“Una cavolata commerciale”. Tom Hanks spara a zero contro “Il Codice Da Vinci” e la trilogia cinematografica tratta dai romanzi bestsellers di Dan Brown (Il Codice Da Vinci, appunto, e poi Angeli e Demoni e Inferno). Lo fa in un’intervista al New York Times in cui spiega che, pur non pentendosi di aver interpretato da protagonista le tre pellicole dirette da Ron Howard, è consapevole dei loro limiti. “Quella era un’impresa commerciale – ha ammesso l’attore 65enne -. Quelle storie di Robert Langdon sono cavolate. Il Codice Da Vinci era una cavolata. Sono divertenti cacce al tesoro, che raccontano la storia con la stessa accuratezza con cui i film di James Bond raccontano lo spionaggio”.
Hanks ha poi riconosciuto che quei film gli hanno permesso di guadagnare un sacco di soldi (si parla di 20-25 milioni di dollari l’uno) ma ha tenuto a rimarcare come i contenuti non siano affatto attendibili. “Dio benedica Dan Brown, ma lui dice ‘C’è questa scultura in questo posto a Parigi. No, sta in un altro punto. Vedi come si forma una croce su una mappa? Beh, una specie di croce…’ – ha continuato l’attore -. Sono come dei cruciverba. Tutto quello che abbiamo fatto è stato promettere uno svago. Non c’è niente di male nel fare del cinema commerciale, a patto che sia buono. Ma arrivati al terzo film, abbiamo avuto la prova che non fosse nemmeno tanto buono!”.
Quindi ha rivelato un aneddoto inedito: “Lasciate che vi racconti qualcos’altro de “Il Codice Da Vinci” – ha concluso Hanks – . Era il mio quarantesimo compleanno e stavamo girando al Louvre di notte. Mi sono cambiato i pantaloni davanti alla Gioconda e mi hanno portato la torta nel Salone Grande! Chi avrebbe potuto vivere quell’esperienza? Qualche cinismo? Diavolo, no!”.