A Sarsina (Forlì-Cesena), ogni martedì dalle 9 e 30 alle 12, fuori la basilica di San Vicinio, si forma una fila composta da giovani, coppie e anziani. Il servizio, per cui alcuni di loro sono disposti a fare anche centinaia di chilometri di viaggio, è quello offerto da don Gabriele Foschi, 64 anni ed esorcista di professione. Ascoltando le sue parole, sembra che i disagi provocati dalla pandemia – ansia, depressione e disturbi del sonno – abbiano spinto molte persone a scegliere strade alternative.
“Sono aumentate le richieste di esorcismi da parte di genitori anche per ragazzini molto giovani”, spiega Foschi a Repubblica. “Li portano qui – prosegue – perché non dormono o perché sono sempre irritati e si chiudono in camera”. A suo dire, non è detto che dietro questi comportamenti si celi il diavolo, anzi, “di solito il maligno non c’entra niente: sono fenomeni più legati alla depressione“. In questi casi, “io li indirizzo dallo psichiatra“. Una prassi che dimostra il rispetto della professione altrui e il riconoscimento dei limiti della propria. Tuttavia, può capitare che a volte siano “gli stessi specialisti che, non trovando risposte sufficienti, indirizzano i fedeli da noi”. Prova evidente che per alcuni addetti ai lavori il tipo di insicurezza venuta a galla dopo due anni di pandemia risulta difficilmente interpretabile. Tanto più in circostanze in cui “la gente crede più al diavolo che a Dio: quando vado a fare conferenze sul diavolo, la chiesa è gremita, quando parlo di salvezza ci si conta su quattro mani”.
Don Gabriele aveva smesso i panni di esorcista nel 2010, dopo nove anni di attività. Poi, nel 2020, il vescovo lo ha richiamato al servizio. Come in passato, anche ora, l’esorcista sa che “non è sempre colpa del diavolo, tante volte alla base ci sono situazioni pregresse di tipo psicologico: quando ci troviamo davanti forme psicotiche o depressive, rimandiamo tutto ai medici”. Eppure, ci sono casi che Foschi non avrebbero saputo spiegare altrimenti: “Una persona venne qui da Brescia e disse a un mio collaboratore che aveva un tumore – racconta al giornale romano – indicandone anche il punto preciso. Lui sbiancò, perché l’aveva saputo il giorno prima e non ne aveva parlato con nessuno. Si spaventò così tanto che non volle più fare esorcismi insieme a me”. “Un altro – aggiunge – buttò giù una lastra di marmo a mani nude. Un’altra persona è stata più di mezz’ora in punta di piedi, davanti ai miei occhi. Ho visto altri cambiare voce, parlare lingue sconosciute, o persone fragili acquisire una forza impressionante. Alla fine di ogni seduta sono sempre molto stanco“. Per chi è impaziente, durante l’attesa davanti alla chiesa di San Vicinio, un sacerdote impartisce la benedizione della catena. Si dice infatti che San Vicinio la mettesse al collo quando pregava, con attaccata una grossa pietra.