Per gli adolescenti di oggi la scuola non è più un luogo sicuro nel quale abitare, crescere, imparare. Per oltre tre ragazzi su dieci, infatti, l’istituzione scolastica trasmette insicurezza e disagio. Viene inoltre percepito come luogo dove si compiono atti di bullismo e violenza. E non è certo la sparatoria in Texas a provocare tali sentimenti, ma ragioni più radicate. A sottolinearlo una ricerca internazionale appena pubblicata su Frontiers in Psychiatry. Il problema non si ferma solo in Europa, ma assume dimensioni globali, come evidenziato dal gruppo di esperti guidato dall’Università di Turku in Finlandia. Tra i motivi, sostengono autori, c’è la fine del dialogo tra insegnanti e ragazzi. Fra gli ultimi casi aveva fatto discutere il commento della preside del Liceo Fogazzaro di Vicenza: “Io femminista, non capisco più le studentesse. Meglio la pensione.” Vale anche l’opposto: nelle scuole in cui gli insegnanti si prendono cura dei ragazzi, aumenta la probabilità che questi ultimi si sentano al sicuro a scuola. Secondo lo studio dell’Università di Turku è importante il ruolo giocato dagli insegnanti nel plasmare il senso emotivo di sicurezza dei più giovani.
Anche la mancanza di un quadro di regole definito e chiaro influisce nella decadenza della scuola come istituzione di riferimento. Secondo una precedente revisione, regole scolastiche eque, chiare e coerenti sono molto importanti per generare sicurezza nelle scuole. E ancora, secondo gli psichiatri finlandesi, colpevole è l’incapacità dei ragazzi di promuovere interazioni positive tra coetanei. Di conseguenza, quando gli studenti subiscono vittimizzazione o promuovono il bullismo, ciò si riflette inevitabilmente in un minore senso di sicurezza. Dai dati emerge che sentirsi insicuri a scuola è associato anche problemi di salute mentale, che possono persistere per tutta la vita. I risultati evidenziano la necessità di interventi scolastici, antibullismo e promozione della salute mentale. Lo studio internazionale ha coinvolto 21.688 adolescenti di età compresa tra 13 e 15 anni, che hanno risposto a sondaggi tra il 2011 e il 2017. L’indagine comprende 13 paesi europei e asiatici, tra cui Finlandia, Norvegia, Lituania, Grecia, India, Indonesia, Iran, Israele, Giappone, Cina, Singapore, Vietnam e Russia. Tra i Paesi ‘peggiori’ appare il Giappone all’ultimo posto con una percentuale di senso di insicurezza del 69,8 per cento per le ragazze e 68,2 per i maschi. A seguire, Vietnam e Russia. Ai primi posti per senso di sicurezza, Finlandia (11,5%) e Norvegia (13,9%).
In Italia la situazione è ancora più grave, perché alla mancanza di sicurezza psicologica dei ragazzi si aggiungono gravi criticità e carenze infrastrutturali, come evidenziato dall’ultimo rapporto sulla sicurezza civica di Cittadinanza attiva. Oltre 17mila scuole, il 43% dei 40.160 istituti scolastici italiani, sono situate in zone a rischio sismico elevato, zone in cui vivono 4 milioni e 300mila bambini e ragazzi. Di queste scuole, 4.176 hanno inoltrato richieste di finanziamento al Ministero dell’Istruzione per effettuare le verifiche di vulnerabilità sismica, ma le indagini finanziate sono 1.564 a fronte di 2.612 non finanziate (oltre il 60%) per mancanza di fondi. E con la pandemia, la situazione peggiora. Come evidenzia lo studio, molti istituti hanno segnalato la carenza di docenti e di collaboratori scolastici. Fra i servizi “tagliati”, invece, c’è soprattutto quello di pre e post scuola (65%) e, ancora più grave, il servizio mensa in circa il 39% delle scuole e il tempo pieno nel 26%.
“Un ambiente scolastico fisicamente, cognitivamente ed emotivamente sicuro è essenziale per lo sviluppo e il successo educativo di bambini e giovani. – commenta Andre Sourander, professore di psichiatria infantile all’Università di Turku – “Tutti i bambini hanno il diritto di frequentare le scuole dove possono sentirsi al sicuro e protetti senza paura o ansia per qualsiasi pericolo. Sulla scia delle recenti sparatorie nelle scuole, dobbiamo adottare misure per migliorare la sicurezza negli ambienti educativi e proteggere gli studenti da ogni forma di violenza e abuso”, conclude l’esperto.