato conferito il mandato al relatore.
Letta: “Ostruzionismo mina il governo” – Martedì si era temuto che la riforma potesse diventare il casus belli della Lega per mettere in difficoltà il governo sulla giustizia, come risposta al clamoroso flop dei referendum e al sorpasso di Fratelli d’Italia alle comunali. “Sono colpito dal fatto che la reazione della Lega rispetto a un referendum che ha voluto e ha perso, sia quella di continuare a rendere impossibile la riforma in Parlamento. Lo dico a presidente del Consiglio e al governo: se continua così, l’unico modo per fare la riforma sarà mettere la fiducia“, aveva attaccato il segretario Pd Enrico Letta a DiMartedì, su La7. E il giorno dopo ha aggiunto: “Portare l’ostruzionismo sulla giustizia vuol dire minare le basi della convivenza stessa del governo, è un atteggiamento insostenibile”. Parole a cui il relatore Ostellari ha replicato affermando che “mettere la fiducia per imbavagliare i rappresentanti degli italiani sarebbe inaccettabile. Letta ha già perso tante battaglie, a partire da quella sul ddl Zan, perché al confronto ha preferito la prova di forza. Rispetti il Parlamento e accetti la discussione”. In realtà la strada della fiducia era stata già esclusa in partenza dal ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, anche perché sarebbe necessario porla su ciascuno dei 43 articoli di cui si compone il testo.
Il relatore Ostellari: “Serve più approfondimento” – “La Lega non ce l’ha con i giudici e nemmeno con il governo, e chiedo ai rappresentanti del Pd di smetterla di usare i provvedimenti per piantare bandierine ideologiche“, ha esordito il senatore Ostellari nella relazione sul testo in Aula. Venendo richiamato dalla presidente di turno, la dem Anna Rossomando, che gli ha ricordato come il suo ruolo, in quel momento, fosse di rappresentare l’intera maggioranza. “Chiediamo che quest’Aula non fugga di fronte agli interrogativi degli italiani e a quelli dei giudici che lavorano, che sono la grande maggioranza. Io da relatore chiedo che il Parlamento abbia il coraggio di guardare in faccia i problemi e di aumentare il livello di civiltà e di qualità della democrazia”, replica lui. “Sono importanti il dibattito, l’approfondimento e la possibilità di essere liberi nel nostro lavoro in Parlamento. E riforme come queste devono essere fatte non velocemente, ma bene. Credo che un surplus di approfondimento faccia bene a questa riforma, ai magistrati, ai cittadini e al futuro del nostro Paese”. “Non siamo contro la riforma Cartabia, ma ci sono delle criticità da superare. Abbiamo un’occasione storica che non deve essere sprecata, lo dobbiamo agli italiani”, ha ribadito il senatore leghista Pasquale Pepe.
M5S: “Grazie a noi stop alle porte girevoli” – “Questa non è la nostra riforma, perché il testo che giunge oggi nell’Aula del Senato segna passi indietro rispetto al più incisivo e coraggioso testo Bonafede (il testo base su cui sono intervenuti gli emendamenti governativi, ndr). Ma grazie alla caparbietà del M5S, sono presenti aspetti importanti, come lo stop alle cosiddette porte girevoli tra magistratura e politica”, ha detto il senatore grillino Marco Pellegrini, capogruppo in Commissione Antimafia. Tutti hanno il diritto di partecipare alle competizioni elettorali o avere ruoli di governo, anche i magistrati, ovviamente; ma se un magistrato entra in politica, quando finisce il suo mandato, non può tornare nelle aule dei tribunali e questo per garantire la terzietà e l’imparzialità di chi opera in questo settore così strategico. Altre restrizioni sono previste per quei magistrati che si candidano ma non vengono eletti. Non si capisce il comportamento della Lega che, dopo aver approvato questo testo alla Camera, ha deciso di mettere in scena una farsa in Commissione Giustizia al Senato, presentando emendamenti che avrebbero peggiorato di gran lunga questo testo, ottenendo una bocciatura”.