La giudice Joana Ribeiro Zimmer del tribunale dello stato di Santa Catarina ha sottratto il 6 maggio la piccola al genitore e disposto il trasferimento presso la struttura per il "rischio" che venisse eseguita "qualche procedura per operare alla morte del bambino". La vicenda è stata denunciata in un’inchiesta giornalistica del portale The Intercept
Un giudice brasiliano ha disposto il ricovero coatto di una bambina di 11 anni presso un centro di accoglienza per impedire che la madre potesse aiutarla a interrompere la gravidanza, frutto di uno stupro. La giudice Joana Ribeiro Zimmer del tribunale dello stato di Santa Catarina ha sottratto il 6 maggio la piccola al genitore e disposto il trasferimento presso la struttura per il “rischio” che venisse eseguita “qualche procedura per operare alla morte del bambino”, dal momento che “se avesse deciso di rimuovere il feto”, si sarebbe trattato di “un’autorizzazione all’omicidio, e uccidere qualcuno è un crimine”. La vicenda è stata denunciata in un’inchiesta giornalistica del portale The Intercept.
Vittima di stupro all’inizio di quest’anno, la bambina ha scoperto di essere incinta alla ventiduesima settimana di gestazione, lo scorso 4 maggio. Accompagnata immediatamente dalla madre presso il policlinico universitario della città di Florianopolis, dove poter eseguire l’interruzione di gravidanza prevista per legge, ha visto tuttavia negarsi la procedura da parte dei medici. Circostanza che ha dato il via a una procedura giudiziaria. Anziché ricevere soddisfazione però, la madre della vittima di violenza si è vista sottrarre la figlia per impedirle di praticare l’aborto.
Nel corso delle udienze la giudice ha chiesto alla bambina, che all’epoca della violenza aveva 10 anni, se non le andasse “di resistere un altro paio di settimane” per aumentare le chance di sopravvivenza del feto “invece di lasciarlo morire, invece di toglierlo dalla pancia e vederlo soffrire e morire, perché è già un bambino”. Nel corso di una delle udienze, a un certo punto la giudice ha chiesto alla bambina se “il padre del bambino avrebbe acconsentito al parto e all’adozione”, soluzione migliore dell’aborto, considerata una “immensa crudeltà”.
In Brasile l’aborto non è punito in tre casi: rischio per la vita della donna, anencefalia del feto e quando la gravidanza è frutto di violenza sessuale. In tutte queste ipotesi per il codice penale non esiste limite di età gestazionale. Il caso non sarebbe dunque neanche dovuto finire davanti a un giudice. Secondo l’avvocato della ragazza, Daniela Felix, esiste inoltre una decisione del tribunale che autorizza l’interruzione della gravidanza. Tuttavia, il fatto che la bambina sia ricoverata in un centro di accoglienza impedisce l’esecuzione della sentenza. Il difensore attende la decisione del ricorso presentato contro la decisione della giudice Zimmer affinché la ragazza possa rientrare a casa.
L’Ordine degli avvocati brasiliani (Oab) di Santa Catarina ha informato che si occuperà del caso per garantire la protezione della bambina vittima di violenza. In una nota l’Oab scrive che seguirà l’intero processo e lo svolgimento del caso in modo che la vittima riceva pieno sostegno perché possa esserle garantito “il ritorno alla vita familiare e tutte le cure sanitarie necessarie”.