Oggi, 21 giugno, si entra nell’estate. Ma purtroppo, non c’è nulla da celebrare. Non solo l’estate è già arrivata a metà maggio, con temperature che hanno fin da subito sfiorato i 30 gradi, ma siamo da oltre un mese dentro una ondata di calore che non accenna a diminuire e sta manifestando i suoi effetti più drammatici. Molti sui social network, specie i meno giovani, ricordano la gioia intensa dell’arrivo dell’estate che avevano da piccoli. Era la possibilità di svestirsi, di godere del sole, dell’aria, di giocare tranquillamente all’aperto, e non per forza in ombra. Molti di noi ricordano come il caldo intenso, ma facilmente contrastabile con un ventilatore o con il mare, arrivava solo ad Agosto. A farci compagnia, spesso, a luglio, e certamente giugno e settembre, l’anticiclone delle Azzorre, cieli azzurri, sole ma fresco.
L’estate che ricordavamo non c’è più e questa consapevolezza, lentamente, sta prendendo piede dentro tutti noi come una sorta di choc. Ormai si pensa soprattutto a come ripararsi dal caldo, a dove andare perché la vacanza non sia rovinata dalle temperature estreme. Ma non è facile. Anche a causa del Covid, gli italiani hanno privilegiato le mete italiane, il mare, la montagna. Ma il problema è che tutta l’area Mediterranea è sotto l’effetto della morsa di calore e il mare, o la montagna, non rinfrescano più. Stanno ricominciando a prendere quota le mete in nord Europa e d’altronde questo è scritto nelle proiezioni che intrecciano turismo e clima: sempre più cercheremo refrigerio al nord, sempre meno i turisti verranno d’estate da noi. Con effetti negativi che non saranno compensati dagli arrivi invernali. D’altronde, come girare le città d’arte a giugno o luglio se le temperature sono di 35 gradi e l’aria è irrespirabile?
La perdita dell’estate è un dramma infinito. Qualcosa che meriterebbe, come è stato per i ghiacciai, un momento condiviso di lutto profondo è collettivo. E’ la perdita di un “luogo” amato, amatissimo e per questo, come sostiene lo scrittore Glenn Albrecht, tutto ciò dovrebbe suscitarci e ci suscita un sentimento di “solastalgia”, sentimento che consiste appunto nella perdita dei luoghi amati a causa della crisi climatica. Ma la risposta a tutto questo dovrebbe essere, se possibile, non solo adattamento. Certo è normale che noi, soggettivamente, cerchiamo di proteggerci, e di proteggere i nostri figli, portandoli fuori, o al centro estivo con la piscina, cercando il più possibile di far combaciare il ricordo delle nostre estati con le loro, anche se non è possibile. Chi ha più mezzi, ovviamente è più fortunato, perché potrà lasciare ai suoi figli ricordi migliori di questi mesi, viaggiando, ad esempio.
Ma adattarsi non basta, anzi rischia di avallare lo status quo. Occorre lavorare fortemente sul fronte della mitigazione, ovvero sulla riduzione delle emissioni e sulla decarbonizzazione delle nostre economie, l’unica strada che ci consentirà di ridurre gli impatti della crisi ed evitare almeno di perdere altre stagioni. Ma questo è compito soprattutto dei politici, che vanno allora incalzati in maniera radicale.
Ricordo solo due iniziative che si stanno svolgendo in questi giorni: da un lato, i blocchi del Grande Raccordo Anulare degli attivisti di Ultima Generazione. Presi con fastidio dagli automobilisti, raccontati dalla cronaca dei giornali come scocciatura, stanno invece svolgendo un compito fondamentale, sia pure nella relativa indifferenza e nella grande fatica degli attivisti stessi: ricordare quanto siamo a rischio, se quello che vediamo in questi giorni non basta da solo a farcelo capire.
La seconda iniziativa è la seconda udienza dell’azione legale intentata da 203 ricorrenti contro lo Stato italiano per inazione climatica. Da un lato, associazioni come Fridays for Future, Isde Medici per l’ambiente, Società Metereologica Italiana, Associazione Terra”, Fair, Per il clima fuori dal fossile!, Associazione A Sud e molte altre, per mettere alla sbarra lo stato e la sua inazione contro la crisi climatica. Una misura importante, che ha avuto successo già in altri paesi, e che mette nero su bianco le colpe degli Stati e dunque dei governi e dei politici che ne fanno parte. Molti dei quali probabilmente ancora considerano le estati caldissime un caso, né hanno alcuna cognizione del fatto che le temperature di prima non torneranno più.