Il garante del Movimento, nel bel mezzo dello scontro tra Conte e Di Maio, interviene per ribadire la sua posizione sul limite alle candidature. Intanto il ministro degli Esteri torna ad attaccare il presidente M5s
Non solo per Beppe Grillo la regola del tetto dei due mandati deve restare per chi si candida nel M5s, ma è “opportuno” estenderla il più possibile. A pochi giorni dal crollo del Movimento alle elezioni amministrative e nel pieno dello scontro tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, il garante e fondatore del Movimento torna a farsi sentire su uno dei temi più delicati in assoluto per i 5 stelle. Entro fine giugno infatti, gli iscritti saranno chiamati a esprimersi sulla necessità o meno di rivedere la norma interna, e tra le fila degli eletti è già scattato il panico: ufficialmente nessuno ha ancora preso posizione per la deroga (almeno non in maniera netta) e in coro la maggioranza difende “i principi originari”, ma tutti sperano che all’ultimo si trovi un escamotage per ripescare “i migliori”. L’ultimo ad aver usato parole ambigue è stato Luigi Di Maio che ha accusato il Movimento di “radicalizzarsi all’indietro”. Ecco che allora, in questo clima di tutti contro tutti, il post sul Blog di Beppe Grillo arriva come un macigno.
Che cosa ha scritto il garante – Per ribadire la sua posizione a favore della regola dei due mandati, Beppe Grillo ha riesumato la tecnica di citare “il Supremo”, ovvero “l’alter ego” che usava negli anni d’oro del Movimento per sottolineare il suo ruolo “superiore”. Il Supremo per Grillo è colui che interviene quando la situazione è molto confusa e “riporta l’ordine”. Nel lungo post di oggi, il fondatore parte in modo criptico parlando di “evoluzione” e poi, a conclusione del suo ragionamento, scrive: “Appare sempre più opportuno estendere l’applicazione delle regole che pongono un limite alla durata dei mandati. Queste regole hanno goduto di una certa fortuna in alcuni ambiti del settore pubblico, quali i giudici della Corte Costituzionale. Ma il limite alla durata dei mandati si giustifica anche nell’esigenza di porre un limite a un potere rilevante, come per esempio quello del Presidente degli Stati Uniti”.
Nel suo post Grillo sembra riferirsi proprio a Di Maio. L’ex comico parte da lontanissimo, ragionando sulla casualità dell’evoluzione, per sostenere che “sono più importanti le regole che favoriscono i cambiamenti di quelle che favoriscono le (vere o presunte) Grandi Visioni di (veri o sedicenti) Grandi Uomini. Fra queste regole ci sono quelle che favoriscono il ricambio dei gestori prima che le imprese collassino”. E prosegue: “Alcuni obiettano – soprattutto fra i gestori che si arroccano nel potere – che un limite alla durata dei mandati non costituisca sempre l’opzione migliore, in quanto imporrebbe di cambiare i gestori anche quando sono in gamba: “cavallo che vince non si cambia” sembrano invocare ebbri di retorica da ottimati. Ciò è ovviamente possibile, ma il dilemma può essere superato in altri modi, senza per questo privarsi di una regola la cui funzione è di prevenire il rischio di sclerosi del sistema di potere, se non di una sua deriva autoritaria, che è ben maggiore del sacrificio di qualche (vero o sedicente) Grande Uomo”.
Di Maio (di nuovo) contro Conte – Dopo il botta e risposta di ieri tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, oggi il ministro degli Esteri è tornato ad attaccare direttamente l’ex presidente del Consiglio. E i malumori, veri o presunti, sulla regola del doppio mandato, sono solo la punta di un Iceberg. “Siamo alla vigilia di un importante Consiglio Ue”, ha detto il titolare della Farnesina nel corso di un punto stampa, “noi faremo di tutto perché Draghi vada al tavolo con la massima forza e con la massima possibilità di rappresentare il Paese con una coalizione compatta. Leggo in queste ore che una parte di M5s vuole inserire nella risoluzione (al voto in Parlamento il 21 giugno, ndr) frasi e parole che disallineano l’Italia dalle sue alleanze storiche, la Nato, l’Ue e da quella che è la sua postura internazionale. Noi non siamo un Paese neutrale, siamo un Paese che ha alleanze storiche. Non diamo grande prova di maturità politica quando strumentalizziamo il presidente del Consiglio”. Sono più o meno le stesse accuse che Di Maio ha fatto ieri a Conte che oggi, intervistato da la Stampa, ha replicato dicendo: “Di Maio ha offeso tutti noi”. E il ministro degli Esteri ha controrisposto poco dopo, cercando di giustificare le sue posizioni: “Mi sono permesso semplicemente di porre dei temi per aprire un dibattito su questioni come la Nato, la guerra in Ucraina, la transizione ecologica e ho ricevuto insulti personali come quello che ho visto sui giornali stamattina. Temo che M5s rischi di diventare la forza politica dell’odio, una forza politica che nello statuto ha il rispetto della persona. Credo che dobbiamo parlare dei temi, il nostro elettorato è disorientato perché quando si pongono dei temi ci sono attacchi personali e questo non è assolutamente accettabile”.
I venti di scissione – Di una spaccatura insanabile nel Movimento, ormai si parla apertamente. E dopo anni di scissioni smentite e mai verificate, questa volta la situazione sembra senza ritorno. “In realtà, Di Maio si sta cacciando da solo“, ha detto proprio Conte sempre a la Stampa. Ma alle sue prossime mosse guardano in tanti: nei corridoi della Camera, c’è chi parla di un gruppo di parlamentari in attesa di capire le mosse del ministro degli Esteri e pronti a lasciare il M5s. Paiono decisivi i giorni che dividono dalla discussione sull’Ucraina, con le comunicazioni del presidente del consiglio a Camera e Senato. Per Di Maio il “disallineamento” ci sarebbe se ci fosse un “No” esplicito all’invio di nuove armi in Ucraina, come auspica l’area contiana. Se così fosse, potrebbe consumarsi lo strappo. “Come potremmo votarlo?”, chiedeva un deputato vicino a Di Maio. Le distanze sono anche sulla gestione del Movimento. “Mi sono permesso semplicemente di porre dei temi – ha detto Di Maio”. Tutto strumentale – ribattono i contiani – le posizioni del Movimento sono scolpite e condivise. Fra le truppe ostili a Conte, c’è chi accusa il presidente di scegliere solo fedelissimi per i ruoli di vertice, di non lasciare spazio né voce a quelle che nei partiti tradizionali si chiamerebbero semplicemente correnti. Ma nella guerra interna, a pesare soprattutto è l’avvicinarsi del 2023, con la scelta dei candidati alle prossime politiche. Insomma, la preoccupazione è sul futuro: dei parlamentari, dei leader e del Movimento stesso.