La maggioranza di governo che sostiene il primo ministro israeliano, Naftali Bennett, ha deciso di interrompere l’attuale legislatura iniziata soltanto un anno fa, a giugno 2021. Lo ha fatto sapere l’ufficio di Bennett, comunicando che il provvedimento che scioglie la Knesset – il Parlamento di Gerusalemme – sarà proposto allo stesso Parlamento la settimana prossima. Una volta approvato, il governo di transizione che condurrà a nuove elezioni generali sarà guidato da Yair Lapid, attuale ministro degli Esteri, come previsto dagli accordi legali di maggioranza. Al momento infatti Lapid, leader dei liberali dello Yesh Atid, ricopre la carica di “premier alternato”, introdotta nel 2020, e secondo la legge avrebbe dovuto succedere a Bennet (leader della coalizione di destra Yamina) il 27 agosto del 2023. Sia Bennett sia Lapid hanno parlato alla nazione in diretta tv, dicendo di aver “esaurito le opzioni per stabilizzare la coalizione” di fronte alle continue ribellioni di deputati. La decisione di convocare nuove elezioni “non è stata facile” ma “è giusta”, ha detto il premier uscente, assicurando di aver “fatto tutto il possibile per far durare il governo più a lungo”.

Era da settimane infatti che fragile maggioranza di governo (che comprende partiti di destra, centro, sinistra e anche il partito arabo Raam) era messa in crisi da frequenti abbandoni da parte di parlamentari. La settimana scorsa, ad esempio, ad andarsene è stato il deputato conservatore Nir Orbach, del partito di Bennett, in polemica contro il mancato rinnovo della legge che regola gli insediamenti israeliani nella West Bank. Dopo l’ultimo forfait – anch’esso di una deputata di Yamina, Idit Silman – l’alleanza era arrivata a contare solo sessanta seggi, equivalenti a quelli dell’opposizione. Le nuove elezioni – dati i tempi imposti dalla legge e le festività ebraiche, che partono a fine settembre – dovrebbero tenersi alla fine di ottobre: sarà la quinta volta che gli israeliani verranno chiamati al voto in meno di quattro anni. “Abbiamo riportato alla ribalta l’onestà e dimostrato che è possibile mettere da parte i dissensi per un obiettivo comune. Non ho mai accettato che considerazioni di partito avessero il sopravvento su quelle nazionali”, ha detto il premier dimissionario.

“L’obiettivo delle prossime elezioni è chiaro: impedire il ritorno al potere di Netanyahu e di condizionare gli interessi nazionali a quelli suoi personali”, twitta il ministro della Giustizia Gideon Saar. Dalla coalizione dell’esecutivo Bennet è infatti stato escluso il Likud, il partito dell’ex premier conservatore Benjamin Netanyahu che ha governato per 12 anni ininterrotti ed è tuttora sotto processo per corruzione. Saar ha imputato la caduta del governo Bennett ad alcuni “deputati irresponsabili della coalizione” che per considerazioni di carattere personale hanno ritirato il sostegno al governo. “Dobbiamo combattere contro forze che cercano di fare di Israele un Paese non democratico”, ha aggiunto Lapid, ringraziando Bennett per aver “preferito l’interesse del Paese a quello personale”.

Negli ultimi sondaggi di opinione i partiti che orbitano attorno al Likud – fra cui i nazional-religiosi e gli ortodossi – raccolgono circa sessanta seggi sui 120 della Knesset. La loro sensazione è che sia adesso a portata di mano la costituzione di un governo omogeneo di destra. “Questo governo fallimentare è arrivato al capolinea ed è una grande notizia per milioni di cittadini israeliani”, esulta infatti Netanyahu, promettendo che insieme agli alleati formerà “un governo allargato guidato dal Likud che ridurrà le tasse, condurrà Israele verso successi enormi, inclusa l’estensione dell’area della pace. Un governo che restituirà l’orgoglio nazionale“, promette.

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