Il ministero dello Sviluppo Economico, denunciano le sigle Fai Cisl, Flai Cgil e Uila, nonostante le richieste non ha aperto un tavolo di crisi: per questo il “caso Lactalis” viene gestito dalle regioni Toscana e Calabria. I sindacati: "Chiusi a riccio, indisponibili a tutto. Vedere se ci sono margini per la riconversione". L'assessora della Regione Toscana Alessandra Nardini: "Salvaguardia occupazionale e continuità produttiva"
Dopo una lunga serie di annunci, scioperi, richieste di trattative, è ufficiale: la dirigenza del gruppo Lactalis, multinazionale francese proprietaria dell’azienda leader nella produzione e distribuzione di prodotti lattieri-caseari Nuova Castelli (ma anche di Galbani e Parmalat), ha confermato la decisione di chiudere i siti produttivi Alival di Nuova Castelli a Ponte Buggianese (Pistoia) e a Reggio Calabria, evidenziando anche la presenza di “esuberi” in un terzo stabilimento – sempre toscano – a Cinigiano, in provincia di Grosseto. A perdere il posto di lavoro, stimano i sindacati, saranno circa 165 persone, tra dipendenti diretti impiegati nelle aziende e altri lavoratori dell’indotto industriale legato alla filiera agroalimentare.
Il ministero dello Sviluppo Economico, denunciano le sigle Fai Cisl, Flai Cgil e Uila, nonostante le richieste non ha aperto un tavolo di crisi: per questo il “caso Lactalis” viene gestito dalle regioni Toscana e Calabria. Martedì 15 giugno si è svolto un incontro con la presenza di tutte le parti a Roma nella sede della Conferenza delle Regioni, convocato dall’assessora al Lavoro della Regione Toscana, Alessandra Nardini, e dalla vicepresidente della Calabria con delega al Lavoro, Giuseppina Princi. A Ilfattoquotidiano.it Nardini ha definito il tavolo “un po’ sui generis perché convocato da due diverse regioni e spiegato: “Abbiamo ribadito che per noi il tema è la salvaguardia occupazionale e la continuità produttiva. Ci siamo espressi, assieme ai sindacati, dicendo no ai licenziamenti e alla chiusura degli stabilimenti di Ponte Buggianese e Reggio Calabria”. Quindi la richiesta di cercare alternative alle scelte dell’azienda, per capire se “l’improduttività” che il gruppo francese attribuisce ai due siti “non possa essere affrontata in modo alternativo”. Lactalis, dal canto suo, è rimasta ferma sulla posizione precedente.
Le sigle sindacali avevano presentato già alla fine del mese di aprile una serie di proposte – mai accolte – volte a scongiurare la chiusura degli impianti industriali, chiedendo di trasferire nello stabilimento Alival nel Pistoiese alcune linee di produzione da altre aziende italiane del settore di proprietà del gruppo Lactalis, insieme alla realizzazione condivisa di un nuovo piano industriale. Il segretario Fai Cisl Toscana Nord Amedeo Sabato ha dichiarato a Ilfattoquotidiano.it che la multinazionale si è “chiusa a riccio rispetto alla propria decisione, non si è detta in alcun modo disposta a rivederla”. Il piano industriale rimane quello annunciato, inclusa la chiusura dei due stabilimenti. “Non possiamo accettare questa presa di posizione e vogliamo discutere per entrare nel merito delle questioni e vedere se ci sono margini per la riconversione dei siti interessati, o per nuovi investimenti oppure, ancora, se non sia possibile valutare l’entrata in campo di nuovi acquirenti”, ha aggiunto Sabato.
Ma visto che la dirigenza della multinazionale, commenta il segretario della Fai Cisl Toscana Nord, non si smuove dalle sue posizioni, le sigle sindacali hanno proclamato lo stato di agitazione e un nuovo sciopero il prossimo 27 giugno, che interesserà i due stabilimenti ritenuti “improduttivi” dal gruppo francese. “Quello su cui inoltre bisogna insistere con l’azienda – ha detto ancora il sindacalista – è una domanda ben precisa: sugli altri stabilimenti del gruppo ci sono investimenti? Perché se così non fosse tra qualche anno ci troveremo anche negli altri siti con lo stesso problema che hanno oggi quello di Ponte Buggianese e Reggio Calabria”. La multinazionale francese di proprietà della famiglia Besnier – Emmanuel Besnier, amministratore delegato, è conosciuto in Francia come “il miliardario invisibile” – nel 2020 ha registrato un fatturato annuo di 2,326 miliardi di euro, con un aumento del 5,9% sul 2019 e dell’11% sull’intero fatturato del comparto agroalimentare.