di Sergio Fadini
Le recenti discussioni sul problema legato alla mancanza di mano d’opera nel settore turistico, al di là di come verrà risolto per questa stagione oramai iniziata, meritano una riflessione che vada oltre schematismi spesso ideologici. Com’è possibile che prima i lavoratori c’erano e ora non più? Si sono tutti impigriti? Appurato grazie alle ricerche de ilfattoquotidiano.it che non dipende dal reddito di cittadinanza, occorre cercare a mio avviso in altra direzione.
Credo che più semplicemente questa forzata pausa di riflessione, dovuta alla pandemia, abbia permesso a tanti, sia ex lavoratori che potenziali nuovi addetti del settore, che in fondo lavorare nel turismo non è poi tanto una cosa da agognare. E quando un innamoramento, in questo caso collettivo, finisce, non è facile da ricucire, si sa. Giusto o sbagliato che sia, a me pare che siamo di fronte al tramonto di un’era, come già in passato capitato per l’agricoltura.
A furia di nascondere la polvere sotto al tappeto per non mettere in discussione i problemi che di anno in anno, di bocca in bocca, i lavoratori del turismo si sono passati, si è capito che la narrazione che spingeva tanti a fare lavori nel settore in fondo portava a poco e nulla, tanto che non da ora venivano definiti lavoretti, in attesa di tempi migliori.
In fondo le paghe sono sempre basse, spesso il lavoro è stagionale, i turni massacranti, i turisti non sono poi tutti così simpatici come ce li avevano dipinti, il riposo settimanale è spesso una chimera, gli straordinari fatti per arricchire l’imprenditore di turno anche qui dai racconti raccolti direi che sono più un’eccezione che una regola… insomma, c’erano tutte le motivazioni affinché si dicesse basta.
Se non mi sbaglio, e questa è la vera ragione di questa difficoltà che, da nord a sud, sentiamo ripetere e che ho constatato parlando con tanti imprenditori turistici, è il turismo che va ripensato.
Più volte, durante il mio girovagare in Europa, mi sono trovato ad entrare in un locale pochi minuti prima della chiusura e non mi hanno fatto entrare. Da turista, abituato alle nostre abitudini, trovai la cosa inspiegabile, ma mi fu chiarito con pacatezza che il locale stava per chiudere e c’era giusto il tempo di finire le pulizie, poi tutti a casa visto che il turno di lavoro era terminato.
Ecco, se iniziassimo a favorire una maggiore attenzione da parte di tutti ai semplici, quanto basilari concetti, tipo il rispetto degli orari di lavoro, già sarebbe un primo passo verso un possibile rinnamoramento. Qualsiasi altra strada mi pare priva di senso, se non per tamponare in modo temporaneo il disagio.