Ottanta candeline oggi, Paul McCartney è nella musica da quando ne aveva quindici: era infatti il 1957, l’anno in cui lui e John Lennon diedero vita ai Quarryman ai quali si aggiunsero George Harrison, Stuart Sutcliffe e Pete Best. In tour praticamente da sempre, Beatle Paul condivide con Andrew Webber la palma di musicista più ricco al mondo, secondo Forbes, stante un patrimonio personale pari a 1.2 miliardi di dollari oltre a un’infinità di record macinati in carriera, tra cui spiccano quello per il maggior numero di prime posizioni raggiunte in classifica e i 350.000 biglietti venduti per un solo concerto.
Tornato dal vivo dopo due anni perché costretto ai pit stop dalla pandemia, si è regalato non ultimo l’altro ieri la presenza sul palco di Jon Bon Jovi e Bruce Springsteen: entrambi ospiti dell’evento in programma al MetLife Stadium di East Rutherford, nel New Jersey. Pittore, poeta, sceneggiatore, produttore e attivista, il suo nome rimane indissolubilmente legato all’epopea musicale dei Beatles e a una carriera, solista, iniziata quando l’ultimo “Let It Be” doveva ancora raggiungere gli scaffali dei negozi di dischi.
Coadiuvato dalla moglie Linda, guadagna i favori del pubblico ma non della critica tornando al successo planetario, in band, anzitutto con il brano “Live And Let Die”: colonna sonora del primo James Bond interpretato da Roger Moore, le cui musiche furono curate (non è un caso) da George Martin. La scomparsa nel 1980 di John Lennon, e il timore di proseguire con le esibizioni dal vivo, portano allo scioglimento degli storici Wings ma anche a un intenso periodo di studio e registrazioni, nel quale rientrano i duetti con Stevie Wonder e Michael Jackson nonché le tante collaborazioni con Elvis Costello.
I Novanta sono invece il decennio della riscoperta e del ritorno: dall’amore, nuovo, per i vecchi standard del rock and roll, la destrutturazione sinfonica operata a partire da “Liverpool Oratotorio” in poi, l’Mtv Unplugged, passando per il progetto “Anthology”, il titolo di baronetto e, soprattutto, la scomparsa della sua sposa e musa. Nonostante non fosse il preferito di Kurt Cobain, nel 2012 si è tolto anche lo sfizio di prendere parte alla (quasi) reunion dei Nirvana avendo registrato con Dave Grohl, Krist Novoselic e Pat Smear il brano “Cut Me Some Slack”: inserito nel film-documentario “Sound City”.
“E’ l’uomo che ha inventato il mio lavoro”, ha detto Bono Vox parlando di lui, “Siete il primo ricordo che ho della musica nella mia vita”, ha aggiunto invece in riferimento ai Beatles. E per chi non è così? – verrebbe da domandarsi. Paul McCartney è memoria comune, ancor prima che ascolto condiviso. Esponente di spicco di epoche forse irripetibili, l’augurio, oggi, è che faccia parte del nostro presente per altri 80 di questi anni sperando continui, in studio e dal vivo, a riportarci nel passato con uno sguardo – com’è il suo – sempre rivolto al futuro. Prova ne è l’ultimo “III” (2020): ennesima dimostrazione, un po’ acida un po’ retrò, di un talento e una storia impareggiabili.