Sempre più spesso il Cremlino paventa l’allargamento “con l’inganno” della NATO a Est come una minaccia contro la Russia: anzi, possiamo affermare che la “paura atlantica” è al centro della propaganda russa come giustificazione di ogni azione. Tuttavia, è stato proprio Vladimir Putin, con anni di minacce nemmeno tropo velate ai vicini e adesso con la guerra di aggressione all’Ucraina, ad aprire la strada al più grande disastro geopolitico e geostrategico della storia russa, vale a dire il virtuale annichilimento delle capacità militari russe nel Mar Baltico e anche nell’Artico. Insomma, di tutto ciò che da Pietro il Grande a Eltsin, passando per Caterina II e Stalin, era ritenuto essenziale per la sovranità russa: la posizione di vantaggio geopolitico e militare della Russia nei mari freddi europei. Che cosa ha combinato il moderno zar? Andiamo per ordine…

Lo scorso 24 febbraio l’attacco russo contro l’Ucraina ha messo in profonda apprensione i politici svedesi, come nemmeno la Germania e l’Unione sovietica erano riuscite a fare nel corso di tutto il XX secolo. Stoccolma all’improvviso ha aperto gli occhi ed ha capito che non era più il caso di sottovalutare la gravità della minaccia russa: ciò è accaduto al culmine di un decennio in cui gli scandinavi hanno assistito al rafforzamento della base di Kaliningrad e al suo riempimento di missili nucleari, alla simulazione di bombardamenti nucleari della Svezia nel corso delle esercitazioni russe del 2013, a ripetuti attacchi cyber e a uno stillicidio di violazioni dello spazio aereo con aerei da caccia e bombardieri. Come reazione -forte ma ben ponderata-, Stoccolma ha deciso di abbandonare la sua secolare neutralità armata, ricevendo dagli anglo-americani, prima ancora di aderire alla NATO, la garanzia della propria sicurezza, la stessa concessa alla vicina Finlandia.

Ma se Helsinki ha la necessità di proteggere più 1.300 chilometri di frontiera terrestre con la Federazione russa, Stoccolma in un colpo solo mette al sicuro dalle mire russe la location più strategica del Baltico, quell’isola di Gotland che nel mare interno dell’Europa nord-orientale -come vedremo fra poco- svolge la stessa funzione della Sicilia e di Malta nel Mediterraneo. Estesa all’incirca quanto le province di Frosinone e posta a 150 chilometri dalla capitale svedese, si trova più o meno a 300 dall’enclave russa di Kaliningrad stretta e a 600 dalla base navale russa nei pressi di San Pietroburgo. Insomma, aiuta a ridurre enormemente la minaccia rappresentata dall’eccezionale concentrazione di armi convenzionali e nucleari russe a Kaliningrad, rendendo impossibile rifornirla in caso di conflitto. Poi, essendo davanti alla Lettonia, risolve il grande problema logistico-strategico della difesa dei Baltici, che fino all’altro ieri era possibile solo attraverso lo stretto varco di Suwałki, gli appena 100 chilometri di frontiera fra Polonia e Lituania. Ora, lo stretto corridoio, strozzato fra la stessa Kaliningrad e la Bielorussia, può essere bypassato via mare e non rappresenta più un handicap.

Non che gli Svedesi siano rimasti per dieci anni a guardare: preoccupati per il continuo via vai di mezzi miliari russi nelle proprie acque e nei propri cieli, dopo aver fortificato l’isola nel 2015, nel 2021 hanno collocato tre brigate di terra pesanti e piazzato un sistema missilistico terra-aria a medio raggio a guardia di Gotland, per poi procedere all’acquisto di un sistema di difesa aerea a lungo raggio Patriot e raddoppiare il proprio budget della difesa. Così facendo, l’isola è stata trasformata in “una portaerei inaffondabile”, secondo le parole del generale Christopher Cavoli, comandante delle forze americane in Europa. Nemmeno la vicina Finlandia si è affidata solo alla sua buona stella per la propria sicurezza, ma ha di recente ordinato 64 velivoli F-35 in un accordo del valore di 10 miliardi di dollari. Le forze finlandesi, sempre secondo il generale Cavoli, sono “ben attrezzate, molto ben addestrate, molto rapidamente espandibili, esercitate molto frequentemente” e prontissime a difendere il lunghissimo confine con la Russia.

Non è un caso che la Duma, cioè il parlamento russo, si appresti a discutere e votare l’abolizione del riconoscimento dell’indipendenza di Lituania, Lettonia ed Estonia: il Cremlino vuol così spostare la nuova cortina di ferro sulla linea che congiunge San Pietroburgo a Kaliningrad, includendo le tre repubbliche baltiche nella propria sfera di influenza e di dominio. Ma sono ambizioni destinate a restare frustrate… Aver terrorizzato la Finlandia al punto di farle rinunciare alla politica di neutralità e non allineamento, è stato un clamoroso autogol del Cremlino: dal punto di vista della Russia, l’adesione della Finlandia alla NATO è un disastro, comunque la si guardi. Da questo momento in poi, come fatto notare da alcuni funzionari dell’Alleanza atlantica, non esiste uno scenario credibile in cui i Russi potrebbero lanciare anche un attacco limitato senza che i Finlandesi trasformino l’intera flotta russa nel Baltico… in sottomarini. Fra l’altro, la penisola russa di Kola, nell’estremo nord dell’Europa, dove hanno sede i suoi sottomarini nucleari -quelli veri, non navi colate a picco- e la marina artica, confina con la Finlandia a ovest. Ciò significa che la Russia è diventata improvvisamente vulnerabile, così come l’intero distretto militare nei pressi di San Pietroburgo. Così come sono diventati obsoleti -e un po’ patetici- i battaglioni russi schierati nell’estremo nord della Scandinavia al confine con la Norvegia, che adesso hanno alle spalle due Paesi non più neutrali. A ben vedere, questo disastro è l’unico…successo ottenuto dal Cremlino in quasi quattro mesi di guerra.

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