Il contadino peruviano Saúl Luciano Lliuya accusa la società per le sue responsabilità nel cambiamento climatico e le sue conseguenze sugli ecosistemi delle Ande. A Rwe si deve lo 0,47% delle emissioni storiche sulla Terra. L’azione potrebbe avere importanti risvolti per le azioni legali sull’ambiente in Italia e nel mondo. Per Sergio Cannavò di Legambiente: "È uno stimolo per la politica"
Un tribunale tedesco ha accettato la causa di un contadino peruviano contro la società tedesca Rwe. Il colosso dell’energia è sotto accusa per le sue responsabilità storiche nel cambiamento climatico. Secondo un report pubblicato da Greenpeace a marzo 2021, detiene il record europeo di emissioni di CO2, con ben 89 milioni di tonnellate. Ora il clima globale – secondo gli avvocati della Ong German Watch – potrebbe pagare le conseguenze delle sue politiche ambientali molto ridotte, con danni irreparabili a numerosi ecosistemi. Tra questi c’è anche quello lago Placacocha sulla Cordillera Blanca: ingrossato dallo scioglimento dei ghiacciai, rischia di esondare e di travolgere la cittadina di Huaraz e i suoi 50mila abitanti. Uno di loro, Saúl Luciano Lliuya, 41 anni, chiede quindi un risarcimento di 17 mila euro. Si tratta della prima causa ambientale che tenta di riequilibrare le ingiustizie sociali, causate dalle emissioni delle aziende private. E potrebbe avere conseguenze su numerose iniziative contro i giganti dei combustibili fossili nel mondo e in Italia. “La giustizia spesso sopperisce alle mancanze della politica – commenta Sergio Cannavò, Responsabile del centro di azione giuridica di Legambiente Lombardia ed esperto di azioni legali su inquinamento e ambiente – Al di là di risolvere alcune situazioni specifiche, cause come quella contro Rwe, anche se noi non siamo coinvolti in prima persona, possono essere uno stimolo ad affrontare certi temi” anche per i governi.
L’ispezione dei giudici tedeschi – Huaraz – nel nord del Perù – negli ultimi decenni ha subito numerose inondazioni. I costoni dei ghiacciai tropicali si staccano e innalzano il livello dei laghi della zona. Se le acque del Palcacocha uscissero dagli argini però gli effetti sarebbero molto più devastanti: innescherebbero frane e inondazioni che rischierebbero di cancellare completamente la cittadina sulle Ande. Il sistema di allarme precoce, introdotto dalle autorità locali, potrebbe non bastare. Negli ultimi anni si è ingrossato di 34 volte a causa del cambiamento climatico, secondo uno studio peer reviewed. Durante l’ultima ispezione, i giudici tedeschi di Hamm – che hanno accettato il caso nel 2017 – hanno confermato le responsabilità di Rwe nell’accelerare l’innalzamento delle temperature globali e i conseguenti eventi estremi. Solo nel 2019 – secondo Greenpeace – le sue centrali hanno emesso quasi il doppio rispetto alla media delle altre aziende elettriche (792 g/KWh). La compagnia tedesca è responsabile dello 0,47% di tutte le emissioni storiche della Terra. “Ci sono state altre cause simili, contro la mancanza di piani adeguati per contrastare la presenza nell’atmosfera di gas climalteranti in Francia e in Olanda” spiega Sergio Cannavò di Legambiente. Addirittura Amsterdam nel 2020 è stata obbligata dalla Corte Suprema a ridurre le emissioni del 25% rispetto ai livelli del 1990. Quella contro Rwe è però la prima a riconoscere ai privati un vero e proprio ruolo nel cambiamento climatico. In futuro – afferma Roda Verheyen, l’avvocato che rappresenta Saúl Luciano Lliuya – potrebbe essere un precedente importante per citare in giudizio altri giganti come Shell, Bp. O anche l’italiana Eni.
“Stimolo per la politica” – “Da noi la prima iniziativa legale per la tutela del clima è stata promossa da un gruppo di avvocati, ma non c’è ancora stato un pronunciamento” spiega ancora Cannavò. Le probabilità di successo rispetto ai casi internazionali, come quello di Lliuya però sono meno: “Gli ordinamenti degli altri stati rendono le class action contro le aziende inquinanti molto più facili – afferma – In Italia, anche quando sono coinvolte grosse associazioni come Legambiente o Wwf, le lotte contro le multinazionali sono come quelle di Davide contro Golia. Non viene riconosciuta e riequilibrata la sproporzione economica e di potere tra i due soggetti che si confrontano. Quindi – conclude – siamo costretti a valutare bene le cause, per non esporci a rischi enormi”. Per il momento l’unico successo in Italia è stata la condanna di Eni, da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, a 5 milioni di euro di multa. La società era accusata di pubblicità ingannevole e greenwashing, per lo spot “ENIdiesel+”. Provvedimenti del genere alle grandi aziende “fanno il solletico – dice Cannavò – Ma cause come questa, o quella contro Rwe, possono portare i problemi del clima all’attenzione dei decisori politici. Gli unici in grado di mettere dei limiti” e compensare gli effetti sproporzionati del cambiamento climatico.