di Paolo Di Falco
La scorsa settimana, uno dei video che è più rimbalzato sui social è stato quello di Giorgia Meloni che tiene un comizio sul palco di VOX Espana “per sostenere la candidatura dell’amica Macarena Olona alla presidenza dell’Andalusia insieme ai patrioti spagnoli guidati da Santiago Abascal” [qui i risultati delle elezioni andaluse]. Le parole d’ordine con cui Abascal ha fondato nel 2014 il suo partito su cui aleggia più di qualche collegamento con il Franquismo sono: la cultura della vita e della famiglia, l’eliminazione delle autonomie, il centralismo del potere e l’integrità spagnola che sarebbe minacciata dai catalani e dai baschi.
Dall’altra parte abbiamo la leader di Fratelli d’Italia che su quel palco, dove ormai è un’ospite abituale data l’alleanza in Europa, ha dato sfogo a tutto il suo repertorio guadagnandosi applausi scroscianti: ”Non ci sono mediazioni possibili, o si dice sì o si dice no. Sì alla famiglia naturale, no alla lobby Lgbt, sì alla identità sessuale, no alla ideologia di genere, sì alla cultura della vita, no a quella della morte”. E ancora, rincarando la dose in una sorta di climax ascendente ha aggiunto:” Sì ai valori universali cristiani, no alla violenza islamista. Sì alle frontiere sicure, no alla immigrazione massiva. Sì al lavoro per i nostri cittadini, no alla finanza internazionale”.
E infine in completa estasi ha tirato fuori il colpo finale: ”Sì alla sovranità del popolo, no ai burocrati di Bruxelles, sì alla nostra civiltà e no a chi vuole distruggerla”. Dopo l’elenco di così tanti slogan privi di contenuto messi in fila per vagheggiare l’idea di un’Italia e di un’Europa mitica ferma alla prima metà del secolo scorso verrebbe sicuramente da scherzarci, da riderci su, salvo poi accorgersi che il partito della Meloni nei sondaggi ha toccato ben il 22,5% attestandosi come primo partito d’Italia.
Ma com’è possibile che questi stessi slogan utilizzati già dalla Lega per la sua ascesa al governo, dove attualmente siede accanto a M5S e Pd, possano ancora portare voti? Come si fa nel 2022 a non capire che questi slogan sono destinati a rimanere tali?
Da un lato un dato è certo: un solo partito all’interno di una democrazia non può cancellare più di mezzo secolo di diritti e di conquiste sociali, però dall’altro può sicuramente impedire che ne nascono di nuovi non parlando alla pancia del paese ma propagandando odio, paure irrazionali e teorie complottiste con il solo ed unico scopo di accrescere il suo consenso elettorale.
Per esempio, parlare oggi di “lobby Lgbt” sostenendo, così come faceva l’ex on. Filippo Ascierto di Fratelli d’Italia nel 2020, che “la lobby degli omosessuali comanda in tantissimi settori. E’ risaputo ad esempio che c’è una enorme lobby gay che comanda la Rai. Ma cos’è, avete gli occhi ricoperti di prosciutto? Tante persone se non fossero gay non avrebbero avuto nemmeno successo. Invece, essendo omosessuali…” contribuisce pienamente a sviluppare quelle forme di odio che troppe volte sfociano in veri e propri atti di violenza per cui però, stando a questi fenomeni da baraccone che ricercano le matrici solamente quando gli conviene, non si hanno i 4 anni di reclusione previsti dall’art. 604 bis del codice penale per chi istiga a commettere discriminazioni o violenze di stampo razzista e che il ddl Zan voleva estendere anche a quelle di stampo omofobo.
Tralasciando che l’ex on. Ascierto fu lo stesso che, poco prima del G8 di Genova, promosse la formazione di un gruppo di parlamentari di Alleanza Nazionale e di altri partiti di centrodestra che affiancasse le forze dell’ordine nelle piazze e che commentando la morte di Carlo Giuliani sul canale satellitare “In” disse: “Forse se ci fosse stato qualcuno più esperto, ne avrebbe ammazzato più di uno”, ci rendiamo conto che mentre qualcuno scandisce questi slogan da un palco succede, per esempio, che il 17 giugno a Cagliari sul lungomare di S. Elia un 40enne gay venga avvicinato da cinque persone, massacrato e abbandonato tramortito sull’asfalto? Oppure che, il 15 giugno, sulla spiaggia di Tirrenia, due ragazzi che si baciano vengano assaliti e minacciati di violenza fisica da un gruppo di persone (tre famiglie con figli, mogli e mariti) che gli intimano di lasciare la spiaggia dato che “ci sono i bambini”?
Si può parlare di “lobby Lgbt” in un Paese dove appena due settimane fa l’ex insegnante di Fisica all’istituto agrario “Mattei” di San Donà di Piave, Cloe Bianco, ha deciso di suicidarsi e di lasciarsi alle spalle le sue rivendicazioni d’uguaglianza che le avevano provocato tanta delusione? E, sapete qual è il gesto che costò alla prof.ssa una sospensione dall’insegnamento di tre giorni? L’essere entrata in classe nel 2015 indossando abiti femminili, chiedendo agli studenti di non chiamarla più con il precedente nome maschile. Una delle cose più normali del mondo che provocò l’indignazione di molti genitori e dell’allora assessore regionale all’Istruzione Elena Donazzan che scrisse: “Ma davvero la scuola si è ridotta così? (…) Forse questo è un fatto ‘normale’ per tanti, ma non per noi che viviamo quei valori che ci sono stati donati e che all’educazione dei nostri figli ci teniamo lottando quotidianamente bersagliati ogni giorno da chi quei valori vuole distruggere, teorie gender e quant’altro”.
Invece di riderci su, ci rendiamo conto di quanto male possa fare propagandare queste idee solamente per accaparrarsi qualche voto in più? E, soprattutto, come facciamo a non accorgerci che, nel momento in cui vengono meno i diritti, siamo noi stessi a pagarne le conseguenze? Tutto dipende da noi: se vi sentite rappresentanti nella società novecentesca vagheggiata dalla leader di Fratelli d’Italia continuate a seguirla e ad applaudirla, ma se la sola idea vi sembra ripugnante, come al sottoscritto, non limitiamoci ad abbassarci al suo stesso livello schernendola ma rispondiamo alla propaganda con i fatti, con gli argomenti e forse avremo qualche speranza in più di porre fine a tutto quest’odio indiscriminato che ormai ci circonda.